Il Rock and Roll è morto il giorno in cui è morto John Bonham
di Davide Calcabrina
JOHN “BONZO” BONHAM
31 maggio 1948
25 settembre 1980
La musica è un mondo in cui, ancor più che nella vita in generale, non esistono giudizi tranchant. Non si può mai dire “è il migliore in assoluto”, non fosse altro per la soggettività dei gusti.
Ma se c’è un giudizio che più di molti altri rasenta l’unanimità è che John “Bonzo” Bonham sia stato il più grande batterista della storia del Rock!
Poco conta se sia realmente così. Ciò che conta è che quando si parla di Bonzo si parla di un Dio nel tempio del Rock.
“Cazzo ragazzo, hai il piede destro più veloce di quello di un coniglio!” gli disse Jimi Hendrix. Non so se mi spiego.
Inglese, nato a Reddicth, il 31 marzo 1948, fin da bambino era in grado di percuotere ritmicamente, con le mani, qualsiasi cosa.
“Volevo essere un batterista quando avevo 5 anni. A quel tempo suonavo su un bidone per sali da bagno con fili di ferro sul fondo e su una lattina di caffè tenuta da uno spago un po’ allentato per dargli l’effetto di un rullante”.
Decine sono gli aneddoti sul suo selvaggio modo di suonare la batteria sulla sua foga inumana, sul suo amore per l’alcool e gli amici, sul suo carattere rissoso ma leale e riservato, che gli procurò il soprannome, divenuto celebre, di Bonzo.
Quando nell’estate del 68 Plant suggerì a Page di contattare il suo amico Bonzo per la formazione di un nuovo gruppo sulle ceneri degli Yardbirds, Bonham aveva tante possibilità da considerare: era conteso tra Chris Farlowe e Joe Cocker. Ma il problema era un altro: “Non era un fatto di chi aveva le migliori possibilità, ma di chi avrebbe fatto il giusto tipo di roba… Sapevo cosa piaceva a Robert e sapevo a cosa si interessava Jimmy, così decisi che quella musica sarebbe stata meglio. E il tempo m’ha dato ragione”.
Quando Bonham si esibisce vale da solo il prezzo del biglietto. Uno in grado di fare un assolo di batteria percuotendo le pelli soltanto con le mani, il tutto in un brano rock. Ragazzi, questa è arte. C’è poco da dire.
“In effetti mi piace urlare quando suono. Urlo come un orso e suono con più foga. Mi piace che il nostro show sia una tempesta tonante”.
Quando non è sul palco lo si trova in giro a far danni; decine di denunce per rissa, aggressioni, disturbo alla quiete pubblica, vandalismo e l’alcol, tanto alcol, troppo. Ricorda Richard Cole: “Bonham era sempre stata una persona vivace: a John Paul piaceva il gin and tonic. Robert beveva principalmente vino, e alle volte scotch. Jimmy era fissato col Jack & Daniels. Ma bonzo e io non eravamo così schizzinosi. Dal rum alla birra e allo champagne, bevevamo praticamente di tutto”.
Quando stava chiuso nelle camere degli alberghi doveva dare in qualche modo sfogo al suo disagio. All’Ambassador East a Pontiac, Michigan, gli riservarono due stanze diverse, una normale e una senza mobili e con un biliardo al centro, ma stecca, buche e palle giunsero a noia, Bonzo prese di mira l’altra stanza, la demolì da cima a piedi, in ogni piccola parte. Il manager della band dovette pagare oltre 50.000 Dollari di danni.
Il 1980 è l’anno di “In Through The Out Door” e la relativa tournée europea, prova generale di una successiva negli States.
Fu il contesto in cui le condizioni psicofisiche di Bonham furono messe a dura prova; nella data di Norimberga, il 27 giugno, il suo assolo in “Moby Dick” fu messo fuori scaletta ma lo show deve andare avanti… o almeno dovrebbe. Dopo solo tre canzoni, Bonzo sviene sul palco.
il 24 settembre 1980, dopo una sessione di prove, Bonzo aveva per l’ennesima volta ecceduto con la vodka, fino allo svenimento.
Verso le prime ore del mattino seguente Bonzo viene trovato senza vita da Robert Plant. Come cause del decesso furono accreditate: edema polmonare, inalazione del proprio vomito e abuso di alcol, venne giudicata una morte accidentale.
“Il Rock and Roll è morto il giorno in cui è morto John Bonham”, disse Billy Joel.
Pubblicato il: 25/09/2019 da Redazione Radio Città Aperta