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45 anni per Station to Station, il disco “più magico” di David Bowie

45 anni per Station to Station, il disco “più magico” di David Bowie

Station to Station è un album davvero notevole. Un disco rock talmente bello e con una tale potenzialità di durare nel tempo, da farmi pensare che Bowie abbia finalmente prodotto il suo (primo) capolavoro. (Lester Bangs)

Ascolto Station to Station come se fosse un’opera di una persona completamente diversa… è un album estremamente tenebroso. (David Bowie)

 

di Skatèna

Sull’onda del successo americano ottenuto da Young Americans, il 23 gennaio 1976 veniva pubblicato dalla RCA Station to Station, decimo album di David Bowie, uno dei suoi lavori non solo più affascinanti, ma anche più articolati, oscuri, sofferti e introspettivi.

Introdotto “dal suono sferragliante di una locomotiva” (storiadellamusica.it), Station to Station fu registrato nell’autunno del ’75 nei Cherokee Studios e negli L.A. Record Plant Studios di Hollywood, nel periodo più cupo della permanenza losangelina di Bowie, datio che l’artista era completamente intrappolato nella spirale della dipendenza dalla cocaina e – di conseguenza – della paranoia all’ennesima potenza, in uno stato di costante terrore psichico. (David Buckley)

Con il suo mescolare ad arte i linguaggi sonori differenti dell’epoca, ossia il funk e il soul con gli elementi sintetici ed elettronici del krautrock e di gruppi tipo Tangerine Dream, Neu! e Kraftwerk (questi ultimi la punta di diamante europea della sperimentazione elettronica, che in seguito resero omaggio a David citandolo nel testo della propria Trans Europe Express), tra ballate romantiche, magia ed occultismo, Station to Station è considerato tra gli album “più accessibili di Bowie e allo stesso tempo uno dei suoi più impenetrabili“.

L’album venne co-prodotto da Harry Maslin, già collaboratore di Bowie per Fame e Across the Universe su Young Americans.

Di seguito, il clip di Golden Years, il singolo che precedette l’uscita del disco: lo stile musicale del brano si regge sull’impianto funky e soul del precedente lavoro Young Americans, mentre le lyrics sono come pervase da “un’aria di rimpianto per occasioni mancate e ricordi malinconici di piaceri passati“:

Alcune tracce di Station to Station, insieme a brani tratti da Low e Heroes, furono usate per la colonna sonora del film cult del 1981 Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino.

  • Un disco glaciale e caloroso allo stesso tempo, che è stato definito da lui stesso il suo disco più magico, con i suoi numerosi riferimenti alla magia nera, alla cabala, all’albero della vita, alle due sephirot Kether e Malkuth. (cit.)

Costante del progetto Station to Station fu il personaggio del “Thin White Duke” ispirato a Thomas Jerome Newton, protagonista del film L’uomo che cadde sulla terra, che per Bowie divenne dunque suo nuovo ideale estetico e fresca “incarnazione artistica”, facendo sì che abbandonasse tutto ciò che il suo precedente personaggio Ziggy aveva rappresentato.

La foto in bianco e nero utilizzata per la copertina di Station to Station è un fermo immagine proveniente dal film L’uomo che cadde sulla terra, nel quale Bowie, nelle vesti dell’alieno Thomas Jerome Newton, entra in una camera anecoica.

Il Duca Bianco era “un aristocratico pazzo e decadente” in abiti eleganti, un cantante raffinato che si esibiva “in performance struggenti di intensità romantica“, pur rimanendo “freddo come il ghiaccio“.

  • Se i teenager del ’72 avevano trovato in Ziggy Stardust un idolo da venerare e da affiggere sui muri delle proprie camerette, i loro fratelli minori, figli della disco più che del rock, trovarono nel Duca Bianco il cantore della loro generazione, con il suo charme da divo distante, inarrivabile eppure così vicino ai loro cuori e alle loro emozioni, tanto da farne una figura di culto che conserva tuttora il suo fascino e il suo mistero. Quando uscì Station to Station le utopie hippie di Woodstock erano state spazzate via da tempo e il fenomeno del glam-rock aveva esaurito la sua carica estetico-musicale trasgressiva. Il progressive iniziava a languire sotto il peso delle sue stesse proposte musicali, ormai ripetitive, consolidatesi nell’esibizione quasi narcisistica delle virtù soliste dei vari membri dei grandi gruppi dell’epoca. Di contro, l’esplosione della musica soul dettava i suoi nuovi ritmi a chi voleva proporre al grande pubblico un prodotto musicale facilmente vendibile. Non era più il tempo delle grandi utopie. (distorsioni.net)

 

 

Pubblicato il: 23/01/2021 da Skatèna