“Il mio volto non è mai stato orfano del mio sorriso”: intervista con Silvano Agosti
di Valentino De Luca
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Silvano Agosti è rimasto sempre là a ricevere le persone, anche durante i lockdown, in quello spazio di via degli Scipioni 82 a Roma, da lui trasformato in cinema 39 anni fa.
Il nome, Azzurro Scipioni, viene da un film “Il pianeta Azzurro” di Franco Piavoli del 1982, che Agosti contribuì a realizzare prestando la cinepresa con cui venne realizzata l’opera.
In quasi 40 anni chi passava il pomeriggio per l’omonima via vicino Piazza Risorgimento sapeva di poter trovare il regista bresciano tra le pizze dei suoi film, le copie dei tanti libri scritti e i cimeli a testimoniare una vita spesa per l’arte e la valorizzazione dell’Essere Umano nella sua unicità (“che follia lavorare 8 ore al giorno…concedere la cosa più preziosa che abbiamo, quasi tutto il nostro tempo quotidiano, in cambio del denaro“- ripete spesso nelle sue interviste e nei suoi scritti) .
Uno spazio in pieno centro, due sale dedicate a due giganti della settima arte (Lumiere e Chaplin) e la richiesta irrisoria di un’offerta libera per estraniarsi un paio d’ore dalla confusione della città circostante ed immergersi nella visione di “soli capolavori“, come Agosti ama ripetere.
La Roma degli anni 2000 sembra però mal tollerare uno spazio semi gratuito di cultura e amore in pieno centro: stona infatti con i mille negozi di fast tourism nati come funghi negli ultimi anni ad uso e consumo degli Airbnb che hanno sostituito man mano le case dei residenti.
E così, nell’indifferenza delle istituzioni (sembrava essersi del caso interessato il vice sindaco Luca Bergamo, sostituito dopo pochi giorni a inizio 2021), anche l’Azzurro Scipioni chiude sotto i colpi della logica di mercato, che impone affitti enormi per un’attività culturale senza scopo di lucro, la quale da più di un anno non strappa biglietti e non vede gente varcare la soglia a causa del Covid.
Via dunque le 90 poltroncine blu, via i cartelloni degli spettacoli, le insegne, i manifesti e tutto ciò che può testimoniare che nel centro storico di una Roma ormai deserta un tempo ha trovato spazio l’idea di un cinema di prossimità, di un piccolo luogo di cultura vicino casa, di un posto familiare in cui in cambio di un’offerta, si volava oltre lo schermo sospendendo la realtà per qualche ora.
Nella Roma degli enormi centri commerciali, delle case del tiramisù, delle mille pizze al taglio, dei minimarket ogni 300 metri, dei souvenir e bancarelle, in effetti sembra follia l’idea di un luogo dell’anima, per di più gratuito.
Ma Agosti va avanti, non molla e si dichiara ancora intenzionato a lottare per salvare un’esperienza così preziosa per la colletività.
Anche a costo di trasferire il cinema da un’altra parte, sebbene accettata questa come extrema ratio.
“Vedi” – mi dice nell’intervista – “io continuerò comunque a ricevere le persone riservando loro il mio sorriso. Il mio volto non è mai stato orfano del mio sorriso”.