“C’era una volta il Bar di Vezio”: intervista a Maria Arcidiacono
Maria Arcidiacono ha presentato agli ascoltatori il suo nuovo libro C’era una volta il Bar di Vezio – 50 anni di storia raccontati attraverso il bar delle Botteghe Oscure (Iacobelli editrice, 2023).
Come se fosse il titolo di un film di Sergio Leone: “C’era una volta il bar di Vezio”; d’altronde un affezionato frequentatore del bar era Ennio Morricone che con Vezio condivideva la passione per la squadra di calcio della Roma. Morricone era soltanto uno di tanti frequentatori di questo piccolo bar-museo. Enrico Berlinguer, Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Teodoro Buontempo, Silvia Costa, Nanni Loy, Paolo Virzì, Enrico Montesano, Sabrina Ferilli, Pino Strabioli, Inti Illimani, Renato Zero, Antonello Venditti, Francesco De Gregori, Francesco Rutelli, Luigi Petroselli, Gianni Rivera, Ciccio Cordova, Julio Velasco, e si potrebbe continuare all’inifinito. Per tutti Vezio aveva sempre una battuta, per tutti Vezio non era solo un barista, ma prima di tutto una persona con cui confrontarsi, un amico.
Il Partito, la Roma, la musica, il cinema, Trastevere, un recipiente di passioni, questo era Vezio.
Con il suo bar ha attraversato decenni che hanno segnato un’epoca, il bar di Vezio come specchio di una generazione che forse ha perduto ma che ha vissuto un’epoca irripetibile. Vezio, colpito dal morbo di Parkinson, ha trascorso gli ultimi anni della sua vita tentando di far venire il morbo di Vezio al signor Parkinson, perché gli piaceva spiazzare le avversità giocosamente.
Nella mappa di una Roma che sembra ogni giorno più lontana, il bar di Vezio Bagazzini, dietro via delle Botteghe Oscure, ha un posto speciale. Lo ricorda “C’era una volta il bar di Vezio”, libro scritto da Maria Arcidiacono e pubblicato da Iacobelli. In 176 pagine, i ricordi raccolti dalla moglie di Bagazzini s’intrecciano con quelli di coloro che hanno frequentato questo luogo quando era il punto di ritrovo dei «comunisti», fossero essi dirigenti di partito — che aveva sede a pochi passi — militanti, simpatizzanti, ma anche di avversari francamente dichiarati.
A cominciare dalla prefazione scritta da Massimo D’Alema, il libro è una ricognizione affettuosa e generosa per numero di aneddoti su locale per niente anonimo, chiuso oltre dieci anni fa, ma anche su un modo di essere capitolini e, di più, sulla relazione tra la politica e la società civile che da tempo soffre per mancanza di punti di riferimento.
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