1. Perché è nato lo Sponz Fest? Qual è la filosofia che sta alla base di questo progetto? Perché scegliere l’Alta Irpinia: per ragioni biografiche, di memoria, o c’è anche qualcosa in più?
La biografia è la nostra storia. Due o tre paesi dell’Alta Irpinia sono per me mitologici , luoghi intravisti nell’infanzia, amplificati dalla rete del racconto orale. Erano i nuclei dell’origine prima della grande diaspora degli anni 60 di cui sono figlio. Il racconto orale , fatto di nomi e “stortinomi” aveva un tono omerico quando si intesseva nelle voci delle mammenonne, nel gineceo attorno al fuoco in cui finivo per essere piccolo ascoltatore. Lo stesso senso dell’epica, dell’onore accompagnava le storie delle odissee personali di ognuno. Il racconto pareva tenere insieme i fili di quell’umanità, fatta di guidatori di mezzi meccanici , mulattieri, aggiustaossa, guaritori, cantatori, faticatori. Le seconde famiglie delle malecompagnie si intrecciavano alle prime. C’era la terra dei padri e quella delle madri e raramente coincidevano. Questa è la materia mitica e biografica che ha portato al “Paese dei coppoloni”, alle “Canzoni della Cupa”. Un pugno di terra in cui trovare la storia del mondo. Lo Sponz Fest è nato dall’idea di fare del vuoto demografico e non solo in cui versano oggi le terre di mezzo, una risorsa anzi che un limite. Ai paesi interni la civiltà del consumo contemporaneo ha riservato in sorte il saccheggio energetico, lo smaltimento dei rifiuti, il consumo del suolo. Ma sono luoghi potenti, in cui ogni alba pare rinnovare la creazione del mondo. E’ una forza che si sente nel cielo e nel vento. Una natura selvatica. Sponz Fest più che un festival vuole essere una occasione di consapevolezza, il cui principale protagonista è il paesaggio, umano e naturale. E’ una esperienza che richiede un coinvolgimento diretto, anche solo per il camminare che comporta. Una esperienza completamente antieconomica, fatta di tanti luoghi e orari inconsueti.
2. L’edizione di quest’anno si pone, come recita il comunicato, tra speranze e pestilenze contemporanee. Quali sono le pestilenze dell’oggi? E soprattutto quali le speranze?
E’ nella malattia che devono svilupparsi gli anticorpi. Si deve prendere consapevolezza del morbo. Serve non abituarsi a vedere come normali atti di barbarie perché sono di uso comune. Un uso del linguaggio, nella ci-viltà dei social. La rete apre frontiere nuove e inimmaginabili, che possono molto arricchirci o molto impoverirci. Proprio perché i mezzi sono potenti occorre maggiore senso di responsabilità. Una educazione anche etica. Ora come ora possono apparire normali cose mostruose, atti di ob-scenità che arrecano danni gravissimi alle persone, danni ben poco virtuali. La speranza è il lavoro contro la paura della vita , è lavoro contro coloro che impauriscono e terrorizzano.
3. Si può parlare davvero di speranza nell’Italia odierna; e nel Sud specialmente, da dove i giovani fuggono, spesso abbattuti dalla disperazione o dall’inedia. La speranza raramente viene offerta per decreto. E’ un lavoro individuale che desidera riuscire piuttosto che fallire. Spesso è più semplice abbattersi e trovare le cause fuori di noi. Vedo un sacco di persone davanti al bar che valutano che non ci sia niente di meglio da fare. Non so se è solo inedia o anche pigrizia, abbruttimento. Di sicuro non è trovando continuamente occasioni d’odio che si da speranza alla gente. Se proprio bisogna solleticare la nazione meglio sarebbe “primi gli italiani” , che il reciclato “prima gli italiani”.
4. Il festival ha una chiara connotazione politica: vuol essere tutto quanto non è l’Italia giallo-verde di oggi. E’ un festival di resistenza? E a cosa resiste: alla maggioranza degli italiani che, se andassimo a votare domani, sceglierebbe un governo di destra?
Per me ogni cosa è politica . E’ completamente illusorio questo modello di democrazia in cui si liquida il coinvolgimento politico solo nell’esercizio del diritto dovere del voto. Se davvero dovessimo contare la maggioranza dei cittadini troveremmo che non ha espressione partitica perché il partito di maggioranza è quello che non si è espresso. Politico è ogni gesto che facciamo, tanto più se concreto e non delegato alla tastiera. Sponz fest si è proposto dall’inizio come una occasione di incontro, di scambio di pensiero. Soprattutto come momento di ammutinamento alla dittatura della semplificazione imperante, per reclamare il diritto alla complessità.
5. Mi segnalerebbe due, tre appuntamenti che reputa cruciali nel festival? E Perché li reputa tali?
Ascoltare il rebetiko in una grotta con due grandi mangas come Manolis Papos e Dimitri Mistakidis, perché il rebetiko è una forma di resistenza culturale e di liberazione dell’anima. E poi la tintura al nero delle vesti all’alba sul monte Calvario. Uno dei concerti a sorpresa di Micah P. Hinson, un’anima grande, con una voce profonda come l’ultimo J. Cash. La serata di Trap Pest e altre dannazioni. E’ sembrato strano portare artisti come Young Signorino in un contesto apparentemente più legato al folk delle radici. Credo che la maschera sonora dell’auto tune sia il suono dell’epoca, un suono anche fastidioso, ma presente e continuo. La peste si presenta spesso in maschera, però anche smaschera. E’ su questi infingimenti che si sta giocando la partita. Quale maggiore finzione se non l’immagine che ogni giorno ciascuno si costruisce sui social ?
6. Il suo disco, il suo concerto è radicato “sottoterra”. Cosa c’è sottoterra: radici o cadaveri? E perché mettere insieme ‘uomini e bestie’ / ‘uomini e pesti’: vuole intendere che gli uomini sono bestie, che gli uomini sono la peste?
L’uomo ha compiuto il suo primo gesto di insubordinazione alla legge di natura, alla lotta per la sopravvivenza affidando alle pareti di una grotta immagini di animali, affidandosi alla bellezza e non solo all’utilità. Lo ha fatto in un luogo riparato dalla lotta selvaggia della superficie. Sottoterra può essere il luogo della cura e del riparo, affinchè , come diceva Karamazov “noi, uomini del sottosuolo intoneremo dalle viscere della terra un tragico inno a Dio che dà la gioia!” Sottaterra è la cura. Il luogo delle radici, del riparo, della fertilità sotterranea “underground”.. Ma è anche il luogo degli interramenti, dei veleni, dei cadaveri. Soprattutto è il luogo delle creature intraterrestri, specie di alieni mutanti , parenti lontani degli extraterrestri, costretti alla vita nel sottosuolo dalle pestilenze contemporanee.
7. A proposito di Trenodia. Qual è la differenza tra il pianto rituale e il piagnisteo, tipico di noi italiani? Dal pianto rituale si può, dunque, giungere a una sorta di guarigione spirituale e morale?
Il pianto rituale è purificazione, portare a metro il lutto, mondare, ricomporre un ordine nella perdita. La lamentazione rituale è l’opposto della lamentela fine a sé stessa, quella che cerca, passivamente, l’autoassoluzione e la consolazione spiccia ma che non si traduce in rivendicazione dei diritti e della giustizia. Il pianto rituale è azione, rappresentazione, trasfigurazione: il mondo come lo vorremmo al posto di quello che è.
8. Qual è l’apporto di sua sorella all’ideazione della performance? Mi racconta ne avete scelto le tappe, cosa si vedrà e ascolterà durante le singole tappe (grazie a Germano, Brunello, Sepe, Murgia, ecc.)?
Mariangela è una artista che lavora da anni sulla performance. Con #SponzArti è riuscita a coinvolgere persone vere, tirandole fuori dal bozzolo delle loro vite, facendo dell’arte pubblica una occasione di comunità . Per usare le sue parole: « Trenodia è un progetto da condividere con tutti coloro che in questo momento storico sentono troppe cose in pericolo di morte e da sottoporre agli occhi di chi invece vuole restarne indifferente, perché il pianto, come il riso, é contagioso. Credo fermamente che il nostro pianto vada fatto sentire, rituale, collettivo, rigenerante. Il corteo é una forma esperienziale estremamente intensa, dà la misura dell’energia che si innesca nella condivisione. E’ la forma della manifestazione, della contestazione, della preghiera. Questo progetto pero’ si propone di riscoprire la forma del corteo sotto altre vesti da quelle delle pratiche sociali in uso. Un corteo come forma d’arte.” Il corteo si muoverà per stazioni nelle quali ci sarà spazio per la lamentazione in musica ( l‘amanes, le lamentazioni al violoncello di Mario Brunello o quelle vocali di Raiz) e l’orazione civile. Scritti raccolti da pubblico bando, in cui ognuno canta il suo oggetto del compianto. E cose da piangere ce ne sono tante … la morte degli ideali, la fine della solidarietà, la bellezza agonizzante, la fiducia, lo spirito cooperativo, l’eutanasia dell’infanzia, la correttezza, la dignità, l’eleganza, il rigore, il rispetto, l’accoglienza, l’intelligenza emozionale. Ognuno ha una lunga lista di cose rimpiante! L’orazione civile è anche affidata a chi di suo ne prepara una, come Elio Germano e Michela Murgia. Il corteo è accompagnato da una Bassa Banda Processionale, arrangiata e diretta da Daniele Sepe. Trenodia si sviluppa in tre fuochi. Il primo il 18 agosto a isola di Capo Rizzuto ( Crotone), poi in Alta Irpinia durante Sponz Fest e infine a Tricarico il 28 e a Matera il 29 .