Quando il Prog morì per far posto al Punk. Punk 1 – Prog 0 (Amen)
- Il Prog è una filosofia che impone il fregarsene degli steccati tra generi e delle regole imposte dalla canzone da tre minuti. Via quindi a contaminazioni tra il rock, la classica, la psichedelia, il folk, il jazz, l’elettronica e chi più ne ha più ne metta. Via al dimenticarsi di strofe e ritornelli. Via al non preoccuparsi di far durare un brano due o venti minuti. Via al dar spazio all’espressione di tutti i musicisti coinvolti. Via allo sperimentare sui suoni sposando elettrico, acustico, elettronico e orchestrale. Via al trattare argomenti esistenziali, psicologici, fantascientifici, surreali… In poche parole libertà assoluta. (Rolling Stone)
Ma se il Prog concepiva la musica a mo’ di opera d’arte e si proponeva di portare il Rock ad un livello più alto, avvicinandolo a quello che era lo spirito della musica classica, se tra i suoi obiettivi, dunque, vi era quello di dare alla musica rock maggiore spessore culturale e credibilità, il Punk – con la sua incredibile forza dissacrante – rovesciò in toto tale logica, riportando il Rock indietro nel tempo, facendolo ricongiungere con le sue origini, semplificandolo e spogliandolo di inutili fronzoli, rendendolo – in definitiva – così com’era stato concepito: felicemente grezzo e primitivo.
- All’inautenticità e artificiosità del Prog vengono opposte l’immediatezza e la spontaneità del Punk. La rivoluzione Punk aveva come nemici tutti i generi pomposi che avevano caratterizzato gli anni ’70 e mirava a distruggere l’idea di un impegnativo labor limae con oggetto le proprie canzoni. Il Punk offriva al suo pubblico urla ed energia primitiva. La musica dei giganti inavvicinabili del Prog, maestri della tecnica, risultava agli adolescenti Punk come arida, incapace di comunicar loro qualcosa. Il Punk vuole esprimere una rabbia che il Prog, invece, sembrava rigettare. (D. Esposito)
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Pubblicato il: 28/05/2018 da Skatèna