Il Corriere lancia la “caccia al putiniano”: la degenerazione definitiva della stampa italiana
Un articolo pubblicato sul Corriere della Sera dimostra in maniera definitiva come l’informazione, in Italia, sia pesantemente schierata ed “embedded”: nel voler additare al pubblico i “putiniani d’Italia”, quello che era il più importante quotidiano del paese rivela di essere esso stesso schierato in prima linea.
di Alessio Ramaccioni
Che la stampa italiana godesse di pessima salute non è certo un mistero: strapotere degli editori, giornalisti sotto ricatto del precariato, “grandi firme” più concentrate nel celebrare se stessi/e che ne contribuire alla crescita del dibattito pubblico, una crisi economica di settore devastante, una gara al ribasso tra testate giornalistiche e pseudo giornali on line che negli anni ha fatto del click baiting il vero obiettivo editoriale di tutti. Durante la pandemia di covid poi c’è stato uno scatto ulteriore verso il basso, con una campagna “no vax/no green pass” che cancellava del tutto la complessità del momento che stavamo vivendo, riducendo nella maggior parte dei casi il dibattito ad un miserevole “vaccino e Green pass bene, no vaccino no Green pass male”. Certo, la composizione dello schieramento del “No” ha decisamente aiutato questa campagna denigratoria costante: tra fascisti, cospirazionisti, terrapiattisti e compagnia varia, era facile evitare di entrare nel merito analizzando, in particolare, alcuni provvedimenti fortemente limitativi delle libertà personali che avrebbero richiesto un confronto di ben altro livello.
Guerra e polarizzazione
Poi è arrivata la guerra: l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina – assolutamente da condannare – ha innescato un meccanismo che appare ormai irrefrenabile ed illimitato. La Russia è il nemico, va combattuta con qualsiasi mezzo, a costo di forzare la Costituzione (come sta avvenendo), la natura e la funzione dell”Unione Europea (come sta avvenendo), persino mettendo a rischio la difficoltosa ripresa economica del paese. Per fare questo bisogna, sostanzialmente, appiattirsi alla visione ed alle scelte degli Stati Uniti espresse attraverso la Nato, che diventa il vero collante politico dell’Europa. Qualunque tentativo di discutere o di analizzare queste posizioni comporta l’inserimento di diritto nella schiera dei “putiniani”. I quali “putiniani” non è che siano del tutto censurati. Vengono invitati nei talk show, citati sulle pagine dei giornali, ma utilizzando un metodo ben preciso: quello che veniva utilizzato con i “no vax” ed i “no Green Pass”, a cui veniva data parola per poi essere messi in ridicolo e demonizzati. Ed infatti, per strappare credibilità a chi critica le politiche italiane e della NATO in materia di guerra, viene denunciata una presunta contiguità con ambienti no vax. Con la differenza che, mentre nel caso del Covid le posizioni contrarie alle campagne vaccinali ed ai provvedimenti governativi erano per lo più portate avanti in maniera improponibile da persone poco credibili (cosa che depotenziava poi l’opposizione basata su elementi invece concreti), in questo caso le voci che si levano contro il “pensiero unico filo atlantista” sono spesso autorevoli: giornalisti, analisti, commentatori politici. Critiche che si basano su fatti, numeri, dati che vengono additati invece come voci “embedded”, asservite a Putin. Quando ad essere vero, spesso, è l’esatto contrario.
L’indagine del Copasir
L’articolo del Corriere della Sera uscito oggi, dal titolo “La rete di Putin in Italia: chi sono influencer e opinionisti che fanno propaganda per Mosca” riprende un’indagine del Copasir, il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, che vuole verificare l’esistenza di una “rete” di disinformazione filo russa attiva in Italia. Il Comitato, presieduto dal senatore Urso di Fratelli d’Italia, sta raccogliendo materiale per capire se le voci che si levano contro le scelte del governo Draghi in materia di guerra – e quindi invio di armi all’Ucraina, invio di militari lungo il “fronte est” dei paesi NATO, aumento delle spese militari, embargo alla Russia – siano o meno coordinate da Mosca. Il Corriere la riprende ed in qualche modo rilancia, parlando dell’esistenza di una rete in grado, addirittura, di “orientare, o peggio boicottare, le scelte del governo”, contando su “giornalisti, politici, lobbisti”. Una rete composta di persone, delle quali vengono fatti nomi e cognomi. Come quelli di Alberto Fazolo, Maurizio Vezzosi e Manlio Di Nucci, che tra l’altro sono intervenuti spesso anche su Radio Città Aperta. Si tratta di persone con competenze ed esperienze tali da metterli in condizione di esprimere opinioni, che possono essere più o meno condivise. L’articolo del CorSera invece sembra voler fare qualcosa di diverso: sulla falsariga dell’indagine in corso sembra voler sottolineare già come elemento scontato l’esistenza di una “rete” filo putiniana, che si attiva quasi ad orologeria quando, ad esempio, l’andamento della guerra lo richiede. E’ la traccia che sta seguendo il Copasir, ma che non è per forza vera: ipotesi, che andrebbero presentate come tali, deontologicamente parlando.
Pro Putin / Pro Nato: chi è arruolato con chi?
Anche perchè, per affermare che esista una rete a sostegno della Russia attiva in Italia, occorrerebbe presentare delle prove. Collegamenti, scambio di comunicazioni, bonifici, invio di danaro: tutto quello che serve a dimostrare l’esistenza di un rapporto diretto tra un committente e degli esecutori. Altrimenti si tratta di illazioni, volte a mettere ala gogna l’espressione del pensiero di chi ha idee diverse. E la guerra in Ucraina ha innescato esattamente questo: una furiosa aggressione a chi non pensa che le scelte di Draghi siano giuste, che l’Occidente abbia ragione comunque e che si possa dividere il mondo in “buoni e cattivi”. Che poi, a pensarci bene, è il metodo con cui gli Stati Uniti agiscono da settant’anni, e con il quale hanno commesso i peggiori crimini contro l’umanità in giro per il mondo. Con l’Italia, fedele alleato, al seguito. Sostenere che sia in atto uno scontro tra la NATO e la Russia, e per NATO si intendano gli Stati Uniti, vuol dire essere “putiniani”? Sostenere che siamo di fronte all’inizio della resa dei conti tra chi ha dominato il mondo negli ultimi trent’anni e chi vuole ora la sua parte vuol dire essere “putiniani”? O vuol dire fotografare la realtà? L’Italia, in tutto questo, è inevitabilmente arruolata, inutile negarlo ingenuamente. Ma essere giornalisti vuol dire anche evidenziare le contraddizioni del sistema e raccontarle: anche quelle fastidiose, che possono creare problemi. Non vuol dire di certo appiattircisi sopra, e difenderle a tutela forse di uno “status quo”. Chi è arruolato e con chi? Perchè se abbiamo dei presunti “pro Putin”, abbiamo di certo una schiera infinitamente più numerosa di “pro NATO”, “pro Biden”, “pro USA”.
Pubblicato il: 05/06/2022 da Alessio Ramaccioni