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Il Brasile tra boia e psicopatici

Il Brasile tra boia e psicopatici

È molto difficile spiegare al mondo cosa sta succedendo in Brasile in questo momento.

La situazione attuale esula da qualunque previsione, anche la più catastrofista. È vero che quella circa metà degli elettori che già nel 2018 abominava la retorica e la posizione politica (perché di un vero programma ancora non se ne parlava) di Jair Bolsonaro qualcosa così se l’aspettava. Ma il presidente e i suoi pericolosissimi e abietti compari a seguito riescono a superarsi ogni giorno. E non poteva esserci momento peggiore per ritrovarsi con un governo talmente incapace, negligente e incompetente da far schizzare, in appena un mese, il numero dei contagiati di COVID-19 da cinquantamila a trecentocinquantamila persone.

25/05/2020 – Di Thais Palermo Buti

Per chi ha una certa visione della res pubblica e dello Stato come garante e propagatore del bene comune, Bolsonaro è una disgrazia dal momento in cui ha vinto le elezioni nel 2018. Ma grazie all’altissimo indice di rifiuto nei confronti del Partito dei Lavoratori (PT – Partido dos Trabalhadores), che ha governato dal 2003 fino alll’impeachment ovvero golpe a Dilma Rousseff nel 2016, il presidente di estrema destra era riuscito ad agglutinare intorno a sé una parte importante di elettorato, variegato ma consistente.

Sotto la bandiera dell’anti petismo (dall’acronimo del PT) e dell’anticorruzione, si sono annidati sotto le ali di Bolsonaro gli elettori della destra liberale, dell’estrema destra nostalgica della dittatura, dell’onnipresente centro, nonché i patriotici, gli evangelici, i miliziani, i negazionisti e gli autonominati apolitici.

Le alleanze e la formazione del governo hanno rispecchiato la tendenza: tutto il mondo imprenditoriale si è congiunto all’agenda di liberalizzazione e privatizzazione del Ministro dell’economia Paulo Guedes, e quelli dell’agrobusiness in particolare alle priorità di deregolamentazione e facilitazione di commercio in aree protette del Ministro dell’Ambiente Ricardo Salles; i militari sono usciti da decenni di ombra per essere distribuiti in posti chiavi del Governo, a cominciare dal Vice Presidente, il Generale Hamilton Mourão; all’ex giudice Sergio Moro, eroe nazionale della crociata anticorruzione responsabile dell’incarcerazione l’ex presidente Lula, è stato affidato il Ministero della Giustizia; a capo del Ministero della Donna, della Famiglia e dei Diritti Umani è andata la pastora evangelica Damares Alves, mentre il Ministero degli Esteri è stato occupato dal filo-statunitense negazionista Ernesto Araújo.

Il matrimonio reggeva. Nel 2019 si è riusciti ad approvare la riforma della previdenza – a danno dei più poveri, soprattutto donne e lavoratori rurali – che avrebbe dovuto far risparmiare miliardi alle casse dello Stato, e questo rappresentava solo l’inizio del grande essiccamento dello Stato a favore dell’iniziativa privata.

Ma poi le lotte intestine tra Bolsonaro e i presidenti di Camera e Senato hanno sgretolato sempre di più l’ingranaggio. Senza la maggioranza assoluta in Parlamento, il Governo è costretto a negoziare ogni mossa con il cosiddetto “Centrone”, composto da una fetta di parlamentari di partiti dispersi del centro-destra non proprio emeriti in fedeltà ideologica ma molto ferrati in compravendita di voti.

La distruzione totale del Brasile si è per ora limitata al prosciugamento dei fondi per l’educazione, la scienza, la cultura, la sanità e i programmi sociali, a una riduzione del 30% in un anno della estensione della foresta amazzonica a causa della deforestazione e degli incendi dovuti a deregolamentazioni di ogni sorta e riduzione della fiscalizzazione ambientale, all’aumento indiscriminato dell’uso di agrotossici, e forse a qualche altro danno che potrebbe essere riparato in poche migliaia di anni. Ma la crisi economica non è stata superata. Le grandi riforme non sono decollate. Il grande boom non è arrivato. Invece è arrivato il Coronavirus.

Alleanza dello struzzo genocida

Coerente con se stesso, fin dalle prime avvisaglie di pericolo per la salute della popolazione, il presidente ha fatto ciò che gli riesce meglio: minimizzare, negare l’evidenza, disprezzare i ceti più vulnerabili dei brasiliani, prendendo una posizione netta contro l’isolamento sociale e a favore dell’uso indiscriminato dell’idrossiclorochina, un antimalarico con pericolosi effetti collaterali, e dell’apertura di ogni sorta di attività commerciale – dai barbieri alle chiese passando per le palestre – tutte da lui classificate come essenziali.

Il suo negazionismo gli ha valso l’ingresso nella ristretta “Alleanza dello Struzzo”, insieme ai presidenti della Bielorrussia, Alexander Lukashenko, del Turkmenistan, Gurbanguly Berdymukhamedov, e del Nicaragua, Daniel Ortega.

Immagine: Financial Times

Il termine è stato coniato da Oliver Stuenkel, professore di una rinomata università brasiliana, per indicare i pochi leader mondiali che negano la pericolosità del COVID-19, ma potrebbe trarre in inganno chi vede in Bolsonaro “l’idiota più pericoloso al mondo”, come lo ha chiamato il giornalista Philipp Lichterbeck.

L’attuale presidente del Brasile sarà pure un idiota, ma di fondo è un politico senza scrupoli, autoritario, fascistoide, narcisista e con segni di psicopatia. Le sue bandiere sono evidenti, e lui sta seguendo per filo e per segno ciò che aveva promesso, a eccezione di finirla con la corruzione, che nel suo governo è diventata affare di famiglia con l’aggiunta di tinte da criminalità organizzata miliziana.

Mentre i numeri di contagiati e morti crescevano giorno dopo giorno, Bolsonaro, non soddisfatto di sfidare la scienza, la comunità internazionale e il buon senso, si è scagliato contro il suo proprio Ministero della Salute, esonerando a metà aprile il ministro Luiz Henrique Mandetta, un acerrimo difensore dell’isolamento sociale e contrario all’uso dell’idrossiclorochina come panacea di tutti i mali. Colpevole di aver superato il presidente nei sondaggi per il suo operato durante la pandemia, Mandetta è stato sostituito dall’illustre sconosciuto Nelson Teich, oncologo, consulente e imprenditore nella sanità privata, che nella sua fulminea esperienza come ministro della salute – durata 28 giorni – è uscito come è entrato: nel silenzio più totale.

Dal 15 maggio il Ministero della Salute è guidato ad interim dal generale Eduardo Pazuello, piazzato inizialmente come vice per sorvegliare l’attuazione di Teich nella lotta al coronavirus. Non sarebbe stato necessario, ad ogni modo, perché era noto che la prerogativa per il nuovo ministro era di non contraddire Bolsonaro nella sua difesa dell’apertura del paese e dell’uso dell’idrossiclorochina. Il bluff è durato poco perché, anche nella sua inutilità in quanto ministro, Teich è sempre un medico, e alla fine ha dato le dimissioni, si dice, per non macchiare il suo curriculum.

A sua volta, come ministro ad interim, il generale Pazuello ha avviato un processo di militarizzazione del ministero, indicando 12 militari per incarichi di fiducia. I medici e i professionisti della sanità spiccano per la loro assenza.

Altro cambiamento adottato dalla nuova gestione militare è stato quello di nascondere dalle reti sociali il numero di morti causate dal COVID-19. Il grafico con il totale di contagiati, deceduti, guariti, in investigazione, è stato sostituito da un “Tabellone della vita”, con il totale dei contagiati, in miglioramenti, e salvati (perché ora in Brasile non si guarisce, ci si salva).

Ma finora l’azione più grave e determinante di Pazuello è stata la modifica al protocollo per l’utilizzo dell’idrossicloraquina, il cui impiego ora è raccomandato anche per i casi meno gravi, a scapito del parere della comunità medica. Il rifiuto di cambiare il protocollo era stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso ed ha portato sia all’esonero di Mandetta, sia alle dimissioni di Teich.

Ora che ha raggiunto il suo obiettivo con il medicamento miracoloso, sembra che Bolsonaro non abbia molta fretta di incaricare un nuovo ministro della Salute. Anche perché non sarà facile trovare un medico in grado di suffragare la valanga di fesserie che costituiscono l’immaginario del presidente.

La giudizializzazione della politica per la salute: giudici e governi locali nella lotta al COVID-19

Fin dall’inizio della pandemia, il comportamento di Bolsonaro non faceva ben sperare quanto alle misure che avrebbe adottato per combatterla. Non basterebbe un’intera pagina per elencare tutte le azioni irresponsabili, per non dire criminose, che ha commesso fin dai primi di marzo.

La conseguenza, soprattutto dopo l’esonero del ministro Mandetta, è stata una radicalizzazione della crisi di governabilità che aveva segnato il primo anno di governo, e la sua evoluzione in un totale isolamento istituzionale del presidente. L’attuale contesto ha incentivato un’azione molto più assertiva da parte del Supremo Tribunale Federale, la Corte Suprema brasiliana, diventata anche il principale oggetto di odio – insieme al Parlamento – da parte dei fedelissimi di Bolsonaro, i cosiddetti “bolsonaristas raiz” (di “radice”, in portoghese).

D’altra parte, il governo, totalmente diviso, non ha le condizioni necessarie ad ottenere, né presso l’opinione pubblica, né presso il Legislativo, l’appoggio necessario a limitare l’agire della Corte, la quale, in una concertazione inedita nella storia della Repubblica – come inedito è l’assoluto isolamento del suo massimo governante – ha preso in mano, insieme ai membri del Parlamento, ai giudici regionali e ai governi locali, la conduzione politica della crisi del coronavirus.

Nella pratica, per tentare di blindare il paese contro il buffone che lo governa, la Corte Suprema è entrata a gamba tesa nella gestione politica della crisi, accogliendo l’una dopo l’altra le richieste di incostituzionalità avanzate dai più diversi soggetti (organizzazioni sociali, Ordini degli Avvocati, partiti e parlamentari dell’opposizione) relative ai decreti presidenziali, oppure interpretando in maniera restrittiva le delibere dell’Esecutivo.

Tre sono state le decisioni della Corte fondamentali in questo senso.

La prima, di fine marzo, ha vietato la produzione e circolazione della campagna pubblicitaria veicolata nei canali ufficiali del governo “Il Brasile non può fermarsi” (O Brasil Não Pode Parar), e di qualunque altra comunicazione che riduca la gravità della pandemia o lasci intendere che la popolazione deve tornare normalmente alle sue attività.

Frame della campagna “Il Brasile non può fermarsi”, del Governo federale

Le altre due decisioni, di metà aprile, hanno riaffermato la competenza di Regioni e Comuni nell’adozione delle misure necessarie a far fronte alla pandemia di coronavirus, quali stabilire le regole dell’isolamento sociale, quarantena e restrizione nell’uso dei trasporti pubblici, e hanno garantito ai governi locali la legittimità per definire quali debbano essere le cosiddette attività essenziali, ovvero quelle che non si fermano con la quarantena o il lockdown.

Le delibere di metà aprile si riferivano a un’azione di costituzionalità avanzata dal Partito Democratico Laburista (Partido Democrático Trabalhista, centro sinistra) contro un decreto presidenziale dello scorso 20 marzo che concentrava nelle mani del governo federale le decisioni su isolamento, quarantena, interdizione dei trasporti e dei servizi pubblici e attività essenziali durante la pandemia.

È solo grazie a questa decisione che oggi regioni e comuni possono autonomamente determinare la chiusura dei commerci e stabilire le regole per il funzionamento di tutti i servizi, pubblici e privati, sul proprio territorio. È anche grazie a questa decisione che oggi in Brasile ci sono 30 mila, e non 100 mila morti.

Brasile: candidato naturale al primato dei morti

Ma che cosa spiega l’avanzata irrefrenabile dei contagi e dei decessi in Brasile, malgrado l’apparato istituzionale messosi in moto per fermarli?

In primo luogo, la stessa configurazione sociale e demografica del paese lo rende un fortissimo candidato al primo posto in numero di morti per COVID-19. È impensabile che le tante ed estese periferie brasiliane si possano fermare, che i suoi abitanti possano restare a casa in attesa della curva discendente. La povertà, in tutte le sue declinazioni, non lo permette, soprattutto sotto l’amministrazione di un governo fautore dello Stato minimo, come non si vedeva da quasi vent’anni. Quando Bolsonaro dice che “il venditore ambulante deve andare a lavorare per portare a casa il pane”, lo fa perché sa che lui, in quanto presidente, non si è mai preso e né mai si prenderà la briga di sostenere chi al lavoro non ci può andare.

In secondo luogo, la posizione di Bolsonaro come guida politica e modello comportamentale di una nazione, lo riveste di una responsabilità della quale lui non è assolutamente all’altezza. Se gli esempi più eclatanti della sua ignominia sono le passeggiate e la partecipazione a manifestazioni anti-democratiche, con tanto di baci, abbracci e selfie con i sostenitori, senza indossare dispositivi di protezione, i più insidiosi sono i pronunciamenti ufficiali e i continui messaggi sulle reti sociali di disprezzo verso le vite perse e alla lotta stessa contro la pandemia.

Selfie di Bolsonaro con una sostenitrice durante una passeggiata a Brasilia il 23 maggio scorso

È evidente che il comportamento di Bolsonaro, oltre a privare il paese di una posizione univoca e di una guida coordinata, elementi fondamentali per la gestione efficace di una crisi di queste proporzioni, ha un’influenza diretta sui cittadini, e su come questi costruiscono la percezione della gravità della situazione e ne agiscono di conseguenza.

La crociata del presidente, con tutte le armi, contro l’isolamento sociale e contro i giudici del Supremo, i governatori, e i sindaci che lo difendono, gli ha reso più di trenta richieste di impeachment per crimine di responsabilità. Per ora, nessuna di queste è stata esaminata dal presidente della Camera e avversario di Bolsonaro, Rodrigo Maia, impegnato a ricucire alleanze e a costruire ponti che facciano reggere il governo, soprattutto da quando il presidente ha iniziato a distribuire incarichi pubblici per calmare gli animi degli sfamigliati parlamentari di centro-destra del famigerato “Centrone”.

Inoltre il comportamento scellerato del presidente sembra non aver intaccato, finora, la fedeltà del circa 35% della popolazione che continua a seguirlo e a sostenerlo sia nei discorsi sia nella pratica di una quarantena allentata. È il nocciolo duro del bolsonarismo, che include i difensori della dittatura, una fetta importante della comunità evangelica e le classi media e alta tolleranti con il totalitarismo.

Bolsonaro durante una manifestazione a Brasilia, lo scorso aprile.

Per questo nucleo, il presidente può fare qualunque cosa. Un’unica cosa questo gruppo non accetterà: il naufragio dell’economia. Per questo Bolsonaro teme il coronavirus; la conseguenza economica della pandemia è la grande bomba a orologeria che minaccia la sua popolarità.

 

Fonti:

‘Aliança do Avestruz’: FT destaca grupo de Bolsonaro e outros líderes que ‘se recusam a levar coronavirus a sério’  https://www.bbc.com/portuguese/internacional-52328505

Jair, der unerschütterlich Dumme: Brasiliens Präsident ist grad der gefährlichste Mann der Welt https://www.luzernerzeitung.ch/international/komm-nur-corona-wie-brasilien-und-andere-laender-mit-dem-virus-umgehen-ld.1205013

Ministro da Saúde nomeia advogado de milicianos como assessor especial https://catracalivre.com.br/cidadania/ministro-da-saude-nomeia-advogado-de-milicianos-como-assessor-especial/

Ministério da Saúde para de informar alguns dados do coronavírus nas redes sociais https://catracalivre.com.br/cidadania/ministerio-da-saude-para-de-informar-alguns-dados-do-coronavirus-nas-redes-sociais/

Suprema pandemia: o papel do STF na condução da crise do coronavírus https://www.jota.info/opiniao-e-analise/colunas/judiciario-e-sociedade/suprema-pandemia-o-papel-do-stf-na-conducao-da-crise-do-coronavirus-10042020

Em liminar, ministro Barroso proíbe campanha “O Brasil não pode parar”  https://www.conjur.com.br/2020-mar-31/liminar-barroso-proibe-campanha-brasil-nao-parar

A Covid-19, a política e o STF https://www.conjur.com.br/2020-abr-21/lunardi-covid-19-politica-stf

A boa notícia do Datafolha para Bolsonaro e a bomba-relógio que o ameaça https://noticias.uol.com.br/colunas/thais-oyama/2020/04/28/a-boa-noticia-do-datafolha-para-bolsonaro-e-a-bomba-relogio-que-o-ameaca.htm

Pubblicato il: 25/05/2020 da Thais Palermo