TESTO DI MAL’ARIA
l’ora legale offre il sole alla sera
ubriaco di primavera
l’eco di un eco lontano
lampi negli occhi smanie in mano
un tempo ignoto avanza
un drappello medico militare
cavalleria cinese, galoppa nella neve.
Presidio del contagio in terre d’Asia.
Basilica lucente, fuochi ardenti
piazza San Pietro immota
grigio piovigginosa
un Papa solitario officia
Urbe et orbi
muove l’Impero di Mezzo
la Santa Sede siede, bimillenaria
Rus’ in disparte, Umma silente
i regni d’Occidente in caos
lungimirante, a scadenza.
Non pervenute altre istanze.
casting in diretta
schermo regnante
vale chi c’è, h24
selezioni aggiornate
eliminati miracolati salvati
audience voti
milioni di milioni di visualizzazioni
quanta tristezza quanta malinconia
emoticon i like e pandemia
MAL’ARIA
mani che non toccano parole che non fiatano
occhi schermati mascherine guanti
corpi obsoleti ingombranti
impresa teologica oltre che tecnologica
la Torre di Babele è in marcia
comanda la Finanza esegue la Politica
intrattenendo
sprazzi di carità e sprazzi di poesia
la Torre di Babele accelera
psico/bio/d’Io in sintesi farmaceutica
non mi prostro alla Scienza
i valorosi chierici, Ordini specialistici
dogmi stabiliti in vitro
la temo, la rispetto: carne riconoscente
spirito in allerta cuore sospetto
la Scienza avanza per se stessa per la propria potenza
travolge indifferente ciò che non comprende
non gli interessa, lascia macerie
d’apparenza inerte e sostanza funesta
per i miseri implora perdono
per i deboli implora pietà
il cielo e la terra
le cose visibili ed invisibili
in breve vita, fragile
vibrante di mistero, irripetibile
c’è una frattura originaria, non si ricompone
non si riaggiusta in terra
chi lo promette mente chi lo progetta terrorizza
per attitudine, per tradizione, per scelta
stiamo bene
se così si può dire bisognosi d’amore
per il resto si vive per il resto si muore.
Oggi è un altro giorno. Si vedrà.
Da doppiozero.com
Nei borghi, sui monti, dispiace dirlo tra tanto dolore intorno, è il paradiso terrestre ma è come se l’angelo stesse già posizionato sulla porta. La spada non l’ha ancora sguainata.
Sono giornate di una dolcezza allibita, d’improvviso una tristezza con connotazioni cosmiche le avviluppa, prepotente l’inquietudine s’addensa e manca l’aria: qualcosa non torna, lo sentono gli animali, lo sento anch’io.
So cosa fare, devo scrivere, trasformare i pensieri in parole, prima un torrente tumultuoso che tutto raccoglie e cumula in bacino poi via via, selezionando e scartando, la riduzione ad un bacile: poche manciate d’acqua in cui rinvigorirmi, rinfrescarmi. Non conosco altro modo e funziona dal tempo dei CCCP. Emilia Paranoica è nata così e continua a sferzarmi ogni volta che l’intono.
Di questo testo avrei voluto farne canzone, da saltare e sbracciarsi e sudare sputacchiando (ops!) ne è uscita una cosa malsana giusto specchio di giorni in cui il lavoro a distanza, da casa, viene imposto e osannato ma ci sono cose che non si possono fare in solitudine né da postazione: l’amore o anche semplicemente certe canzoni: bisogna almeno essere in due e vicini e darsi da fare. Mentre lo scrivevo pensavo di intitolarlo fedele ma rimpallando con Luca email registrazioni iPad e frustrazioni ne è uscito mal’aria.
S’addensano livide tonalità: al telegiornale il presidente del consiglio legifera di dinamiche familiari: sì a fugaci saluti ma niente party (!!) in casa, 15 al cimitero ma le chiese ben sigillate. Utenti, pazienti, assistiti, con autocertificazione. Eccitati, rassicurati, protetti, dagli esperti. Nelle mani di un pool, una task force, un breaking for exit fase 2.0….niente party in famiglia mi raccomando.