In ricordo di Manolis, primo partigiano d’Europa
di Valentino De Luca
Ad Atene, sull’Acropoli, c’è una targa di bronzo.
Non ricorda le imprese di antichi guerrieri né incisi vi sono i nomi che abbiamo studiato al liceo.
Impresso, sopra quella targa, vi è il nome di Manolis Glezos ed il motivo del riconoscimento segna una delle pagine migliori della resistenza europea.
E’la notte del 30 maggio 1941, in un’Atene occupata dalle truppe del Reich si aggirano il 19enne Manolis assieme al suo compagno d’università e d’armi Apostolos Santas.
Non vogliono dormire, agitati come sono dal pensiero che sull’Acropoli, il punto più alto ed antico della città, lì dov’è nata la democrazia, stia sventolando la bandiera del Regime che in Germania e nei territori occupati ha fatto strame di ogni libertà di pensiero.
Furtivi riescono a salire sull’Arce sorvegliata dai militari tedeschi e, senza che essi se ne accorgano, Manolis strappa via la bandiera nazista dal pennone per issare la bandiera nazionale greca.
Sarà il gesto che infonderà nuovo coraggio alla resistenza greca, vero preludio alla sconfitta del Reich ed alla sua definizione di “primo partigiano d’Europa” attribuitagli dal De Gaulle.
Ma sarà anche il gesto che porterà alla sua prima incarcerazione con il corollario di minacce e torture che possiamo ben immaginare.
Si salverà solo dopo aver contratto la tubercolosi, ma durante la sua vita ripeterà diverse volte la privazione della libertà.
E sarà un’esperienza che segnerà la sua intera vita di ribelle e resistente poichè, si sa, nemo propheta in patria.
Manolis, finita la guerra, militerà nell’EDA – Sinistra Democratica Unita e conoscerà più volte la galera per le proprie idee politiche sia durante la monarchia (accusato di spionaggio, come si usava allora per togliere di mezzo gli esponenti più in vista della sinistra) che durante la dittatura dei Colonnelli.
Come scrive Francesco De Palo, autore del libro Greco-eroe d’Europa (Albeggi, 2014):
“In totale Glezos e? stato condannato 28 volte per le sue convinzioni politiche, di cui tre volte a morte. Il tempo complessivo trascorso nelle carceri elleniche ammonta a undici anni e cinque mesi, mentre quattro anni e sei mesi e? il tempo passato in esilio all’estero. E? scampato nove volte ad altrettanti tentativi di omicidio.”
In tempi recenti aveva aderito a Syriza, per il quale era stato eletto al Parlamento Europeo nel 2014.
E’ sempre all’inizio degli anni ’10 di questo secolo che Manolis, ormai anziano, si trova di fronte ancora la Germania.
Questa volta il nemico non indossa le mostrine con la temuta doppia S nè imbraccia i mitragliatori, ma si presenta con l’aspetto dei trader finanziari e dei burocrati di Bruxelles.
Ancora una volta, stavolta con le armi della resistenza democratica e parlamentare, Manolis cerca di scardinare i trattati che strozzano il suo popolo con i lacci della spending review, del pareggio di bilancio, del vincolo del 3% di deficit.
La storia poi la conosciamo tutti: Tsipras firmerà gli accordi (“Il doloroso compromesso”) nonostante l’esito del referendum e nel 2015 le strade dei due si separeranno.
Manolis però ha continuato a lottare nonostante la difficoltà a comprendere il nemico finanziario, sostituitosi a quello militare nell’ultimo trentennio.
A chi gli chiedeva quale bandiera vada strappata oggi come lui fece con quella nazista anni prima, rispondeva:
“Quel che, insieme ad Apostolos Santas, abbiamo fatto nel 1941, oggi è chiaro che dovrebbe essere fatto non da me ma dalle persone giovani. Molte bandiere con le svastiche devono essere abbassate e la prima svastica che deve essere strappata è l’ indifferenza della gente. Noi dobbiamo lottare perchè ogni cittadino sia attivo e partecipe”.
Ad Atene, sull’Acropoli, una targa ti ricorda Manolis, ma ricorda soprattutto a noi che nessun diritto viene concesso dall’alto, ma deriva solamente da quanto sei disposto a rischiare.
Pubblicato il: 02/04/2020 da Valentino De Luca