Buon compleanno Alanis Morissette, icona della Generazione Xdi Fabrizio Corgnati
Cara Alanis, innanzitutto buon compleanno!
Galateo imporrebbe che di una donna non si rivelasse mai l’età, ma in questo caso rischio volentieri di rasentare la maleducazione, perché sono convinto che dei tuoi 45 anni tu possa a buon titolo andare fiera.
Ogni sofferenza, ogni passo falso, ogni successo, ogni ruga che è comparsa a solcare il tuo volto ti ha reso la persona che sei oggi: una donna, moglie felice, due volte mamma (anzi, ormai quasi tre, e congratulazioni anche per questo!). Sembra passata una vita, e in effetti sono trascorsi quasi 24 anni, da quando, ragazzina grintosa, arrabbiata e urlante, facevi il tuo rumoroso debutto nel mondo della discografia internazionale con Jagged Little Pill. Nulla sarebbe più stato lo stesso, almeno nella piccola storia della musica rock, tanto che oggi da quell’album stanno tirando fuori addirittura un musical a Broadway. Così, tanto per dire…
A questo punto, semmai questa lettera la leggerai davvero, ti verrà spontaneo chiederti chi sia io, da permettermi di rivolgermi a te con un tono così colloquiale.
E in effetti tu non mi conosci; ma io invece, come tutti i tuoi più affezionati fan, ho l’impressione di conoscerti benissimo. Quando uscì quel famoso disco di esordio io di anni ne avevo appena 7, e i miei ricordi un po’ sbiaditi di quell’epoca si fermano al video di Ironic che guardavo passare su MTV, con le quattro versioni di te stessa che scorrazzavano in macchina sulla strada ghiacciata.
Poi, però, con il tempo ho continuato a seguire la tua evoluzione artistica e, con essa, inevitabilmente anche la tua storia personale. Ascoltando e riascoltando i tuoi album, fino a consumare i cd, ti ho sentita immersa nell’introspezione di Supposed Former Infatuation Junkie, esplodere di gioia un po’ ingenua in Under Rug Swept, soffrire per le pene d’amore in Flavors of Entanglement.
Io ho assistito alla tua vita che si dipanava mentre tu, senza saperlo, accompagnavi la mia. Nelle tue ansie, nelle tue paranoie, nei tuoi ostacoli, nei tuoi dolori ritrovavo i miei. Nei tuoi testi vedevo rispecchiati precisamente i miei sentimenti di adolescente sperduto e depresso, raccontati e dissezionati con una lucidità impressionante. E d’un tratto mi sentivo meno solo, a sapere che perfino tu, l’artista geniale, la cantante di successo, la star milionaria, condividevi quelle piccole grandi debolezze umane, che il giovane me credeva di essere l’unico al mondo a provare. Proprio tu, distante fisicamente quasi 10 mila chilometri, sei stata la persona più vicina a me in molti momenti della mia vita. Potrei pure, senza esagerazioni retoriche, affermare sinceramente che me l’hai proprio salvata, la vita. E in più di un’occasione.
Poi sei cresciuta, la tua musica ha cambiato colori e in molti hanno smesso di seguirti, perché nelle tue canzoni non ritrovavano più la sofferenza o la rabbia a cui erano abituati un tempo, e quindi ti hanno accusata di essere cambiata in peggio, di non essere più rock, di avere perso l’ispirazione. Forse l’ho pensato anch’io, in qualche periodo, ma è stato solo quando sono cresciuto come te che ho veramente capito. Se ai pezzi problematici degli esordi oggi sono subentrati quelli sereni e pacati non è stato per un tradimento, ma per un’evoluzione. Oggi sei una donna, e a confermarlo non è la tua carta d’identità, ma il tuo volto adulto, disteso, realizzato, profondamente consapevole.
Hai saputo trasformare tutte le ferite e i graffi che la vita ti ha riservato in preziose lezioni, in occasioni di crescita e di sviluppo personale. In effetti, trovo molta più autenticità artistica in un percorso come il tuo, rispetto a quello di chi continua solo a riperpetuare le sue opere, uguali a se stesse, all’infinito, come fossero delle logore etichette che non è più capace di scollarsi di dosso. Mi piace pensare di avere percorso anche io almeno un pezzo di quella strada, perché oggi nei tuoi brani luminosi che esaltano l’empatia e la cura di sé ritrovo quella stessa comunanza sentimentale che in passato vivevo quando entrambi eravamo al buio.
L’ultima volta in cui ci siamo visti da lontano, tu dal palco, io tra il pubblico a urlare a squarciagola come un ossesso, è stata l’estate scorsa, nel tuo primo tour italiano dopo sei anni di assenza, di cui non ho potuto perdere neanche una delle date. Come sempre. Mi era mancato cantare tutti insieme le tue canzoni, mi era mancata la tua energia dal vivo, mi era mancata l’ondata di amore con cui sai sommergerci dolcemente, e tutto questo l’ho ritrovato intatto, anche alle soglie dei tuoi 45 anni. Tanto per cambiare, anche quello era un momento difficile per me, uno dei tanti bivi pieni di dubbi, delle tante svolte complicate che l’esistenza ci pone davanti. Ancora una volta, senza saperlo, mi hai teso la mano. Hai cambiato un altro piccolo pezzo della mia vita. E sono pronto a scommettere che non è finita qui. Per nessuno di noi due.
Tanti auguri, Alanis.
Pubblicato il: 01/06/2019 da Redazione Radio Città Aperta