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American Vandal e la forza del mockumentary

American Vandal e la forza del mockumentary

Dimenticate Dark, allontanate dalla vostra mente Ozark, mettete in un angolo Altered Carbon, Narcos e tutto l’entusiasmo (ma siete proprio sicuri?) per La Casa de Papel. Spalancate il vostro cuore ad American Vandal. Accoglietelo fiduciosi e abbracciate la sua storia.
Storia: qualcuno ha disegnato 27 peni (non penne, non pony, nè pini e nemmeno PD) su 27 macchine all’interno del parcheggio di un liceo. Chi sarà stato?

Da qui si apre una stagione composta da 10 episodi, in cui due giovani studenti e registi decidono di fare luce su questo caso attraverso un documentario/inchiesta per dimostrare la verità,. Intanto tutti gli indizi portano ad un solo colpevole: Dylan Maxwell, espulso dalla scuola perchè ritenuto responsabile dell’atto vandalico.

Se come me avete amato e amate South Park, verrete travolti da questa serie che vede tra le case di produzione non solo la CBS Television Studios, ma anche la Funny Or Die, compagnia fondata tra gli altri daWill Ferrell, uno dei massimi esponenti del frat pack.
La forza di American Vandal risiede nella forma stessa del prodotto: il mockumentary.
Il mockumentary (o mock-documentary) è un finto documentario, l’elemento di fiction viene trattato come se fosse reale. Viene quindi utilizzata la formula del documentario per narrare contenuti non veri. L’aggettivo mock in inglese significa falso, finto ma anche deridere, prendere in giro.
Utilizzando il documentario come forma tecnica, narrativa e visiva, il mockumentary decostruisce il genere stesso. Lo abbatte e va oltre.

Non si tratta di prendere in giro lo spettatore facendo passare il falso come vero, non è questa la finalità di un mockumentary. In American Vandal gli episodi si muovono attraverso elementi comici, demenziali e surreali: viene usata la chiave ironica e provocatoria per raccontare un fatto che non è mai esistito ma che avviene davanti ai nostri occhi. Non è l’unica chiave di lettura: sono diversi gli spunti presenti nel sottotesto (e non solo) in cui è possibile individuare una critica al sistema scolastico americano e il rapporto tra adolescenza e società.

Nella serie c’è un profondo lavoro di ricostruzione della scena del crimine, classificazione dei sospettati, prove e interviste, ovvero tutto quello che le crime-documentaries mettono costantemente in scena. Ma in America Vandal è tutto finto. Non esiste nessun Dylan, nessun Peter Maldonado e e nessuna Christa Carlyle. E nessuno (purtroppo) ha disegnato 27 peni su 27 macchine.

L’hashtag che ha accompagnato l’uscita e la messa in onda di America Vandal su Netflix

Il mockumentary ha origine sul finire degli anni ’30 non al cinema, bensì in radio. Orson Welles né è in parte protagonista. Ma nel corso del tempo alcuni film hanno contribuito a dare spessore a questo genere.

This Is Spinal Tap – 1982
Va inserito nei primi 5 mockumentary di tutti i tempi. Non c’è molto da dire, se non l’avete ancora visto avete un problema serio (oltre a quelli già in corso). Finto documentario su una band fittizia: il finto nel finto. Il regista è Rob Reiner, i protagonisti sono gli Spinal Tap. La scena di “Hello Cleveland!”, dove si perdono nel back stage prima del live è superlativa.

The Blair Witch Project – 1999
Forse tra i più importanti film che hanno dato il via al filone horror (Cloverfield e altri). Diventato cult, è stato a lungo oggetto di discussione. Il primissimo piano, i suoni del bosco, le lacrime e il naso di Heather sono entrati nella memoria di tutti noi.

The Office – 2001
Scritto e diretto dallo straordinario Ricky Gervais (anche protagonista della serie) e Stephan Merchant è una sitcom inglese sotto forma di mockumentary. Trasmesso dalla BBC2, è stato fatto anche un remake americano (con Steve Carrell). Guardate solo 30 secondi e capirete perchè è impossibile non amarla.

I’m Still Here – 2010
Diretto da Casey Affleck (fratello vegano di Ben), con Joacquin Phoenix, racconta l’addio al cinema e il suo passaggio da attore ad artista hip-hop. Duramente criticato in America, viene ricordato per la partecipazione di Phoenix al David Letterman Show. In quell’occasione l’attore si è presentato nelle stesse condizioni fisiche e mentali in cui si mostra nel mockumentary, con un piccolo problema: il film ancora doveva essere distribuito, Letterman pensava di dover fare una normale intervista con Phoenix per la promozione di Two Lovers. (annunciato mediaticamente come l’ultimo film intepretato dall’attore)  Non è andata esattamente cosi. Uno dei momenti più belli mai visti in televisione.

Va considerato un ultimo fattore: i reality in televisione.
La sovrabbondanza e la continua produzione di programmi in alcuni casi simili tra loro, (pensiamo a tutta la scia chef/cucina) se da un lato non ha fatto altro che creare una “barriera” nella ricezione, percezione e metabolizzazione dei contenuti da parte dei telespettatori, dall’altro ha creato un livello di ricerca e attenzione verso il vero, verso il reale in cui i mockumentary hanno trovato spazio e hanno conquistato una posizione ormai consolidata. E’ inoltre un genere che si adatta perfettamente al web, in grado di creare comunità di utenti molto attivi e modalità alternative di distribuzione.

Intanto è stata annunciata la seconda stagione, andrà in onda nel 2018. Rumors parlano di rich kids protagonisti dei nuovi 8 episodi. 

#FREEDYLAN

Alessandro Anello

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Pubblicato il: 05/06/2018 da Redazione Radio Città Aperta