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Bob Marley: compie 41 anni “Survival”, il suo album/capolavoro – inno alla ribellione e all’unità dei popoli africani

Bob Marley: compie 41 anni “Survival”, il suo album/capolavoro – inno alla ribellione e all’unità dei popoli africani

How good and how pleasant it would be
Before God and man, yeah
To see the unification of all Africans, yeah
As it’s been said already
Let it be done, yeah
We are the children of the Rastaman
We are the children of the Iyaman 

 

di Karol Lapadula

2 ottobre 1979: esce Survival,  quinto album in studio (e il settimo della sua carriera) dell’indiscusso “king of reggae” Bob Marley e del suo gruppo, The Wailers. Registrato interamente a Kingston in Giamaica tra gennaio e febbraio 1979, per questo disco Marley decise di affidarsi al tecnico del suono Alex Sadkin, a cui si raccomandò che lo stesso suonasse come uno di Stevie Wonder.

L’album, tra i capolavori di Marley, è quello sicuramente più schierato dal punto di vista politico, e ne sono prova canzoni come So much trouble in the world, Africa Unite e Zimbabwe (quest’ultima divenne l’inno dei ribelli nella Rhodesia Meridionale).

La copertina di Survival, in cui sono rappresentate 49 bandiere.

In retrocopertina, il disegno di una affollata stiva di una nave negriera.

Sin dalla copertina, è evidente il significato profondo di Survival, che inneggia alla solidarietà politica e alla pace tra i popoli africani.

  • Il cantore del reggae vuole parlare del continente nero e lo fa fin dalla copertina, mettendo in mostra 49 bandiere africane. Una in realtà, la terza dell’ultima riga, è oceanica, essendo quella della Papua Nuova Guinea, stato caro a Marley per le sue popolazioni Maori e Hopi. Il cantautore giamaicano non trascura l’apartheid, inserendo, al quinto posto della quarta riga e al quarto della sesta, le bandiere dei due movimenti politici dello Zimbabwe (ZAPU e ZANU) in lotta contro il regime dittatoriale della minoranza bianca. (Leonardo Marzorati su artovercovers.com)

Se Kaya aveva rappresentato quasi una “commercialata”, per cui Mr. “Tuff Gong” aveva ricevuto anche delle feroci critiche in quanto album privo di quella ribellione che aveva contraddistinto i suoi primi lavori (anche se, bisogna riconoscerlo, dava molto spazio all’introspezione e al misticismo), con Survival si assistette a un vero e proprio “back to the roots”, ma di quelli in grande stile, con un’attenta riconnessione musicale a quelle che erano state le atmosfere reggae di Exodus nel 1977. Alla fine del 1978, inoltre, Marley era riuscito finalmente a realizzare il suo sogno di sempre, cioè quello di fare un lungo viaggio nel continente “mamma Africa”, che lo fortificò nello spirito e nella speranza di vedere un giorno i Paesi africani nuovamente uniti. Una volta tornato in Giamaica, decise quindi di dar vita all’album di cui qui si tratta, che originariamente doveva intitolarsi Black Survival, e col quale fu in grado di riportare ad alti livelli la potenza contenutistica della sua musica attraverso testi tanto impegnati quanto incisivi.

All’indomani della sua uscita, Bob e i suoi Wailers intrapresero il Survival Tour, che si svolse in cinque continenti, anche se i concerti furono concentrati soprattutto negli Stati Uniti.

Bob Marley gioca a calcio con i suoi compagni durante il Survival Tour.

Promo poster per il Survival tour.

  • Bob Marley è l’esempio di come la musica possa a volte travalicare i suoi limiti, esentare da ogni considerazione di carattere meramente tecnico e valutativo, uscire dalle angustie del discorso puramente artistico. Di come la musica possa sconfinare e farsi strada nell’universo politico e sociale, essere il mezzo più adatto a perorare una causa, essere il tramite migliore per dare voce a chi non ce l’ha. (debaser.com)

Di seguito, Zimbabwe suonata da Marley durante le celebrazioni per la dichiarazione di indipendenza dello Zimbabwe il 19 aprile 1980 (Independence Concert Rufaro Stadium Salisbury):

Pubblicato il: 02/10/2020 da Skatèna