The Clash: compie 44 anni il loro album di debutto
Black or white, you turn it on, you face the new religion
Everybody’s sitting ‘round watching televisionLondon’s burning with boredom now
London’s burning dial nine-nine-nine-nine-nine
Are you taking over or are you taking orders? Are you going backwards or are you going forwards?
di Skatèna
Era il 1977 e il rock stava virando in maniera decisiva verso il punk. Il Regno Unito, culla del nascente movimento musicale e culturale, aveva già conosciuto l’esperienza dissacrante dei Sex Pistols, ma una nuova evoluzione/rivoluzione era in atto e cominciò a concretizzarsi l’8 aprile di quello stesso anno, quando fu pubblicato dalla CBS l’omonimo album di debutto dei Clash (conosciuti anche come The Only Band That Matters!).
Due anni più tardi, il 26 luglio 1979, in occasione della sua pubblicazione negli Stati Uniti, l’album venne proposto con una diversa tracklist (mancano Deny, Cheat, Protex Blue e 48 Hours sostituite da Clash City Rockers, Complete Control, (White Man) in Hammersmith Palais -in puro stile reggae-, la storica I Fought The Law -riproposizione di una canzone composta nel 1959 da Sonny Curtis e resa famosa nel 1966 dai Bobby Fuller Four– e Jail Guitar Doors; inoltre il brano I’m so Bored with the U.S.A. venne censurato).
Prodotto dal fonico Mickey Foote, questo disco, dal suono diretto, esplosivo, grezzo e minimale, e dai testi impregnati di politica e di disagio sociale, mostrava chiaramente come i Clash non si sarebbero limitati a proporre del puro e semplice punk, ma sarebbero andati oltre, come è stato dimostrato poi dalle loro produzioni successive.
- The Clash (Cbs, 1977), insieme alla tardiva e differente versione americana del 1979, mette in musica lo “scontro” profetizzato dalla band. La cara, vecchia Inghilterra viene invasa da frenetici accordi al limite dell’elementare e messa completamente sottosopra da una banda di musicisti sboccati e rivoltosi. Il rock and roll, ripulitosi progressivamente dopo gli anni 60, può tornare, così, a sprigionare un nuovo alone di irriverenza, alimentata dal vorticoso furore punk. I Clash chiamano alle armi la loro generazione di guerriglieri urbani, aizzandoli con la promessa, in stile Ramones, di una “White Riot” al fulmicotone. Strummer preferisce lo slogan, l’inno di “London’s Burning” che, su un riff impastato, diventa il vero manifesto dell’infuocato anno londinese. Su questi veloci pilastri sonori si regge l’intero album che, così, è libero di allargarsi con il suo stile selvaggio e dinamitardo. I Clash sembrano divertirsi a smontare e rimontare il vecchio rock and roll quando partono brani che assomigliano a sgraziate e irriverenti marcette: il rullante di “Janie Jones”, la caracollante “Remote Control” e, ancora meglio, il pirotecnico finale corale di “Complete Control”. (Onda Rock)
- […] spetta ai Clash il pregio di aver tracciato nuovi orizzonti consentendo in un certo qual modo una sorta di evoluzione per un genere altrimenti racchiuso in ristagnanti ed asfittici confini (nella loro musica troverete, infatti, reggae, dub, rap, rockabilly, new wave, soul e hard rock). Già ascoltando il loro omonimo album d’esordio […] appare evidente che il gruppo non si sarebbe limitato a proporre unicamente del punk ortodosso ma avrebbe osato molto di più, andando poi ben oltre con gli apici raggiunti in London Calling e nel triplo vinile Sandinista; è tale peculiarità che fa assurgere i Clash come una delle formazioni più importanti del rock. (Storia della Musica)
Di seguito, tre video in cui i Clash eseguono in versione live, nell’ordine, Janie Jones, I’m so Bored with the U.S.A. e la loro prima dichiarazione d’amore alla musica giamaicana, ovvero Police and Thieves (cover di un pezzo reggae di Junior Murvin e Lee Perry):
Pubblicato il: 08/04/2021 da Skatèna