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Da terroristi a ribelli, il trasformismo politico dell’uso delle parole

Da terroristi a ribelli, il trasformismo politico dell’uso delle parole

Definire la realtà così come è più conveniente: «Un giorno sei terrorista, un altro sei premio Nobel per la Pace, poi magari torni terrorista. Quella di terrorista è una qualifica politica che viene data per ragioni politiche e come tale può essere tolta»: lo ha detto Lucio Caracciolo, direttore di Limes, spiegando bene il meccanismo dell’attribuzione di ruolo che, qui da noi nell’Occidente esportatore di valori e democrazia, utilizziamo ormai in maniera sistematica per raccontarci di essere sempre dalla parte del giusto.

di Eugenio Fofi

La ripresa del conflitto siriano ci pone davanti a un tema che è sempre nascosto in prima pagina: l’uso delle parole. È attraverso le parole che diamo significato a ciò che accade. Dal 2022, solo nell’ambito delle guerre, abbiamo potuto assistere all’uso di parole come “aggressore” e “aggredito”, “resistenza”, “difesa”, ma anche “criminale”, “terrorismo” e in ultimo “ribelli”. Tutte parole che vengono usate a discrezione, a seconda dell’utilità, rispondendo alla domanda: “chi deve essere descritto come cattivo?”.

Gli esempi sono tantissimi, solo il Palestina abbiamo visto l’OLP diventare da organizzazione terroristica a partito moderato dei palestinesi, o Hamas, che da terrorista è passato ad essere partito vincitore delle elezioni e poi nuovamente organizzazione terroristica. Se invece si guarda alla Siria, nell’ultimo mese abbiamo letto dei “ribelli” che nel giro di qualche settimana
hanno preso militarmente la capitale e rovesciato il governo di Bashar al-Assad. La guerra civile siriana, scoppiata nel 2011, vedeva fino a pochi mesi fa una fase di congelamento. Il territorio della Siria era diviso seguendo i tre schieramenti: il nord-est del Rojava a prevalenza curda; il sud del governo di Assad e il nord-ovest di SNA, il Syrian National Army (esercito nazionale siriano) e di HTS, Hay’al Tahrir al-Sham. I ribelli a cui si fa riferimento sono proprio questi ultimi, una composizione di ex
membri di Al Qaeda, dalla quale si è formalmente allontanata.

Alleata militare dell’HTS è l’SNA, formato da forze fondamentaliste religiose, mercenari ed ex Isis, ma che oggi vestono casacche turche e si muovono portando gli scopi turchi in Siria. Proprio questa alleanza, Turchia, ex Al Qaeda, ex Isis, oltre che le solite ingerenze Israeliane e Statunitensi, deve aver porto il problema di come rinominare gli insorti contro il regime di Assad. Questo è anche riconosciuto internazionalmente come alleato della Russia, del Libano, in particolare di Hezbollah, e
dell’Iran. Come definire quindi questi insorti? La scelta del termine ribelli sembra non fare torti a nessuno, mantenendo così margine sia in caso di risvolti positivi ai danni degli stessi ribelli o di Assad. Finendo però per far intendere che i gruppi armati siano ancora la popolazione insorta nel 2011 e non quelli che fino a poco tempo fa chiamavano terroristi.

La miglior definizione del tema l’ha data Lucio Caracciolo. Il direttore di Limes, ospite a Otto e Mezzo il 9/12/2024 ha dichiarato: «Un giorno sei terrorista, un altro sei premio Nobel per la Pace, poi magari torni terrorista. Quella di terrorista è una qualifica politica che viene data per ragioni politiche e come tale può essere tolta». Come a voler confermare tutto questo è arrivata la revoca della taglio da 10 milioni di dollari che gli Stati Uniti avevano posto sulla cattura del leader di HTS, Al-Jolani.
Non solo “terrorista”, ma tutte le parole devono essere lette come “qualifiche poltiche”, citando Caracciolo. Ogni parola viene usata solo allo scopo di sostenere una o un’altra posizione. Sta a noi lettori cercare di capire quello che sta succedendo e chi lo sta facendo.

Pubblicato il: 03/01/2025 da Alessio Ramaccioni