“Diritti e Garanzie nel Sistema penale”: intervista ad Antigone per “la Disillusione” a Parco Schuster
di Valentino De Luca
Diminuiscono i reati eppure in carcere si vive sempre peggio.
E’ stato presentato pochi giorni fa il XV rapporto annuale dell’associazione Antigone, una delle più importanti organizzazioni che si occupano della tutela dei diritti dei carcerati e del rispetto delle garanzie costituzionali, sul mondo carcerario italiano.
La fotografia che ne emerge indica una sofferenza da parte dei detenuti circa le condizioni vissute all’interno degli istituti penali dovute al sovraffollamento (60.500 circa i detenuti ad oggi in Italia, 10mila in più rispetto ai posti disponibili), ai pochi fondi disponibili per migliorare le strutture e renderle più moderne e soprattutto garantire attività di socializzazione e miglioramento personale attraverso l’apprendimento di un mestiere o la possibilità di studiare durante il periodo di detenzione.
Perchè ricordiamo che secondo il nostro Ordinamento fine ultimo del carcere non è la punizione, bensì il reinserimento del soggetto.
Delle persone costrette all’interno di un penitenziario in Italia, circa un terzo aspettano ancora di essere giudicate in maniera definitiva, ma nel frattempo viene ritenuto opportuno lasciarli in galera dove attenderanno i diversi gradi del processo.
Le condizioni dei detenuti rispecchiano paure e paranoie di un Paese che da molto tempo sembra aver smarrito la strada e cerca nella repressione una risposta a dei mali che sono sì presenti nella società, ma i cui luoghi deputati a rispondere ad essi sono le scuole, le famiglie troppo spesso lasciate sole, i luoghi di lavoro dove il dipendente si sente mero mezzo di produzione e non già parte del tessuto sociale.
Per cui il risultato paradossale è che diminuiscono i reati (anche quelli compiuti da stranieri), ma parallelamente le carceri non si svuotano.
“Marcire in galera” – “Lavori forzati” – “Buttare la chiave“: quante volte abbiamo sentito queste espressioni.
Il politico in perenne campagna elettorale si fa carico di tali istanze nate dalla paura, dalla solitudine e dal senso di smarrimento portato dalla crisi e lo traduce in anni di carcere (quante volte per reati già previsti dal nostro Codice penale abbiamo sentito ripetere “aumenteremo le pene” sull’onda emotiva di fatti di cronaca?) dove per carcere si intende un luogo dove buttare l’individuo per farlo marcire.
La vittima non deve essere mai dimenticata, sia ben chiaro.
Chi ha sbagliato deve rispondere delle azioni commesse.
Ma la civiltà di un paese,a conferma di quanto diceva Voltaire, si vede sempre dallo stato delle proprie carceri.
In occasione del ciclo di incontri LA DISILLUSIONE,a Parco Schuster, abbiamo intervistato Carolina Antonucci, ricercatrice di Antigone, su carcere, condizione dei detenuti e misure alternative.
Pubblicato il: 30/07/2019 da Redazione Radio Città Aperta