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VALORI IN CORSO (REPLICA) con LUDOVICA VALORI

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Antonio Gramsci, l’intellettuale dissidente

Antonio Gramsci, l’intellettuale dissidente

Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione […] vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini. (Antonio Gramsci alla madre, 1928)

 

Antonio Gramsci, tra gli scrittori italiani più citati e tradotti al mondo (anche se la sua opera, in realtà, rimane sconosciuta ai più), è l’intellettuale dissidente per antonomasia: aveva un debole per i classici russi, il suo spirito era ribelle e la sua figura fa discutere ancora oggi.

Nacque ad Ales, in Sardegna, il 22 gennaio 1891 da una famiglia povera, la sua salute era cagionevole e il suo aspetto non proprio grazioso: oltre ad avere una malformazione alla colonna vertebrale, la sua testa, rispetto al resto del corpo, era grossa e sproporzionata. Ma era dotato di grande e vivace intelligenza, e infatti fu militante politico, filosofo, storico, politologo, agitatore culturale, giornalista, studioso della letteratura italiana e linguista.

Sono pessimista con l’intelligenza, ma ottimista per la volontà. 

Fu arrestato da Mussolini l’8 novembre 1926 per “attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all’odio di classe” e imprigionato nell’isola di Ustica.

Il fascismo si è presentato come l’anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo, con la sua promessa di impunità, a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri. Il fascismo è divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia barbarica e antisociale di alcuni strati del popolo italiano, non modificati ancora da una tradizione nuova, dalla scuola, dalla convivenza in uno Stato bene ordinato e bene amministrato.

Purtroppo si trattò della prima tappa di una lunga serie di incarcerazioni. Ma il suo pensiero mai s’arrese, e fu proprio in carcere che partorì la sua più imponente opera, i “Quaderni”, oltre tremila pagine manoscritte che trattano di politica, filosofia, storia e letteratura, e che contengono le risposte ad alcune domande, che ci poniamo ancora oggi, sull’origine dei mali atavici che affliggono la nostra società e il nostro Paese.

Gramsci morì di emorragia cerebrale a Roma a soli 46 anni il 27 aprile 1937. Solo qualche giorno prima, e cioè il 21 aprile 1937, era passato dalla libertà condizionata alla piena libertà.

Il giorno seguente la cremazione si svolsero i funerali, cui parteciparono soltanto il fratello Carlo e la cognata Tatiana: le ceneri, inumate nel cimitero del Verano, furono trasferite l’anno seguente nel Cimitero acattolico di Roma, nel Campo Cestio.

Fu il Cielo a piangerlo, non i compagni di Partito

Fonte immagine in evidenza https://www.flickr.com/photos/home_of_chaos/23513695335
Pubblicato il: 27/04/2020 da Skatèna