Coronavirus: morto Luis Sepúlveda, lo scrittore-guerrigliero del Sud del mondo
Coronavirus: morto Luis Sepúlveda, lo scrittore-guerrigliero del Sud del mondo Pubblicato il: 16/04/2020 da Skatèna
La strada più breve fra due punti è il cerchio che li unisce in un abbraccio sorpreso.
di Skatèna
Il Covid-19 continua a mieter vittime: oggi purtroppo è toccato anche all’amatissimo scrittore cileno Luis Sepúlveda (Ovalle, 4 ottobre 1949 – Oviedo, 16 aprile 2020).
Residente a Gijón nelle Asturie dal 1997, aveva contratto il virus dopo il ritorno dal festival letterario Correntes d’Éscritas, che si è tenuto a Póvoa de Varzim, in Portogallo.
Autore di poesie, romanzi, libri di viaggio, saggi e racconti, conquistò la scena letteraria con il suo primo romanzo, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, con cui vinse il Premio Tigre Juan del 1989.
Il mio omaggio glielo faccio riportando il testo in italiano di una poesia che dedicò alla moglie Carmen Yáñez, la poetessa della luce e della memoria, e dal titolo “La más bella historia de amor”:
La più bella storia d’amore
L’ultima nota del tuo addio
mi disse che non sapevo nulla
e che arrivavo
al tempo necessario
di imparare i perchè della materia.
Così, fra pietra e pietra
seppi che sommare è unire
e che sottrarre ci lascia
soli e vuoti.
Che i colori riflettono
l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol
raddoppiano la fame dell’orecchio
Che è la strada e la polvere
la ragione dei passi.
Che la via più breve
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.
Che due più due
può essere un pezzo di Vivaldi.
Che i geni gentili
stanno nelle bottiglie di buon vino.
Una volta imparato tutto questo
tornai a disfare l’eco del tuo addio
e al suo posto palpitante scrissi
la Più Bella Storia d’Amore
ma, come dice l’adagio,
non si finisce mai
d’imparare e aver dubbi.
Così, ancora una volta
facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda un a stella cadente,
seppi che la mia opera era scritta
perchè La Più Bella Storia d’Amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi
Luis Sepúlveda e la moglie si conobbero alla fine degli anni Sessanta, quando alla guida del Cile c’era Salvador Allende. Lei aveva solo 15 anni, ma decisero di sposarsi dopo tre anni a Santiago del Cile. Dopo la nascita del primo figlio, un feroce golpe pose fine alla presidenza di Allende e fu instaurato il regime dittatoriale di Pinochet. La coppia fu quindi costretta a vivere in clandestinità, finché le loro vite si separarono: Sepúlveda lasciò il Cile nel 1977 e Carmen quattro anni più tardi. Lui si trasferì in Germania e lei in Svezia, ma erano due anime destinate a stare insieme, ed infatti si ritrovarono nel 1996, nella Foresta Nera… (Fonte: www.tpi.it)
Ebbero sei figli e sei nipoti (solo un figlio in comune) ed andarono a vivere nella loro grande casa delle Asturie, casa “Croce del Sud”.
Da un articolo di Simonetta Fiori per La Repubblica, ho estrapolato un passo in cui sono gli stessi Sepúlveda e la moglie a raccontare della loro relazione d’amore:
CARMEN YAÑEZ: «Avevo quindici anni quando conobbi Lucho, tre meno di lui. Era stato mio fratello a presentarci».
LUIS SEPÚLVEDA «Ah sì, il figlio del re degli zingari. . Un ragazzo molto simpatico. Mi aveva raccontato un sacco di balle pur di vivere con me in una casa di artisti bohémien. In cambio mi presentò le sue due sorelle: una bruttina, l’ altra di bellezza straordinaria».
CY «Lucho, ma che dici?».
LS «Io all’ epoca indossavo un poncho, un berretto e una faccia di grande sofferenza.
Facevo il poeta tormentato».
CY: «Mi colpì la sua personalità enigmatica. E poi la sua barba fluente, i capelli lunghi». LS: «Enigmatico io? Non mi sembra l’ aggettivo giusto».
CY: «Sì, eri misterioso».
LS: «Mi guardavi con un interesse profondo. Forse perché godevo di una sorta di prestigio come poeta sociale».
CY: «Eri anche molto romantico. Rubavi i fiori nei giardini per portarmeli a scuola. E mi scrivevi poesie. Ancora conservo quella in cui mi auguravi un futuro da poeta. Era l’ 8 marzo del 1968».
LS: «Allora militavo nella sezione più battagliera del partito socialista. I compagni accolsero Carmen come una di loro. E il nostro impegno politico divenne totale».
CY: «Dopo un paio d’ anni decidemmo di andare a vivere insieme. E di fare un figlio come suggello della nostra unione».
LS: «Il matrimonio non era nei nostri progetti: furono i suoi genitori a imporcelo. Il padre di Pelusa era un operaio comunista molto forte. Un amico mi aveva avvertito: sii cauto, è abituato a piegare l’ acciaio. “Vero che hai messo incinta Carmen?”. “Vero”. E io pensavo: ora mi stende. “E che intenzioni avete? Sposarvi?”. “Sì, se non ne possiamo fare a meno”. Ora parte con un gancio sinistro… Invece lui mi diede una manata sulla spalla. “Adesso giovanotto pensiamo alla festa!”».
CY: «Un uomo dal cuore d’ oro.
Per le nozze organizzò un banchetto formidabile. Era l’ 11 settembre del 1971».
LS: «Esattamente due anni dopo sarebbe arrivato l’ inferno.
Il golpe e la dittatura di Pinochet. Carmen e io non vivevamo più assieme. La politica ci aveva unito e poi diviso».
CY: «Mi giudicavi un’ estremista».
LS: «Hai cominciato a dire che quello di Allende era un governo borghese. E io cercavo di spiegarti che era un’ esperienza rivoluzionaria.
Noi abbiamo una storia diversa dagli altri paesi dell’ America Latina».
CY: «Avevo bisogno di ritagliarmi uno spazio autonomo, sennò avrei rischiato di diventare la tua ombra».
LS: «Questo lo capisco, ma mi dispiaceva che la mia compagna criticasse ciò che stavo costruendo. Le discussioni diventavano sempre più crudeli. Decidemmo di prendere ciascuno la propria strada».
CY: «Ma il giorno del golpe Lucho riuscì a passare a casa per dare un bacio a me e a Carlos. Molti compagni cercavano di fuggire. Noi non ci abbiamo mai pensato».
LS: «Credo che non tutti avessero la capacità fisica di resistere. Noi ci sentivamo forti, con quella energia che ti viene dall’ essere dalla parte giusta della storia».
CY: «Furono giorni terribili. Lucho fu arrestato e io per settimane non seppi più nulla».
LS: «Avevi paura che fossi morto?».
CY: «Sì. Anche se restava viva la speranza. Sentivo però che il cerchio si stava stringendo. E una mattina arrivò a casa la polizia. Eravamo in tanti, ma io istintivamente capii che era per me».
LS: «Seppi dell’ arresto di Carmen durante la mia latitanza. Ero sconvolto. Non volevo che vivesse l’ inferno che avevo conosciuto io. Andai a parlare con Raúl Silva Henríquez, il benemerito cardinale che aveva creato la Vicaria de la Solidaridad, unico rifugio per i parenti delle vittime. “Se entro breve non ho notizie della mia compagna, mi lascio esplodere con la dinamite”».
Carmen resta silenziosa. Non ama raccontare le torture subite a Villa Grimaldi, evocata solo nei versi delle sue poesie («molte bende insanguinate e l’ odore inconfondibile della paura, prima di inaugurare l’ assenza»). Si salvò perché creduta morta e gettata via.
CY: «Dopo un periodo di clandestinità nell’ 81, lasciai il Cile. Poi andai a vivere in Svezia, insieme a nostro figlio. E più o meno nello stesso periodo, dopo un’ intensa esperienza in America Latina, Lucho approdò ad Amburgo con la sua nuova compagna tedesca. Iniziava la nostra vita da esuli in Europa».
LS: «Con Pelusa nasceva un rapporto nuovo, mi sentivo il suo fratello maggiore. Non mi piaceva il suo nuovo compagno, un cileno che parlava di rivoluzione a vanvera. E fui contento quando decise di lasciarlo».
CY: «Io rispettavo la nuova famiglia di Lucho – Margarita e in seguito i loro tre figli – ma tra noi sopravviveva una complicità speciale. Ero la prima lettrice dei suoi romanzi.
Anche Il vecchio che leggeva romanzi d’ amore: ti ricordi, Lucho, mi mandasti il dattiloscritto».
LS: «Era un elegante modo per sedurti».
CY: «Mi chiamava al telefono anche alle quattro del mattino.
E rimanevamo a chiacchierare fino all’ alba».
LS: «Finché nell’ 89 chiesi a Carmen di accompagnarmi a Göteborg a un incontro tra scrittori. Quando la vidi pensai: è ancora la bellissima ragazza di cui mi sono innamorato a 18 anni. Cominciò un processo terribile dentro la mia testa: ma che sto facendo? Così finisce male».
CY: « Eravamo silenziosi, strani. Come se ci fosse un vuoto da colmare. Mi pettinai con le treccine, come la prima volta».
LS: «Il rapporto con la compagna tedesca si stava esaurendo. Fu Margarita, con quella preveggenza che hanno le donne, ad accorgersi di tutto. “Con te sto bene, sei divertente e anche un buon marito, ma l’ unica donna che hai amato è Carmen”. “Sì, hai ragione, è così”. Decidemmo di fare una grande festa per il divorzio: era un modo per condividere la separazione con gli amici».
CY: «E Margarita, all’ insaputa di Lucho, mi invitò alla festa nella loro vecchia casa nella Foresta Nera».
LS: «Io arrivai trafelato perché mi ero dimenticato della cerimonia e all’ improvviso vidi Pelusa. L’ indomani partimmo insieme per Parigi. Da allora non ci siamo più lasciati».
CY: «Il nostro legame indissolubile è stata la storia comune. Una storia d’ amore e di dolore. Abbiamo perduto entrambi un Paese mai completamente ritrovato se non nella memoria dell’ infanzia e della giovinezza».
LS: «Sì, ci hanno unito anche le ferite. Ma ne abbiamo sempre parlato con un forte senso del pudore, anche tra noi. Solo chi non ha sofferto davvero può dare spettacolo del dolore».