Nevermind: la voce degli incompresi
Di Matteo Giacchè
Alcuni dischi sono penetrati talmente a fondo nel nostro immaginario comune che li conosciamo traccia per traccia, spesso senza nemmeno sapere come si intitolano le singole canzoni. Quando parte un brano andiamo a leggere il titolo ed esclamiamo “Ah, è quella!”.
Per molte persone sarà sicuramente il caso di Nevermind. Per gli ascoltatori di Radio Città Aperta – fini intenditori – questo disco rappresenta invece una pietra miliare. Grazie ai voti raccolti nel #SondaggioRCA il secondo album dei Nirvana è stato eletto miglior album uscito nel 1991.
Un lavoro segnato dalla produzione e dalle registrazioni nello studio di Butch Vig. I suoi Smart Studios, nel Madison, sono stati testimoni di incisioni fondamentali, ospitando gente del calibro degli Smashing Pumpkins, sia per Gish sia per Siamese Dream.
Oltre alla band di Billy Corgan, però, grazie alla produzione di Vig, hanno trovato il successo anche tre giovani scapestrati, che venivano da un album ancora poco compreso: Bleach.
Il produttore statunitense ha più volte parlato delle registrazioni, descrivendo il clima in cui si riunivano, con aneddoti ed episodi bizzarri.
TALENTO SPORCO
Kurt Cobain, Krist Novoselic e Chad Channing, la formazione reduce da Bleach, che dopo aver raccolto sporadici elogi dalla critica, senza un parallelo riscontro dal fronte vendite, si sforzava di far quadrare il proprio sound per fare il salto di qualità.
Il primo incontro tra Vig e la band non fu proprio idilliaco. Il proprietario degli studi racconta di essersi trovato davanti a dei ragazzi che non facevano una doccia da quattro, cinque giorni e in perenne ricerca di amici disposti ad ospitarli per la notte. Eppure qualcosa lo colpì. Vide in loro un talento embrionale pronto ad esplodere, già presente nel primo disco, ma nemmeno lui immaginava la risonanza che avrebbero avuto.
Nirvana – Negative Creep (Bleach, 1989)
https://www.youtube.com/watch?v=xUgI2h35Pcc
UN MONDO NASCOSTO
Kurt non era un qualunque ragazzo di Aberdeen. Aveva un fascino magnetico ed era molto concentrato sul suo obiettivo, che era quello di parlare a tutti attraverso le sue canzoni. Furono queste sue caratteristiche a colpire Butch Vig, come racconta lui stesso.
Tuttavia, a rendere speciali i brani dei Nirvana, era il mondo interiore in cui Cobain era solito rifugiarsi. Durante quelli che i suoi compagni di registrazione definivano “mood swings”, Kurt si chiudeva in se stesso, rendendosi irreperibile a tutti. Poteva rimanere per ore seduto in un angolo, senza parlare, all’esplorazione delle lande sconfinate del suo io. E dopo tante esplorazioni le cose da raccontare sono innumerevoli.
I testi dei Nirvana sono la testimonianza di questo conflitto interiore, insieme alle sonorità graffianti, rauche ed esplosive del disco, che esprime picchi di sensibilità e introspezione nelle ballad.
MUSICA PER TUTTI
Le tematiche trattate nell’album sono condivisibili da chiunque.
Il disco diventa spesso espressione delle frustrazioni di Cobain e dei suoi compagni, che in qualche modo sono le stesse dei giovani americani (ma anche del resto del mondo). Cobain era lo “stramboide” che ce l’aveva fatta. Non solo a raggiungere il successo, ma a trovare un modo estremamente potente di esprimere la propria rabbia, la propria disperazione e di dare alle sue crisi e alla sua depressione una forma forma artistica diretta, senza peli sulla lingua. Arrivando a tutti, nessuno escluso.
I Nirvana hanno raggiunto le vittime del bullismo, le persone che si sentivano inadeguate e hanno avuto un impatto culturale di una profondità tale che non è facile esprimere a parole. Ci è riuscito Michael Stipe nel discorso introduttivo per l’ingresso dei Nirvana nella Rock n’ Roll Hall of Fame, nel 2014. Lo trovate su youtube. Ne vale la pena.
Nirvana – Polly
https://www.youtube.com/watch?v=YHnnWYqq0yw
FEEL THE DRUM(A)
All’epoca del primo incontro con Butch Vig, il batterista dei Nirvana era Chad Channing. Lo stesso produttore ha dichiarato che già all’epoca percepiva segni di frustrazione in Kurt per il modo in cui la batteria non si allineava alle sue aspettative.
Channing figura ancora nelle registrazioni di Polly, che la band aveva iniziato prima di suonare nuovamente live. Quando le strade di Cobain, Novoselic e il loro batterista si separarono, Kurt ebbe l’opportunità di vedere Dave Grohl suonare con i suoi Scream a San Francisco. Colpito dalla sua energia lo invitò a Seattle per delle prove. In poco tempo nacque l’intesa che portò Grohl a suonare con i Nirvana a Washington nel 1990. Il resto è storia.
Con un batterista di quel calibro, potente e con il ritmo giusto, la band alza l’asticella.
Nirvana – Smells Like Teen Spirit
https://www.youtube.com/watch?v=hTWKbfoikeg
SEMINALE
Brani semplici, senza virtuosismi, ma di una potenza inaudita. Nevermind abbatte ogni tipo di muro e raggiunge le folle di giovani che ascoltandolo scuotono il capo, si scatenano, e nel mentre si sentono compresi.
Smells Like Teen Spirit diventa l’urlo di una generazione: è un brano pop con le chitarre a tutto volume, un riff ipnotico e un testo semplice, ma impegnato. Un cocktail perfetto, rimasto fresco per trent’anni, e chissà per quanto tempo ancora.
In Bloom è un attacco alle persone plasmate dal machismo imperante della società contemporanea, schierandosi a favore delle vittime del bullismo.
Con Breed, oltre ad una svolta dal punto di vista stilistico, Kurt da voce ai pensieri di tutti coloro che si sentono intrappolati in una vita che non desiderano. Guidati dalle imposizioni della società è facile lasciare che le proprie scelte vengano incanalate per conformarsi. Breed è la prova che si possono puntare i piedi e urlare “no!”, con convinzione e nel pieno esercizio dei propri diritti.
Per la maggioranza delle tracce, Nevermind ti afferra per le spalle e ti scrolla, ti prende a schiaffi intimandoti di svegliarti. Ma non c’è solo questo. Le urla sono il risultato delle paure che Cobain coltivava dentro di sé, sono di disperazione, di frustrazione. Ed è per questo che è facile immedesimarsi.
Magistrali anche le canzoni più morbide, come Polly che per le sonorità potrebbe sembrare un pezzo soft, ma racconta il rapimento e lo stupro di una quattordicenne al rientro da un concerto a Tacoma. Poi c’è Something in the Way, la ballad del disco, che chiude il lavoro mettendo il fiocchetto, raccontando i problemi giovanili di Kurt, quando lasciò la sua famiglia.
Alcuni di questi pezzi sono poi stati suonati nello splendido live unplugged registrato a New York per Mtv. Un’esibizione di estrema bellezza, che conferisce una chiave acustica a questi brani così potenti, senza perdere in efficacia.
Oggi, come trent’anni fa, questo album continua ad essere fonte di ispirazione per chiunque. Per coloro che si cimentano nel mondo della musica, ma anche per quelli che con la musica non hanno nulla a che fare. Nevermind è di diritto una pietra miliare, uno spartiacque senza epoca che ha tolto l’etichetta di genere di nicchia al grunge, rendendolo un fenomeno di portata mondiale. È un lavoro accorato che ancora oggi parla a tutti in modo attuale, spassionato e indiscriminato.
Un album così esce una volta ogni trent’anni.
Autore: Wes Candela
(CC BY-NC-ND 4.0)