11 Settembre, the day after.
di Giovanna Montalbano
Sono trascorsi venti anni da quell’atroce Undici Settembre che aprì questo nuovo millennio e, come presagio, annunciò i cambiamenti epocali a cui stiamo assistendo. Al Qaeda decise di colpire al cuore il potere americano con il dirottamento e lo schianto di quattro aerei di linea, uccidendo tremila persone e ferendone oltre sei mila.
Sono trascorsi venti anni da quel giorno e da allora il CONFLITTO, come contrasto e opposizione, ha trovato spazio vivo in molte narrazioni, stimolate dalla lacunosa versione ufficiale, con la intenzione di condurci alla verità, ma si sa che la verità è il peggior nemico della guerra, e sempre gli interessi dei protagonisti necessitano di storture e oscuramento, forse, allora e più saggiamente, occorrerebbe tentare di guardare gli effetti che questo accadimento ha generato o più semplicemente incoraggiato, se si vuole osservare con profondità la partecipazione di ogni coinvolto, di ogni responsabile, perché le uniche vittime sono i civili che hanno perso la vita o il futuro, quel giorno e in questi venti anni, a causa delle scellerate politiche statunitensi.
Il Conflitto è stato l’attore più grande di questi tempi incerti: il pragmatismo politico americano che mortifica etica e morale ha portato distruzione e guerre, e la informazione dominante autoproclamatasi attendibile e sincera, ha diffuso informazioni talvolta poco chiare, ma utilissime alla spettacolare propaganda statunitense, contribuendo in maniera determinante alla deriva sentimentale collettiva di questo “odio ammazza odio”.
Quello che però abbiamo potuto vivere dopo quel giorno è ancora qui, in questo presente difficile, e non serve conoscerne i dettagli più reconditi per poterlo analizzare con coscienza: gli americani hanno deciso, vista la loro incapacità di dirigere il Mondo, di controllarlo con qualunque mezzo e a qualunque costo:
hanno dichiarato guerra al terrorismo, occupando militarmente il territorio afgano, causando 240 mila morti ufficiali, spendendo 2,26 trilioni di dollari.
Hanno attuato misure extralegali come il Patriot Act che gli ha permesso di controllare i dati sensibili di miliardi di persone (inclusi personaggi pubblici), che col terrorismo non avevano nulla a che fare; e le catture clandestine di terroristi o presunti tali, detenuti illegalmente in black site, sparsi in tutto il globo: Guantanamo, Abu Ghraib e Bagram, sono i più conosciuti, ma campi di prigionia sono presenti in Europa dell’Est, Pakistan, Thailandia, e Medio Oriente e si stima che siano 54 gli aeroporti disponibili all’atterraggio degli aerei che trasportano detenuti fantasma, tutti in luoghi che ufficialmente non approvano le sevizie che accadono all’interno di quelle mura, e in luoghi che si proclamano nemici acerrimi degli Stati Uniti.
Hanno dichiarato guerra all’Iraq adducendo false motivazioni e causando la morte di un milione e duecentoventunomila esseri umani, per una spesa complessiva di millesettecento miliardi di dollari.
Gli strascichi di questa inconcepibile brutalità sono visibili e dolorosi: non sappiamo quanti uomini sono morti nei campi di prigionia ma abbiamo la certezza che nessuno di loro ha avuto un trattamento degno di un essere umano, un processo e una sentenza. Sappiamo che sono circa otto milioni gli sradicati afghani tra sfollati interni e rifugiati, e oltre 5,8 milioni gli iracheni. Sappiamo che queste guerre hanno provocato forte instabilità nelle relazioni tra i Paesi medio orientali, inasprito il conflitto civile in Siria causando centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati, che hanno spronato la violenza jihadista e peggiorato i rapporti tra arabi e curdi, e sciiti e sunniti.
Sappiamo che hanno generato la più terribile crisi di rifugiati in Europa, dalla Seconda Guerra Mondiale, e che né gli Stati Uniti, né i loro complici hanno ancora pagato per tutto questo, e forse non pagheranno mai!
Pubblicato il: 12/09/2021 da Giovanna Montalbano