“Caruso” di Lucio Dalla: una storia d’amore intima e sincera
Sentì il dolore nella musica
e si alzò dal pianofortema quando vide uscire la luna da una nuvola
gli sembro più dolce anche la morte
Caruso deve molto a Dicitencello vuje, canzone napoletana scritta nel 1930 da Rodolfo Falvo ed Enzo Fusco, e che qui sotto potete ascoltare nell’interpretazione di Roberto Murolo:
Avrei voluto essere napoletano. Non posso fare a meno, almeno due o tre volte al giorno, di sognare di essere a Napoli. Sono dodici anni che studio tre ore alla settimana il napoletano, perché se ci fosse una puntura intramuscolare, con dentro il napoletano – tutto il napoletano – io me la farei, per poter parlare e ragionare come ragionano loro da millenni – Lucio Dalla, 2011.
In un’intervista, Dalla rivelò la genesi e il significato del testo della canzone
Caruso vide la luce nel 1986 a Sorrento, poco prima che Dalla partisse in tour per gli Stati Uniti. La storia è così bella che non sembra vera, ma una leggenda.
Un incastonarsi irripetibile di coincidenze e suggestioni…
In seguito ad un guasto alla propria imbarcazione, mentre si trovava tra Capri e Sorrento, Lucio continuò a navigare a vela per qualche miglio , ma poi decise di farsi aiutare da un amico, il proprietario dell’Hotel Excelsior Vittoria di Sorrento, che lo raggiunse e lo trainò fino al porticciolo della cittadina, invitandolo ad alloggiare nella suite “Caruso”, chiamata così perché lì trascorse gli ultimi mesi di vita il grande tenore Enrico Caruso.
Potenza della lirica
Dove ogni dramma un falso
Che con un po’ di trucco e con la mimica
Puoi diventare un altroMa due occhi che ti guardano
Così vicini e veri
Ti fan scordare le parole
Confondono i pensieri
Nel video che segue Lucio Dalla, intervistato da Daria Bignardi durante la trasmissione Le invasioni barbariche del 28 novembre 2008, parla di Alfonso Leonelli (tra l’altro citato tra le note a margine di copertina di DallAmeriCaruso), il padrone di casa della Scogliera, il bar-rifugio del porto di Marina Piccola: fu Alfonso che tra un caffè e un whiskey raccontò a Dalla la storia del soggiorno sorrentino di Caruso e del suo tormentato amore per una ragazza…
Nel 1921 Caruso si trovava a Sorrento in convalescenza dopo essere stato operato a un polmone in seguito ad una pleurite. Lì si innamorò di una giovane donna cui dava lezioni di canto. Una sera, sentendo ormai vicina l’ora della sua morte, si fece portare il pianoforte in terrazza e, ispirato dal panorama offerto dal golfo di Sorrento, cantò con una tale intensità da essere udito fino giù al porto ((in realtà Caruso non morì a Sorrento, ma all’Hotel Vesuvio di Napoli).
Dalla, affascinato da quella storia così romantica e drammatica, raccontò questo: “[…] mi ero inventato la scena dei suoi ultimi momenti, quando pensa alle notti là in America. Era un passaggio che nel 1986 per me, che stavo per partire per un tour negli Stati Uniti, aveva un significato particolare. Per me quel ‘Te vojo bene assaje’ messo in quel punto della canzone, significava darle il marchio della napoletanità”.
Vide le luci in mezzo al mare
Pens alle notti là in America
Ma erano solo le lampare
E la bianca scia di un’elica
Fu così che Lucio scrisse la sua canzone/capolavoro di getto quella notte stessa, contemplando lo stesso panorama che aveva ispirato Caruso. La canzone non solo divenne disco di platino e ottenne la Targa Tenco, ma ebbe un successo planetario e venne incisa da numerosi interpreti in varie lingue.
Di seguito, i Metallica eseguono una cover di Caruso il 15 febbraio 2018 all’Unipol Arena di Bologna per omaggiare il Belpaese: