L’altro 11 settembre: nel 1973 il golpe di Pinochet in Cile
“Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano, ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento”. (Salvador Allende)
di Karol Lapadula
L’11 settembre è una data che non solo richiama alla memoria i terribili attentati di New York, poiché è anche il giorno in cui, nel 1973, avvenne il golpe in Cile: i militari, con l’appoggio degli Stati Uniti, spodestarono l’allora presidente eletto democraticamente Salvador Allende, per sostituirlo con il generale Augusto Pinochet, che rimase al potere instaurando una violenta dittatura fino al 1990.
Quarantotto anni fa, dunque, i carri armati invasero le strade di Santiago dirigendosi verso la Moneda, il Palazzo presidenziale. In quella occasione Allende non scappò, ma decise comunque di non consegnarsi a quelle forze di cui non riconosceva la legittimità (si suicidò).
Di seguito, il celebre discorso che Allende rivolse al suo popolo prima di morire, e che venne trasmesso dall’emittente radiofonica del Partito Comunista cileno, Radio Magallanes, prima che quest’ultima fosse distrutta dai golpisti:
Quando alla guida del Cile c’era Allende, si varò la riforma agraria e si procedette alla nazionalizzazione di diverse produzioni, ma in quegli anni il Paese subì il boicottaggio da parte degli Stati Uniti, per cui l’inflazione salì vertiginosamente e si susseguirono diversi disordini e numerose proteste, specie da parte delle frange più povere della popolazione.
Con l’instaurazione della dittatura di Pinochet, migliaia furono le persone torturate ed anche fatte sparire: si calcola che il fenomeno dei desaparecidos coinvolse circa 40.000 vittime, di cui 2.000 morti accertati e 38.000 scomparsi.
Il 16 ottobre 1998, l’ormai ex presidente cileno Pinochet, che si trovava a Londra per accertamenti medici, venne arrestato e posto ai domiciliari, in attesa dell’esame della richiesta d’estradizione avanzata dal giudice spagnolo Baltazar Garzón, che aveva aperto un’inchiesta per le pratiche sistematiche della tortura commesse sotto il governo militare da lui presieduto.
La Camera dei Lord stabilì, in due distinte sentenze nel novembre 1998 e nel marzo 1999, che Pinochet non era coperto da immunità in quanto ex capo di Stato per atti di tortura commessi dopo l’entrata in vigore della Convenzione contro la tortura.
Nel gennaio 2000, tuttavia, l’allora segretario agli Interni del Regno Unito Jack Straw autorizzò Pinochet a rientrare in Cile per motivi di salute, ponendo dunque fine alla procedura di estradizione.
Il governo del presidente Eduardo Frei Riuz-Tagle seguì tutte le strade percorribili per favorire il rilascio di Pinochet, impedirne il processo in Spagna e ottenerne il ritorno in Cile, in nome della sovranità nazionale, del diritto dei cileni a fare i conti col proprio passato e della riconciliazione nazionale.
A seguito del suo rientro in patria Pinochet venne sottoposto a numerosi procedimenti legali davanti ai tribunali cileni, fino alla sua morte avvenuta per infarto mentre era agli arresti domiciliari nel 2006 (aveva 91 anni).
Fonte immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Salvador_Allende_en_discurso.jpg. Autore: Che Mella. Licenza: Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0).
Pubblicato il: 11/09/2021 da Skatèna