20 anni fa usciva “Fight Club”: siamo la danzante merda del mondo?
di Davide Calcabrina
“Siamo la canticchiante e danzante merda del mondo”
Vent’anni fa usciva nelle sale “Fight Club” di David Fincher, capolavoro iconoclasta di una societa? consumistica che piu? o meno consapevolmente alleva al suo interno le personalita? che possono annientarla, a patto che riescano a vincere le lotte piu? intime tra l’io e l’es di freudiana memoria.
Si e? discusso tanto, negli anni, su chi abbia partorito cosa, su quanto il successo della pellicola sia dipeso dalla penna geniale di Chuck Palahniuk o viceversa. Poco importa.
Il “Fight Club” di David Fincher resta una delle critiche piu? folli, dark, intimistiche e sprezzanti che il cinema abbia offerto della societa? occidentale che si apprestava ad entrare nel nuovo millennio.
Il film segue, nella cinematografia di Fincher, “Seven” (sempre con Brad Pitt) e ne ripropone il senso di disagio e violenza scagliandoli ancora piu? pesantemente sotto l’epidermide dello spettatore; se in “Seven” la nostra stabilita? si salvava attribuendo la follia al cattivo di turno (Kevin Spacey), in “Fight Club”, vittima e carnefice e? il buono (Edward Norton), siamo noi, ognuno di noi, la parte piu? vera e al contempo alienata della personalita? dell’uomo comune. Se lo si vede come una forma di psicanalisi, “Fight club” e? un continuo passo in avanti ma verso il basso, l’imo dell’individuo.
Io ed alter ego. Edward Norton e Brad Pitt, Tyler Durden e Tyler Durden.
La continua lotta della natura endemica di un individuo che prova ad uscire e ad avere il sopravvento su una personalita? schiacciata, vilipesa, alienata e quasi totalmente annientata da una vita che sembra aver scelto ma che invece gli e? stata imposta da un giro di carte tra societa? e destino.
Quel bisogno che diventa dipendenza di entrare in contatto con la disperazione, e? la scappatoia mentale e consolatoria di chi vive pensando “in fondo c’e? chi sta peggio”; e? un bene effimero, un placebo che collassa quando il protagonista si rende conto che almeno “disperazione” e “dolore” sono piu? autentici del nulla che avviluppa la sua esistenza. Non puo? comunque farne a meno Tyler Durden, qui Edward Norton, diventa dipendente di quei centri d’ascolto per disperati e malati di vario tipo; e? l’unico modo per sentire se stesso un gradino piu? alto del fondo di un baratro esistenziale.
Torna anche finalmente a dormire, batte l’insonnia. I centri d’ascolto sono il metadone di Tyler, se paragoniamo il mal di vivere ad una sorta di tossicodipendenza.
In questo contesto entra l’ultimo tassello socio-affettivo del puzzle: Marla Singer (Helena Bonam Carter). Impostrice!
Tyler riconosce il gioco di Marla, e? il suo gioco. Ella non sta male, si nutre del male degli altri. E? ammalata del suo stesso male in realta? e questo, Tyler, non puo? sopportarlo.
Per quanto il quadro d’insieme sia sempre a tinte dark, l’ingresso di Marla sembra farci rifiatare, cosi? come nella vita reale un nuovo amore da un sapore diverso anche all’aria che respiriamo. Nel presunto odio che le riversa Tyler ci riscontriamo subito le note di un’attrazione fisica e mentale, un “amore nonostante tutto il resto”.
In realta?, e? solo parte dello stesso quadro sinottico, dicotomia tra cio? che siamo e cio? che gli altri vorrebbero fossimo, esplicitata da uno dei conflitti piu? vecchi dell’umanità: amore e sesso ma anche eros e thanatos. Laddove la pulsione verso la vita e l’amore e? cio? che piu? naturalmente si anela ma la pulsione per la distruzione e? palesemente piu? eccitante. Tyler geloso del sesso che Marla fa col suo alter ego, e? una delle rappresentazioni allegoriche piu? potenti della psiche di un uomo che sia mai stata girata.
Un equilibrio che si trova in una scena finale perfetta sotto tutti i punti di vista, una pace interiore ritrovata tramite l’accettazione di se? e la distruzione di tutto il resto.
Non ho volutamente parlato del luogo fisico, il “Fight Club”.
In fondo, da 20 anni, tutti sappiamo che una delle regole e? non parlare mai del Fight Club… per il resto, sempre in ottemperanza al regolamento, dovete combattere o solo rendervi conto che lo state gia? facendo…
“…uscendo, vi do il culo o vi do il pacco?”