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MAYBE THE NEXT TIME: il nuovo EP di Gabbo | intervista

MAYBE THE NEXT TIME: il nuovo EP di Gabbo | intervista

Di Matteo Giacchè

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In occasione dell’uscita il – 26 novembre per la Rugbeats – dell’EP intitolato “MAYBE THE NEXT TIME”, abbiamo intervistato l’autore Gabbo. 5 brani per quasi 12 minuti di puro funk, che accompagna dalla voce di Ugo Crepa e di altri artisti che hanno collaborato con il bassista, per la realizzazione di un lavoro davvero piacevole all’ascolto.
“MAYBE THE NEXT TIME” segue “I’M IN”, consolidando la collaborazione con Ugo Crepa e aggiungendo ulteriore freschezza, che già era molto presente nel precedente lavoro. Con grande piacere, abbiamo fatto una chiacchierata con Gabbo per sapere di più sul suo nuovo lavoro.

Partiamo dalle collaborazioni. Parlaci un po’ della collaborazione con Ugo Crepa, visto che è il secondo EP che fai con lui. E poi anche degli altri artisti che hanno collaborato con te in questo lavoro.

Come dicevi tu, anche il primo EP è stato in collaborazione con Ugo Crepa, che in quel lavoro era l’unica voce. La nostra collaborazione è iniziata prevalentemente perché io e Squarta abbiamo iniziato a seguirlo nel suo percorso professionale. Essendoci trovati bene insieme, sia dal punto di vista artistico che personale, quando ho iniziato il mio progetto da solista, ho pensato subito a lui. Per la sua versatilità nella scrittura e per la freschezza artistica.
Ho capito che avrebbe potuto scrivere in modo easy, proprio quello che cercavo, dal momento che si tratta di un progetto che mette in evidenza il basso elettrico, con sfumature che vanno dal funk, jazz moderno, R&B alla musica black in generale.
E grazie alla collaborazione con Ugo, che è iniziata ormai da circa 4 anni, ho avuto il piacere di conoscere alcuni suoi amici, artisti di Napoli, giovani ma con dei progetti importanti alle spalle, PeppOh, Calmo, Luca Notaro.
In loro ho sentito tanti “colori”, ognuno con caratteristiche vocali diverse, che potevano essere perfetti con la musica che stavo facendo, da alcuni definita Jazz-hop, Funk-hop. Un funk che sposa l’hip-hop col jazz, ecco, una musica che ha tanti colori, che poi sono quelli che mi appartengono da sempre, perché parliamo di quello che ho sempre amato, studiato e ascoltato fin da piccolo grazie anche ai miei genitori.

Infatti ci ho ritrovato molti aspetti tuoi. A parte che si sente l’importanza del basso, ma questo me lo aspettavo già prima di premere play, ed essendo un tuo lavoro non poteva essere altrimenti. Però ecco, c’è una parte funk, una parte rap, ma è molto moderno come approccio. E anche la scrittura di Ugo Crepa, come sottolineavi anche tu, è molto raccontata, che va molto per immagini. È un accostamento che in con il funk in Italia raramente mi è capitato di sentire, quindi ho apprezzato. E lui ha una voce strepitosa.

Sì, lui è fantastico, come del resto gli altri. Grazie a loro ho avuto modo di colorare il mio progetto, lo hanno arricchito, non solo con i testi, ma anche con il suono delle loro voci.
Sono contento perché è nato tutto in modo molto spontaneo. Ci sentivamo per darci input e suggerimenti e poi ognuno ha scritto la propria parte. Dal punto di vista della realizzazione, la parte musicale la curo io, mentre quella più tecnica, mix e master, Squarta, quindi la produzione è a cura di entrambi, che poi è proprio il nostro modus operandi Rugbeats.
Ovviamente ci sono casi in cui io intervengo un po’ nel suo, e lui nel mio. Ognuno di noi ha il proprio compito, ma siamo sempre pronti ad ascoltarci ed aiutarci a vicenda.

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Un po’ ce l’hai anticipato, ma raccontaci un po’ il processo realizzativo di questo EP nello specifico. Hai composto le musiche tu e poi le hai presentate agli altri musicisti, o è stato un processo collaborativo sin da subito?

Di solito io faccio così: sono una persona che ama studiare ed allenarsi sempre, quindi tutti i giorni, quando torno dal RugBeats studio, mi metto a studiare: tecnica, lettura, armonia, non potrei farne a meno.
Cosi, alla fine dei miei studi, che faccio sempre dal tardo pomeriggio fino anche a dopo cena, mi metto un po’ a giocare con lo strumento e butto giù accordi e melodie. Poi inizio a dare una forma dal punto di vista ritmico. Salvo tutto scrivendolo o registrandolo, poi in studio lo propongo a Squarta e da lì inizia la “magia”, perché lavorare con Squarta è sempre magico.
Ovviamente l’arrangiamento definitivo lo facciamo quando abbiamo tutte le registrazioni delle voci, per far sì che musica, parole e metrica si adattino l’una all’altra.
In generale, comunque, la prima produzione è quasi definitiva. Ovviamente non mixata e masterizzata, ma cerco sempre di presentare un lavoro che sia molto vicino al risultato finale, in modo che gli artisti possano lavorare avendo bene in mente quale sia la mia idea. Quindi cerchiamo sempre di consegnare delle basi molto vicine al prodotto finale.

Comunque, questi sono brani che sarebbero belli anche se fossero solo strumentali. È un funk che si fa ascoltare volentieri, e il fatto che ci abbiate aggiunto sopra le voci, con questi testi – con il rap – è molto espressivo della tua personalità dal punto di vista artistico.

Si, anche perché il rap è quello che mi ha dato di più a livello professionale e musicale. Ormai sono 17 anni che faccio parte dei Cor Veleno, quindi quella è una parte imprescindibile di me. Però qui non volevo fare i Cor Veleno, già siamo i Cor Veleno, quindi volevo creare un mondo musicale dove risaltasse il basso elettrico, ovviamente, ma senza renderlo troppo pesante a chi vuole ascoltare musica e non il tecnicismo fine a se stesso. Volevo fare qualcosa che fosse ascoltabile da tutti, non improntato solo sulla tecnica del basso e ai virtuosismi. Queste cose ci sono, ma in piccole dosi, così da rendere il lavoro più facile da processare.
Anche perché questo è un lavoro per il pubblico che mi ha sempre seguito, che è quello del rap, quindi volevo fare qualcosa che desse importanza a questo strumento, che è tutto per me, ma in modo che fosse apprezzabile e digeribile per tutti.

Questo è il secondo EP che fai con Ugo Crepa. Ce lo possiamo aspettare un disco, un LP?

Ma, guarda, potrebbe tranquillamente succedere. L’unico motivo per cui non lo faccio, almeno per ora, è che spesso mi viene voglia di esternare il prima possibile. Questo è un progetto che nasce proprio da un mio bisogno di esternare il mio essere in musica. Perché poi il mio progetto principale è Cor Veleno e tutto ciò che riguarda il lavoro di produzione di Squarta & Gabbo al Rugbeats.
Quindi per i miei prossimi lavori potrebbe uscire un disco, come potrebbe uscire anche solo un singolo. Dipende anche dal periodo in cui mi trovo. Perché quando mi dedico alle produzioni e alla realizzazione dei dischi con i Cor Veleno o altri sono molto preso e magari non ho molto tempo per dedicarmi al mio progetto solista. Quindi è quasi un gioco che mi sono creato per comunicare e dare un po’ evidenza al basso, strumento che per alcuni è anche difficile da individuare quando ascolta musica.

Gabbo – Volevo fare una hit (feat. Ugo Crepa)
https://www.youtube.com/watch?v=thyRsuVhd5w

Con questa formazione avete in programma dei live? È possibile venire ad ascoltarvi da qualche parte?

Inizialmente l’idea non era questa, però in realtà l’occasione si è presentata, perché l’EP sta girando bene e ci è stato chiesto di fare qualche live. Ora, probabilmente il 16 febbraio, faremo una cosa non incentrata su questo lavoro, ma sarà un evento a Napoli, insieme ai ragazzi che hanno collaborato con me, dove proporremo anche qualcosa da questo EP, per dare un primo assaggio di quello che magari, in futuro, potrebbe prendere forma come live di Gabbo.

Visto che hai già anticipato che studi tanto e ti tieni sempre aggiornato, quali sono le tue ispirazioni in generale? E quali sono quelle che hanno influito su questo EP?

I musicisti che più di tutti mi hanno influenzato e continuano a farlo sono sicuramente Jaco Pastorius, Miles Davis e Jimi Hendrix.
Poi posso aggiungere Bootsy Collins – dal periodo James Brown al periodo Parliament, Funkadelick in cui il suono del basso ha avuto una evoluzione a mio parere pazzesca, e poi il maestoso Herbie Hancock, insomma cose che già in fasce ascoltavo in casa e amo alla follia, ma te ne ho citati solo una piccola ma importantissima parte, potrei proseguire ancora.

Invece per quanto riguarda il titolo: come mai questa scelta, “MAYBE THE NEXT TIME”?

Il titolo dell’EP deriva dal fatto che ogni volta che si fa una cosa si pensa ‘beh potevi fare anche quest’altra’ e la risposta è ‘magari la prossima volta!’
Anche Ugo, in “Volevo fare una hit”, esprime un po’ il concetto.

Come traspare dall’intervista, l’aspetto ibrido e poliedrico di Gabbo fuoriesce dalle sue collaborazioni e dalla sua voglia di espressione. La sua somiglianza con quel mostro sacro di Thundercat deriva sicuramente dalla comunanza degli ambienti stilistici musicali frequentati durante la loro crescita professionale. Da 17 anni con i Cor Veleno, le collaborazioni con Mezzosangue e Ugo Crepa, hanno dato a Gabbo un’impronta rap, hip-hop che lui ha saputo combinare alla perfezione con la sua preparazione classica, da musicista di pregiatissima fattura.
“MAYBE THE NEXT TIME” è un ascolto leggero e impegnato al tempo stesso. È un EP che scorre veloce grazie ai racconti di Ugo Crepa e gli altri, che strizza l’occhio agli amanti del tecnicismo musicale, senza annoiare chi preme play per rilassarsi, o muoversi a ritmo.

 


Photo: Claudio Enea

 

Pubblicato il: 29/12/2022 da Matteo Giacchè