Iron Maiden
Nella parte est di Tokyo, sulle rive del fiume Sumida, si estende il piccolo quartiere di Ryōgoku.
Una passeggiata per le strade di questa piccola zona può riservare delle sorprese, come vedere grossi omoni in kimono in pausa dai loro allenamenti ammazzare il tempo seduti davanti al rumore infernale delle macchine del pachinko, o camminare per le strade, in attesa di tornare nel dojo dove praticano lo sport nazionale: il sumō.
Alcune delle tradizioni più radicate nel paese del Sol Levante trovano il loro centro di conservazione in quest’area, dove si può anche gustare il cibo tipico di questi particolari lottatori, in uno dei tanti ristoranti che offrono il Chanko Nabe: ci si siede al tavolo davanti ad un pentolone pieno di brodo, si ordinano le pietanze e si attende che queste arrivino crude, e in quantità tanto grandi da essere quasi scoraggianti.
Un quartiere così non poteva che essere la culla dello stadio nazionale di sumo: il Ryōgoku Kokugikan – dove vengono disputati i maggiori tornei di questo sport – che ogni anno vede migliaia di giapponesi, e turisti curiosi, affollare il palazzetto per assistere ai combattimenti.
Questo stesso edificio, però, è spesso teatro di eventi a sfondo culturale, come i concerti.
il 4 maggio del 2016 gli ospiti di questo stadio furono gli Iron Maiden di Bruce Dickinson.
Nel tardo pomeriggio, l’atmosfera del quartiere era elettrica. La faccia inquietante di Eddie the Head affollava le maglie nere dei fan che, in perfetto stile giapponese, si radunavano ordinatamente davanti alle entrate, in attesa di prendere posto nel palazzetto.
Mi misi in fila insieme alla mia amica P., in visita da Sendai, e iniziai a godermi il contrasto tra l’aspetto tradizionale dell’edificio, delle statue e delle decorazioni a forma di lottatori di sumo, e le maglie degli Iron Maiden, le borchie e i giubbotti in pelle nera indossati dai paganti.
Iron Maiden – Fear of the Dark, live at Ryogoku Kokugikan
https://www.youtube.com/watch?v=fD7EQziEX7s
Gli spalti dello stadio gremiti, il ring centrale adibito a pit, sul quale però c’erano allineate diverse file di sedie, perché i posti più costosi in Giappone non sono fatti per pogare, ma per godersi ogni singola nota, ogni urlo, ogni mossa e ogni goccia di sudore della band da vicino.
Il concerto fu bellissimo. Io e P. eravamo parecchio lontani, ma l’atmosfera era magica, e i Maiden sul palco sanno come infiammare il pubblico.
Va bene. Si potrebbe pensare che io sia di parte, perché vedere un concerto in una simile cornice aggiunge troppe emozioni positive all’esperienza.
Ebbene, due anni dopo ero pronto a partire per Firenze per assistere al concerto di Ozzy. Avevo già il biglietto e il viaggio organizzato. Scelsi lui perché avevo già avuto il piacere di vedere Bruce Dickinson e compagni due anni prima a Tokyo. Poi però mi contatta un’amica:
– non posso più andare a Firenze per gli Iron Maiden. Lo vuoi il biglietto a metà prezzo? –
ed è andata per un due giorni.
Prima di loro salirono sul palco i Judas Priest, che con Painkiller in chiusura mossero la folla alle lacrime, con persone che sulla coda del brano si abbracciavano con gli occhi gonfi e i volti paonazzi. Poi gli Avenged Sevenfold, col loro miglior repertorio e un’ottima presenza scenica. Infine gli Helloween, anche loro storici ed estremamente evocativi.
Tre esibizioni bellissime. Tre concerti che da soli sarebbero comunque valsi il prezzo del biglietto.
Poi arriva il loro turno.
Basta poco più di un minuto.
Parte il celebre intro con la voce di Churchill nel discorso proclamato nel 1940. Poi, sulle note di Aces High e tra le urla di gioia e furore del pubblico, Bruce Dickinson entra con la sua voce mai scalfita dal tempo, sormontato da un aereo e con indosso gli occhiali da pilota (suo secondo mestiere). Nel corso della serata si toglie anche lo sfizio di cantare qualche pezzo impugnando un lanciafiamme. Funzionante.
Un muro di suono travolgente, una carica adrenalinica indescrivibile, il palco sembrava occupato da cento musicisti.
L’asticella era sorprendentemente più alta dei concerti precedenti.
Iron Maiden al Firenze Rocks del 2018
https://www.youtube.com/watch?v=CiqU6p2p4AE
Vedere i Maiden dal vivo è un’esperienza che va al di là del semplice concerto. È un vero e proprio show. Hanno pochi rivali, ma non dimentichiamoci che questo è anche merito della bellezza dei loro brani.
Se è vero che i loro live sono tra i migliori, si può dire altrettanto della loro discografia.
Nei primi cinque anni di attività pubblicano cinque capolavori: Iron Maiden (1980), Killers (1981), The Number of the Beast (1982), Piece of Mind (1983) e Powerslave (1984).
In un solo quinquennio hanno già dato un contributo enorme.
Il buongiorno si vede dal mattino, e dunque aprono il loro disco d’esordio con Prowler e Remember Tomorrow. dopo averlo presentato con due singoli del calibro di Running Free e Sanctuary.
Iron Maiden – Prowler
https://www.youtube.com/watch?v=7DcVwd31uC0
I loro album sono costellati di capolavori e brani ben scritti, e da Piece of Mind iniziano anche ad essere più complessi.
In tutta la loro carriera traggono spunto dalla letteratura di diversi paesi, ispirandosi ai racconti di Edgar Allan Poe, di Miyamoto Musashi, fino al capolavoro reinterpretativo di The Rime of the Ancient Mariner di Samuel Taylor Coleridge.
Anche la Bibbia, la mitologia e la storia trovano spazio nelle loro canzoni, che non sono mai banali e lasciano aperte le più disparate interpretazioni.
Dopo il quintetto iniziale raggiungono il successo internazionale e non hanno più nulla da dimostrare, ma non perdono l’ispirazione. Continuano a sfornare album completi, ben composti e interpretati alla grande nei loro concerti. Fino al culmine nel capolavoro del 1992.
In quell’anno Sarajevo è assediata dalle truppe bosniache, viene dichiarata la fine della Guerra Fredda, la Spagna ospita le olimpiadi a Barcellona, in Svezia si tiene l’europeo vinto dalla Danimarca e in Gran Bretagna esce Fear of the Dark.
Iron Maiden – Fear of the Dark
https://www.youtube.com/watch?v=J0N1yY937qg
Un tour con lo stesso nome porta in giro questo album epocale, che era stato anticipato dalle release di Be Quick or Be Dead, From Here to Eternity e Wasting Love.
Il disco denuncia gli scandali politici del mercato azionario, nella opening track, e la Guerra del Golfo in uno dei brani più belli della loro carriera: Afraid to Shoot Strangers.
Punta i riflettori sulle carestie e le catastrofi che avvengono lontane dall’attenzione mediatica, nell’indifferenza della gente, in Childhood’s End e sulle paure legate all’AIDS in Fear is the Key.
Ma c’è anche un lato più sentimentale: Wasting Love è una splendida canzone d’amore, mentre la title track, che conclude questo lavoro impeccabile diventando uno dei brani più rappresentativi della loro produzione, racconta le paure e le paranoie dell’animo umano.
Anche dopo l’uscita della loro opera massima, i Maiden non si fermano. La loro carriera continua, per altri trent’anni, con concerti eccezionali e con altri sette album, l’ultimo dei quali uscito nel 2015 con il titolo The Book of Souls.
Anche in questi lavori ci sono picchi di qualità, che dimostrano la bravura di questi compositori e musicisti.
La pandemia li ha costretti ai box sul fronte concerti. Ma chissà, magari a breve riusciremo a vederli di nuovo sul palco. Nel frattempo abbiamo più di quarant’anni di carriera e trentacinque anni di dischi da ascoltare e riascoltare, per trovare ogni volta particolari nuovi ed emozionanti.
Gli Iron Maiden sono i vincitori del #SondaggioRCA
IronMaidenO2_270517-25 – foto Raph_PH
https://www.flickr.com/photos/raph_ph/34856
(CC BY 2.0)