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Nick Cave e il blues apocalittico e tribale di “Tupelo”

Nick Cave e il blues apocalittico e tribale di “Tupelo”

di Skatèna 

Ya can tell yaself ya dreaming buddy

But no sleep runs this deep

di Skatèna

Da stamane la pioggia cade incessante e le temperature, seppur di poco, sono finalmente scese: benvenuto tanto agognato autunno, ma soprattutto buon compleanno immenso Nick Cave (Warracknabeal, 22 settembre 1957).

Per festeggiare questo doppio avvenimento, vi propongo l’ascolto di The Firstborn Is Dead, il magnifico nonché cupissimo e potente secondo album che Re Inchiostro diede alla luce presso gli Hansa Studios di Berlino nel 1985 assieme ai suoi ‘postpunkers’ Bad Seeds, gruppo comprendente l’ex-Birthday Party Mick Harvey alla batteria, il leader degli Einstürzende Neubauten Blixa Bargeld alla chitarra, e Barry Adamson al basso. 

Cave disse a proposito di questo disco: “Berlin gave us the freedom and encouragement to do whatever we wanted. We’d lived in London for three years and it seemed that if you stuck your head out of the box, people were pretty quick to knock it back in. Particularly if you were Australian. When we came to Berlin it was the opposite. People saw us as some kind of force rather than a kind of whacky novelty act.”

In ogni track il cantautore australiano mostra chiaramente la sua predilezione per l’America del Sud, con i suoi riferimenti ad Elvis Presley The King, a Bob Dylan (in Wanted Man) e a bluesmen come il leggendario Blind Lemon Jefferson, detto il “Padre del Texas Blues”. Il nome dell’album The Firstborn Is Dead, infatti, si riferisce a Jesse Garon Presley, il fratello gemello di Elvis Presley nato morto l’8 gennaio del 1985 a Tupelo, Mississippi.

Di tutte le tracks presenti nell’album, vorrei soffermarmi su Tupelo, che tra l’altro è stata anche la prima che ho ascoltato di Cave: 

  • Il tuono-scroscio temporalesco (terribile quanto scenografico) che apre “Tupelo”, uno dei miti assoluti del bardo australiano, è il simbolo della notte dei tempi, del caos da cui genera nuova vita. Il groove horror innervato dal basso di Adamson s’impasta col suono di natura, e il rimbombo labirintico di echi si traduce in un battito equatoriale, in cui il cerimoniere Cave e il suo spoken ringhiato (metà rantolo libero, metà canto gutturale) alzano indefinitamente l’enfasi infausta. Solo l’invocazione da baccanale dei Bad Seeds riesce a spezzare il riff asfissiante e il battito forsennato incessante, pur tenendo costanti i fregi voodoo e i fendenti aritmici e atonali delle chitarre (onda rock.it).
  • Il brano racconta in maniera superba il famoso tornado che si abbatté su Tupelo nel 1936, quando Elvis Presley aveva un anno di vita. Erano le 21:04 del 5 aprile. Cinque minuti. Solo cinque minuti, ma sufficienti a seminare il panico. Morirono 235 persone, mentre altre 350 rimasero ferite, alcune gravemente. Ancora oggi gli abitanti di Tupelo usano dividere i fatti della vita sotto le sigle «B.T.» (Before the Tornado) e «A.T.» (After the Tornado). La casa di Elvis rimase miracolosamente intatta, pur essendo un’abitazione di gente modesta. La ben più robusta e strutturata chiesa metodista di San Marco, che si trovava proprio all’altro lato della strada, fu rasa al suolo. Gli esegeti del futuro Re del rock ’n’ roll interpretano questo episodio come segno del destino. (rockol)

La canzone è liberamente basata su un’altra dallo stesso titolo di John Lee Hooker, che tratta di un’alluvione avvenuta a Tupelo, appunto, solo che Nick Cave, nella sua, incorpora l’immaginario della nascita di Elvis e l’apocalisse al secondo avvento di Cristo. Il leitmotif Looky, Looky Yonder deriva a sua volta dal brano Black Betty attribuita al bluesman Lead Belly, tipica canzone da lavoro degli afroamericani del ventesimo secolo, presente nel terzo album di Nick Cave, Kicking Against the Pricks.

 

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Pubblicato il: 22/09/2019 da Skatèna