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RIVOLUZIONE CLASSICA (REPLICA) con ATTILIA KIYOKO CERNITORI

RCA - Radio città aperta

RIVOLUZIONE CLASSICA (REPLICA) con ATTILIA KIYOKO CERNITORI

Brasile: Amazzonia, terre indigene ed esplorazione. Cosa c’è dietro l’offensiva del Governo nei confronti dei popoli originari

Brasile: Amazzonia, terre indigene ed esplorazione. Cosa c’è dietro l’offensiva del Governo nei confronti dei popoli originari

Intervistato da Radio Città Aperta, il Presidente del Consiglio Indigenista Missionario del Brasile, Dom Roque Paloschi, denuncia la situazione delle popolazioni indigene in Brasile e commenta il caso giudiziario che potrebbe definire il futuro delle terre indigene nel paese

05/12/20 – Thais Palermo Buti

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Dopo 22 anni di attesa, popolo Yanomami festeggia lo sgombero dei fazendeiros dalla Terra Indegena nella regione di Ajarani, Roraima, lo scorso maggio. Foto: Mário Vilela / Funai

Quando parliamo di diritti degli indigeni, parliamo di diritto alla terra. Ecco perché la decisione della Corte Suprema Federale, che dovrà giudicare l’Appello Straordinario 1.017.365 in merito al processo di recupero di proprietà avviato dalla Regione di Santa Catarina contro il procedimento in corso per la demarcazione del territorio indigeno Ibirama-Laklanõè è così importante. Il caso è stato riconosciuto come avente “ripercussione generale”, e quanto sarà deciso lì detterà legge per tutte le future delimitazioni.

Il processo, inizialmente previsto per lo scorso 28 ottobre, è stato rinviato a data indefinita. Un vero colpo per i leader indigeni, le organizzazioni e i movimenti che da mesi si mobilitano in attesa della storica decisione. Il rinvio rappresenta una vittoria del governo Bolsonaro, in quanto coincide con l’ingresso nella Corte Suprema del Ministro Kassio Nunes, notoriamente contrario alla difesa dei diritti originari. Nunes è entrato in carica il 5 novembre, in sostituzione del ministro Celso de Mello, andato in pensione. Quindi, aumenta il rischio che la linea di governo – in linea con la tesi del “quadro temporale” – che assoggetta il riconoscimento dei diritti alla presenza fisica dei popoli indigeni nelle loro terre nell’ottobre 1988 – sia approvata.

Se dovesse passare la tesi difesa dal governo, che è la stessa dei ruralisti e di tutti coloro che beneficiano del depredamento e dello spoglio delle terre indigene, potremmo assistere ad un vero e proprio “spargimento di sangue”, nelle parole di Dom Roque Paloschi, presidente Consiglio Indigenista Missionario (CIMI) e Arcivescovo di Porto Velho, in un’intervista a Radio Città Aperta. Per Dom Roque, ciò che sta dietro il caso di ripercussione generale è un evidente tentativo di violare la Costituzione Federale del 1988 per facilitare lo sfruttamento delle terre amazzoniche, dove si concentra la maggior parte delle popolazioni indigene, e che sono state “occupate, saccheggiate, depredate, avvelenate”, per scopi commerciali – dai taglialegna e cercatori d’oro, ai grandi progetti dell’agrobusiness e dell’industria mineraria per l’esportazione di commodities e minerali.

Abitanti delle terre amerindi per millenni, le popolazioni indigene latinoamericane vivono, fin dall’invasione degli europei del XV secolo (chiamata erroneamente “scoperta”), una “storia di sofferenza, umiliazione e violazioni“, afferma Dom Roque. Ragione per la quale lo Stato brasiliano, attraverso la Costituzione del 1988, si è impegnato a “pagare questo debito storico nei confronti dei popoli originari, riconoscendo le loro terre tradizionali“. E ora, una volta ancora, lo Stato stesso volta le spalle ai popoli indigeni, che si battono per preservare l’idea di indigenato, istituzione giuridica luso-brasiliana risalente all’epoca coloniale e che è stata riconosciuta dalla Costituzione del 1988.

Essendo un diritto congenito, diverso quindi dall’occupazione che è un diritto acquisito, l’indigenato è legittimo in sé, e non dipende da una legittimazione. Da qui le argomentazioni sofiste dei difensori della tesi del quadro temporale, che intendono invece vincolare i diritti congeniti dei popoli indigeni a circostanze di carattere spazio-temporale, come la presenza di questi popoli, nel giorno in cui fu promulgata la Costituzione, nelle terre da loro rivendicate. “Che solo le persone che erano lì il 5 ottobre 1988 abbiano diritto alle terre tradizionali è molto iniquo“, denuncia Dom Roque. Per un semplice motivo: “Fino ad allora, le popolazioni indigene erano sottoposte alla tutela dello Stato. Non erano persone libere, ma venivano portati da un posto all’altro del Paese a piacimento prima del Servizio di Protezione Indigena (SPI), e dopo dalla FUNAI (Fondazione Nazionale dell’Indio), creata nel 1967 dal regime militare”.

Per il presidente del CIMI, il comportamento dello Stato nei confronti delle popolazioni indigene e degli afro-discendenti è la prova che “il Brasile è un paese prevenuto, razzista, discriminatorio, che storicamente nega i diritti dei poveri e non riesce a capire che i diritti sono diritti. E i diritti originari, il diritto naturale, il diritto costituzionale, devono essere rispettati”. In questo contesto generale di fragilità per i popoli indigeni, con l’attuale governo c’è un “retrocesso verso la dittatura militare“, sostiene Dom Roque, che denuncia un preoccupante aumento della violenza nelle terre indigene, l’assassinio di leadership indigene, e l’azione indebita di enti pubblici, come la FUNAI, nel riconoscimento delle proprietà private all’interno delle terre indigene, che sono da proteggere. L’esempio più emblematico della violenza a cui sono sottoposti gli indigeni del Brasile è quello del popolo Guarani kaiowá. I ricorrenti episodi di violenza nel Mato Grosso do Sul, dove vivono, hanno reso il luogo noto come la Striscia di Gaza brasiliana, nella definizione dell’antropologo Eduardo Viveiros de Castro.

Il cammino verso l’autodeterminazione a cui hanno diritto i popoli indigeni è tortuoso, afferma Dom Roque. Per questo, soprattutto in questo momento di violenza istituzionale nei confronti delle popolazioni più vulnerabili, le diverse alleanze, dentro e fuori dal Brasile, che i movimenti e le organizzazioni indigene sono riusciti a creare sono di grande importanza. Sono spazi di dialogo, di costruzione di ponti e di visibilità, che possono sostenere i popoli originari nella loro lotta per il riconoscimento dei loro diritti, dopo secoli di lotta.

Intervista completa con Dom Roque Paloschi a Block Notes

Articolo originale (in portoghese): Terras indígenas e direitos originarios: os interesses por trás da tese do marco temporal

Pubblicato il: 05/12/2020 da Thais Palermo