Current track

RIVOLUZIONE CLASSICA (REPLICA) con ATTILIA KIYOKO CERNITORI

RCA - Radio città aperta

RIVOLUZIONE CLASSICA (REPLICA) con ATTILIA KIYOKO CERNITORI

Il fantasista taciturno compie 43 anni

Il fantasista taciturno compie 43 anni

Di Matteo Giacchè

Di generazione in generazione la storia si ripete, e la frase che più spesso sentiamo pronunciare da chi è più in là di noi con gli anni è “il calcio di oggi è diverso rispetto a quando ero giovane io”. Ed è vero.
Oggigiorno gran parte della scena è occupata dalla comunicazione, dall’immagine e dagli sponsor. È (quasi) sempre stato così, per carità. Ma con le nuove tecnologie e i social la questione sembra aver preso il sopravvento.

Forse siamo solo nostalgici, ma nel calcio di qualche decennio fa c’era qualcosa di più romantico.

Forse non è nemmeno che siamo nostalgici. Magari è una questione di percezione dovuta a tanti fattori.

Forse stiamo solo invecchiando.

Nel giorno del suo quarantatreesimo compleanno vogliamo omaggiare uno di questi romantici che ci hanno fatto innamorare del fútbol. Uno di quei casi in cui la storia non si ripete, perché di giocatori così non è detto che ne nascano nelle generazioni venture.
Nato nel 1978 a San Fernando, in provincia di Buenos Aires, ha sempre fatto parlare di lui per le sue prestazioni sul campo, senza mai cedere un centimetro davanti alle telecamere, conservando la sua personalità e rispettando sempre le proprie scelte, anche a costo di risultare impopolare.

Ognuno ha i suoi tempi

Introverso e taciturno, espressione sorniona, tempi compassati e una tecnica stellare. Juan Román Riquelme arriva diciassettenne al Boca Juniors nel 1995. Lo chiamano El Mudo, tanto è silenzioso. Ma trova presto il modo di esprimersi, facendo parlare i suoi piedi.
Ci mette un po’ ad ingranare, rimane spesso seduto in panchina. È giovane, ma non spicca per prestanza fisica ed ha ancora tanta strada da fare.

25 ottobre 1997. Buenos Aires, Argentina, Stadio Monumental. Va in scena River Plate – Boca Juniors.
In campo scende anche il numero 10. No, non Riquelme. Non ancora. In quegli anni a indossare la «Diez» c’era il dio del calcio in persona: Diego Armando Maradona.
Il Boca vince 2-1 dopo essersi trovato in svantaggio. Nella ripresa El Pibe de Oro viene sostituito. Al suo posto entra El Mudo, Riquelme.
L’apporto alla partita non è ancora decisivo come le prestazioni che sfoggerà in futuro, ma è bello pensare che l’ultimo giocatore a sostituire Maradona sia stato Román. Sì, perché dopo quel derby, La Mano de Dios lascia il calcio giocato.

El Nueve y El Diez

Gran parte delle magie sudamericane di Riquelme è segnata dai gol di Martín “el loco” Palermo.
Massima espressione del detto “gli opposti si attraggono”, i due hanno formato un’accoppiata esaltante. L’estetica di Román e l’irruenza di Martín. Il Boca di quegli anni era bello, bello in modo assurdo. Era in possesso di un passpartout per le difese avversarie che portava i nomi Riquelme-Palermo.
I due erano poesia e frastuono, grinta e delicatezza. Román accarezzava il pallone con l’esterno del piede, ammaliava tutti tenendo sempre gli avversari lontani dalla sfera. La sua protezione palla era sublime. E mentre i presenti ammiravano incantati, ecco la sberla di Martín Palermo, che col pallone aveva un rapporto totalmente diverso, fatto di calcioni, testate e maltrattamenti.

https://www.youtube.com/watch?v=1BpxxlWjxms

Per un ragazzino che trovava le partita in notturna su canali televisivi improbabili, vedere quelle magie, in un paese così lontano, in uno stadio come La Bombonera, era affascinante.
Il tifo assordante, i rotoli di carta igienica ovunque, la passione e l’ardore messi in campo. Poi ogni tanto, in mezzo al frastuono delle voci urlanti e dei piedi che sbattevano sui seggiolini, un lampo di eleganza, un breve colpo di genio.
Riquelme confeziona, Palermo insacca. Quel dieci sulla casacca giallo-blu sembrava concepito per lui. Il numero del fantasista. E Román lo onorava con le sue giocate. Anche con quelle più semplici, perché un genio si distingue da come tocca il pallone.

Con queste stesse caratteristiche il Boca Juniors si presenta a Tokyo la notte del 28 novembre 2000, per la Coppa Intercontinentale.
Di fronte al real di Roberto Carlos, Guti, Figo e Raul, il timido ragazzo di San Fernando scende in campo a testa bassa, con umiltà. Dopo due minuti arriva già la prima zampata di Palermo, imbeccato da un bel cross di Delgado. Román continua a dispensare calcio con la solita pacatezza, alza lo sguardo quando deve illuminare il gioco, e per mandare in porta il suo numero nueve con un lancio di quaranta metri. 2 a 0 dopo cinque minuti.
All’undicesimo Roberto Carlos accorcia, facendo temere una remuntada del Real. Ma i giocatori Xeneizes corrono all’impazzata, sono dappertutto, e quando il pallone è tra i piedi del loro numero dieci, la lotta contro i blancos non sembra per nulla impari.

Davide batte Golia. Il Boca Juniors è campione del mondo.

Boca Juniors – Real Madrid 2-1 (2000)
https://www.youtube.com/watch?v=xg3woruGyY8

Yellow Submarine

Due anni dopo, è il Barcellona di Van Gaal ad assicurarsi le prestazioni dell’argentino. Il club blaugrana sborsa undici milioni e mezzo, ma l’amore tra il giocatore e l’allenatore olandese non sboccerà mai.
Il tecnico lo schiera spesso fuori ruolo, e Román fatica ad incidere. Qualche scintilla qua e là, trenta apparizioni e appena tre reti.
È con il Villarreal che Riquelme sfoggerà prestazioni degne del suo nome, dopo un altro anno di alti e bassi. Con il sottomarino giallo ritroverà continuità. Pellegrini gli consegna le chiavi del centrocampo, e lui risponde sfornando quindici gol e undici assist. Questa volta a beneficiare del suo genio c’è Diego Forlan, e il Villarreal si piazza inaspettatamente al terzo posto. L’anno successivo giocherà la Champions.

La cavalcata europea del piccolo club spagnolo nella stagione 2005-06 è entusiasmante.
I giocatori amarillo superano da primi in classifica un girone che vede sorprendentemente eliminato il Manchester United. Agli ottavi si impongono sui Glasgow Rangers, e ai quarti di finale eliminano l’inter di Mancini, che dispone di giocatori come Samuel, Veron, Recoba, Figo e Adriano.
Lo fanno su calcio da fermo. Punizione dalla trequarti: Riquelme pennella, la difesa nerazzurra è disattenta, Toldo è in ritardo. Ad avventarsi su quel pallone è Arruabarrena, che di testa mette in fondo al sacco. 1-0 che risponde al 2-1 interista dell’andata. L’inter è fuori, il Villarreal vola in semifinale.
Ad attenderli c’è l’Arsenal di Titì Henry.

Si arriva al Madrigal per la gara di ritorno dopo un sofferto 1-0 d’andata che porta la firma di Kolo Tourè. La partita è spinosa, i Gunners fanno muro e il risultato non si sblocca.
L’occasione arriva a due minuti dalla fine, quando Gaël Clichy atterra José Mari in area di rigore.
Román prende il pallone, lo bacia, lo poggia sul dischetto e prende la rincorsa. Il resto è storia.
L’Arsenal perderà poi la finale contro i Blaugrana di Ronaldinho. El Mudo fallisce il rigore più importante della sua carriera, e di lì a poco terminerà la sua storia d’amore con Pellegrini. Un duro colpo, ma De Gregori lo cantava già dall’82: “non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”. E infatti lo giudichiamo “dal coraggio” di andare dagli undici metri, “dall’altruismo” di giocare per la squadra prendendo botte e calci, “e dalla fantasia” con cui ha acceso le nostre notti di Champions League.

Il rigore fallito in semifinale contro l’Arsenal
https://www.youtube.com/watch?v=ptT9CIsBOQ4

Habitat naturale

Due anni dopo Riquelme viene accolto di nuovo alla Bombonera, con la solita passione che contraddistingue i tifosi Xeneizes. Si riprende il numero 10 e ritrova Martín Palermo. Trionfa nell’apertura del 2011-12, e raggiunge il secondo posto nella Copa Libertadores di quello stesso anno, quando poi annuncia il ritiro dal Boca, per andare a chiudere la carriera con l’Argentinos Juniors.

Riquelme è stato, per i ragazzini di quell’epoca, il fantasista più puro che abbia mai calpestato un campo di pallone. Silenzioso, sotto i riflettori solo per le sue giocate, con la maglia numero dieci a far sognare chi dava i primi calci ad un pallone. Non contava apparire, ma far parlare il campo. E lui l’ha fatto parlare quel rettangolo verde, con classe, eleganza e tanta efficacia.
Introverso, sì, ma con un carattere granitico e una tecnica fuori dal comune. Oggi rappresenta un tipo di calcio che non c’è più, ma è ancora un grande esempio per i giovani che iniziano a calpestare i campi dei campionati professionistici.

Buon compleanno Román. Grazie di tutto.

Pubblicato il: 24/06/2021 da Matteo Giacchè