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Il terremoto dell’Irpinia: quell’onda lunga che fece cadere la Prima Repubblica [Intervista al Prof. Toni Ricciardi, autore de “Il terremoto dell’Irpinia”]

Il terremoto dell’Irpinia: quell’onda lunga che fece cadere la Prima Repubblica [Intervista al Prof. Toni Ricciardi, autore de “Il terremoto dell’Irpinia”]

 

di Valentino de Luca

Il 23 novembre 1980 in quella parte d’Italia tra la bassa Campania e la Lucania (una zona successivamente definita come Irpinia ed allora tra le più arretrate dello Stivale), la terra decide di tremare per circa 90 secondi.

Sarà un minuto e mezzo di terrore che lascerà sotto le macerie circa 3mila morti e 300mila sfollati.
Ma soprattutto svelerà in maniera drammatica le condizioni di estrema miseria di un territorio, su cui negli anni a venire si riverseranno gli appetiti di partiti, imprenditori e mafie.

In un’Italia dove ancora non esisteva il concetto di “Protezione Civile”, l’esempio più prossimo di intervento dello Stato in eventi sismici era stato 4 anni prima il terremoto del Friuli, durante il quale l’intervento dei militari e la caparbia volontà degli abitanti locali riuscirono a recuperare il patrimonio di case e infrastrutture al grido di “Com’era, dov’era”.

Per l’Irpinia però, le cose andarono diversamente.
Già nell’immediato, non potendo contare dell’enorme dispiegamento militare del Friuli (siamo in piena “Guerra Fredda”, il Nord Est è puntellato da caserme), a 3 giorni dall’evento in alcune zone si levavano dalle macerie grida strazianti dei feriti intrappolati e non ancora soccorsi tanto da far intervenire pubblicamente uno sdegnato Pertini, allora Presidente della Repubblica, sui ritardi degli aiuti alla popolazione.

 


Ma furono gli anni successivi a segnare un vero spartiacque nella percezione popolare di un’Italia partitocratica che, in determinate zone geografiche, sembrava manifestare la propria presenza solo attraverso spreco di soldi pubblici e gestione clientelare delle risorse messe a disposizione.

Un fiume di denaro pubblico cominciò a scorrere verso le zone colpite dal terremoto e non solo, se si pensa che alla fine i Comuni che dichiareranno danni saranno 687 (dai 36 iniziali) in un circolo vizioso di clientele per favorire potentati locali ed impreparazione nel saper immaginare la ripresa di un territorio, appiccicandogli a forza una vocazione industriale mai posseduta (e che praticamente mai possiederà nonostante gli ingenti finanziamenti pubblici).

Come intuì il commissario del Governo allora incaricato del coordinamento dei soccorsi, il parlamentare democristiano Giuseppe Zamberletti, “ogni piano di sviluppo non va calato dall’alto, ma va attuato secondo strategie che prendano in considerazione le realtà locali, proprio perché le industrializzazioni forzate, spesso, si prestano a speculazioni“.

Parlare solo di intromissioni camorristiche o di risorse pubbliche utilizzate come tangenti elettorali è ingeneroso verso quella parte di popolazione e di politica locale che si prodigò per una ricostruzione sensata capace di accrescere il territorio.

Accade spesso però che lo story telling, la narrazione siano in grado di veicolare l’opinione pubblica più dell’effettivo svolgimento dei fatti e così il nascente fenomeno delle Leghe al Nord trasse linfa vitale nel raccontare da una parte un Sud bisognoso ed incapace a gestire i fondi torrenziali erogati da Roma, perennemente strozzato da Mafie e clientele locali sempre pronte col cappello in mano ad esigere dazio e dall’altra un Settentrione simbolicamente raffigurato come una mucca da mungere, il cui popolo laborioso veniva vessato dalle esose richieste dello Stato centrale per alimentare il Sistema.

Eppure furono proprio le grandi industrie del Nord ad essere chiamate in causa con uomini e mezzi per gestire il grande affare della ricostruzione, sia edilizia sia quella legata al sistema delle opere pubbliche e delle infrastrutture.

Dopo 40 anni non si può non vedere il filo rosso che segna il tracollo di un mondo, quello dei partiti della Prima Repubblica, incapace di rigenerarsi ed impantanato in un sistema feudale improduttivo, la nascita di una grande realtà elettorale nordista e la rivoluzione giustizialista che travolse all’inizio degli anni ’90 la classe dirigente del nostro Paese.

Per analizzare i diversi aspetti di questa vicenda che 40 anni dopo fa ancora discutere perché in grado di scatenare un’onda lunga che lentamente abbatterà qualche anno più tardi un intero sistema, ho invitato nella trasmissione di approfondimento settimanale L’OTTAVO GIORNO il Professor Toni Ricciardi, storico delle migrazioni presso l’Università di Ginevra e autore, assieme a Generoso Picone e Luigi Fiorentino, del libro “Il terremoto dell’Irpinia. Cronaca, storia e memoria dell’evento più catastrofico dell’Italia repubblicana“, edito da Donzelli.

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Pubblicato il: 02/12/2020 da Valentino De Luca