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La Giornata Mondiale del Teatro ci ricorda che esso è un luogo di verità da preservare per le generazioni future

La Giornata Mondiale del Teatro ci ricorda che esso è un luogo di verità da preservare per le generazioni future
Diceva il grande Eduardo De Filippo che
“lo sforzo disperato che compie l’uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi significato è teatro”.

Giunge alla 61esima edizione la Giornata Mondiale del Teatro, istituita a Vienna nel 1961 durante il IX Congresso mondiale dell’Istituto Internazionale del Teatro su proposta di Arvi Kivimaa a nome del Centro Finlandese.

Da allora, ogni anno, la GMT viene celebrata dai Centri Nazionali dell’I.T.I. che esistono in un centinaio di Paesi con un messaggio – tradotto in tutte le lingue – scritto da artisti e personalità appartenenti al mondo della cultura: sicuramente si tratta di un’importante occasione non solo per ricordare il ruolo del teatro, ma anche per far apprezzare alle nuove generazioni e a quelle future un’arte nata sì in epoche remote, ma sempre viva e attuale… un luogo magico in cui, a dirla con Gigi Proietti, “tutto è finto ma niente è falso“.

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L’autrice del messaggio internazionale per la GMT 2023 è l’attrice egiziana Samiha Ayoub: esso contiene un forte richiamo ai valori fondativi del teatro rispetto alla comunità globale. Ne riporto un estratto:

  • Il teatro nella sua essenza originaria, è un atto puramente umano basato sulla vera essenza dell’umanità, che è la vita. Come diceva il grande pioniere Konstantin Stanislavskij: “Non entrate mai a teatro con il fango ai piedi. Lasciate la polvere e lo sporco fuori. Lasciate le vostre piccole preoccupazioni, i litigi, le piccole difficoltà alla porta assieme ai vostri indumenti esterni- tutte quelle cose che vi rovinano la vita e distolgono la vostra attenzione dalla vostra arte.” Quando saliamo sul palco, saliamo con la sola vita di un essere umano in noi, ma questa vita ha una grande capacità di scindersi e di riprodursi per trasformarsi in tante vite che diffondiamo in questo mondo affinché esso prenda vita, fiorisca e diffonda i suoi profumi. Quello che facciamo nel mondo del teatro, come drammaturghi, registi, attori, scenografi, poeti, musicisti, coreografi e tecnici -tutti noi nessuno escluso- è un atto di creazione della vita che non esisteva prima di salire sul palcoscenico. Questa vita merita una mano premurosa che la tenga, un petto amorevole che la accolga, un cuore gentile che provi empatia per essa ed una mente sobria che le fornisca ragioni per continuare e sopravvivere. Non esagero quando dico che quello che facciamo sul palco è l’atto stesso della vita, generata dal nulla, come una brace ardente che brilla nell’oscurità, illuminando le tenebre della notte e riscaldando la sua freddezza. Siamo noi che diamo alla vita il suo splendore. Siamo noi che la incarniamo. Siamo noi che la rendiamo vibrante e significativa. E siamo noi a fornire le ragioni per capirla. Siamo noi che usiamo la luce dell’arte per affrontare l’oscurità dell’ignoranza e dell’estremismo. Siamo noi che abbracciamo la dottrina della vita, affinché la vita si possa diffondere in questo mondo. Per questo mettiamo tutto il nostro impegno, tempo, sudore, lacrime, sangue e nervi, per raggiungere questo alto messaggio, per difendere i valori della verità, della bontà e della bellezza, nel convincimento che la vita meriti veramente di essere vissuta. Vi parlo oggi, non così per parlare, e nemmeno per celebrare il padre di tutte le arti, il “teatro”, nella sua giornata mondiale. Vi invito piuttosto a stare insieme, tutti noi, mano nella mano, spalla a spalla, per gridare a squarciagola, come siamo abituati a fare sui palcoscenici dei nostri teatri, per far uscire le nostre parole, per risvegliare la coscienza del mondo, per cercare dentro di noi l’essenza perduta dell’umanità. L’essere umano libero, tollerante, amorevole, comprensivo, gentile ed accogliente, che rigetta questa vile immagine di brutalità, razzismo, di conflitti sanguinosi, di un pensiero unilaterale ed estremista. Gli esseri umani hanno camminato su questa terra e sotto questo cielo per migliaia di anni e continueranno a camminare. Pertanto togliete i piedi dal fango delle guerre e dei conflitti sanguinosi e lasciate questi ultimi all’entrata del palcoscenico. Forse allora la nostra umanità, che si è offuscata nel dubbio, diventerà di nuovo una certezza che ci renderà tutti orgogliosi di essere umani e di essere fratelli e sorelle nell’umanità. È la nostra missione, di noi drammaturghi, portatori della fiaccola della luce, sin dalla prima apparizione del primo attore sul primo palcoscenico, di essere in prima linea nell’affrontare tutto ciò che è brutto, sanguinario e disumano, mettendolo a confronto con tutto ciò che è bello, puro e umano. Noi, e nessun altro, abbiamo la capacità di diffondere la vita. Diffondiamola insieme per il bene di un unico mondo e di un’unica umanità. – Samiha Ayoub

Il settore teatrale italiano, negli ultimi anni, ha dovuto fare i conti con una pesante crisi economica (purtroppo le sovvenzioni statali sono state elargite regolarmente fino alla fine degli anni Novanta) ed ora è in una fase non facile: dati alla mano (forniti dall’ISP – Associazione delle Imprese Stabili di Produzione che raccoglie tra le maggiori imprese stabili di produzione teatrale del nostro Paese), nell’ultimo decennio ha dovuto chiudere i battenti circa la metà delle compagnie presenti sul territorio nazionale.

Ad inasprire tale situazione, anche l’affluenza in calo nelle sale. In molti si stanno dando da fare e non si arrendono, spinti dall’amore e dalla passione, pensando a modi nuovi per proporre gli spettacoli, magari uscendo fuori da vecchi schemi e dai soliti luoghi, facendo in modo che questa forma d’arte non muoia, anzi si adatti alla contemporaneità e ai possibili scenari del futuro, allargandosi ai più e tornando in un certo senso alle origini – che poi, a pensarci bene, così era inteso il teatro della Grecia classica: era per tutti, non certo per una nicchia di eletti!

Il teatro è uno dei più preziosi doni che la cultura classica ci ha lasciato: nell’Atene del V sec. a.C. esso non era dunque privilegio per pochi, ma una grande festa coinvolgente la comunità in toto: una festa religiosa, innanzitutto, parte integrante delle cerimonie in onore di Dioniso (come le Grandi Dionisie e le Lenee). A quei tempi venivano organizzati dei veri e propri festival teatrali, durante i quali si svolgevano delle gare tra i vari autori delle opere. Tragedie, drammi satireschi e commedie venivano votati e poi premiati da un gruppo di giudici, e al concorso prendeva parte anche il pubblico, che era nello stesso tempo spettatore, committente e giudice.

Il teatro svolgeva dunque un importantissimo ruolo collettivo, educativo e politico nella Grecia classica, ruolo che risulta ben evidente nella struttura della tragedia ove il protagonista, che rappresenta le istanze del singolo, si confronta e si relaziona con il coro, portavoce della comunità e dei suoi valori, e in ciò è l’essenza della democrazia ateniese, ove ogni cittadino è chiamato a prender parte alla vita politica. Il teatro era promosso e tutelato dalla polis, dunque, e a chi non poteva permettersi “il costo del biglietto”, la polis dava un aiuto economico coprendone le spese.

Ma il teatro svolge anche e soprattutto un altro ruolo fondamentale: quello della catarsi, della purificazione dell’animo umano, che durante lo spettacolo si trova a doversi confrontare con ciò che provano i personaggi sulla scena, rinvenendo nei loro drammi una forma di consolazione ai mali e alle difficoltà del vivere quotidiano.

Anche per questo, dunque, il teatro è un bene culturale potente e prezioso: è un po’ come un raro farmaco prodigioso, e come tale va difeso, tutelato, protetto, tramandato, affinché anche le generazioni future possano trarre vantaggio dai suoi innumerevoli e miracolosi effetti benefici.

 

Pubblicato il: 02/04/2023 da Skatèna