La ragione del più forte
Israele uccide un alto funzionario iraniano, a capo del programma nucleare di Teheran. E sembra che nessuno abbia niente da dire al riguardo.
di Alessio Ramaccioni
Ormai basta veramente un livello minimo di consapevolezza per sorridere della storiella della superiorità democratica dell’occidente. A meno che non si sia totalmente ideologizzati (o stupidi), è evidente che il tema non è la democrazia, ma l’ipocrisia. Quando la polizia in Cina reprime proteste o contiene con forza la popolazione, in modo anche e certamente autoritario, è una dittatura brutale. Quando negli Stati Uniti la polizia ammazza afroamericani come se fosse scoppiata una guerra, è cronaca. Quando un terrorista fa una strage in una capitale europea è, appunto e giustamente, terrorismo. Quando un aereo americano, francese, inglese – anche italiano, a volte, è capitato – lancia una bomba su una scuola, in un paese non formalmente in guerra con nessuno, è una operazione di peace keeping. Quando le operazioni di peace keeping le fanno i russi, sono aggressioni militari. Insomma, tutto quello che facciamo noi va bene, tutto quello che fanno gli altri no. Un pò come ragionano i bambini. In questa curiosa storia di adulti/bambini che altrettanto curiosamente governano il mondo, chi estremizza questa valutazione totalmente soggettiva ed unilaterale del concetto di ragione (e torto) è lo Stato di Israele. Anche in questo momento, nei confronti di me che scrivo, potrebbe scattare il meccanismo. Del tipo: stai scrivendo male di Israele? Sei un maledetto antisemita. E’ un problema, perchè diventa impossibile analizzare qualsiasi cosa, commentare, mettere in relazione. Israele unica democrazia del Medio Oriente, Stati Uniti la più grande democrazia del mondo. Fine della discussione. E uno magari critica un pò, si oppone, ma alla fine ci sta, perchè davvero è una battaglia contro i mulini a vento. Perchè questa narrazione viene accettata pedissequamente da quasi tutti, e va bene così.
Lo scienziato iraniano e l’evidenza invisibile
E qui entra in scena Moshed Fakhrizadeh, lo scienziato a capo del programma nucleare iraniano che è stato assassinato dal Mossad (non è ovviamente ufficiale, ma è stato confermato anche dal New York Times). Ucciso in un attacco a circa sessanta chilometri da Teheran. Ora, analizziamo la notizia cercando di scordare per un paio di minuti la storia dell’unica democrazia del Medio Oriente. Un paese “x” ammazza uno scienziato di un paese “y” in pieno territorio del paese “y”, senza che ci sia una guerra in corso dichiarata. Subito dopo l’assassinio la maggior parte della stampa mondiale inizia a raccontare che ad ammazzare lo scienziato sia stata l’intelligence del paese “x”, che non smentisce. Anzi, pare che un alto funzionario del paese “x” dichiari ad un importante giornale del paese “z”, grande alleato di “x”, che il mondo dovrebbe ringraziare “x” per aver ammazzato lo scienziato. Ci si aspetterebbe che qualcuno alzi la mano e dica: “x”, ma che hai fatto? E invece non succede. Lo Stato di Israele ha ammazzato un alto funzionario iraniano nel cuore del suo paese – con il probabile benestare degli Stati Uniti – e nessuno ha nulla da dire. Incredibile, no? Eppure dovremmo essere abituati a questo: non assistiamo da decenni all’agonia dei palestinesi, infilati in una sorta di limbo che sembra ormai star bene a tutti? L’azione compiuta da Israele è pressochè identica a quella commessa dagli Stati Uniti a gennaio, quando il generale Quassem Soleimani fu ammazzato a Baghdad, in Iraq, dove era in missione. Forse ricorderete l’enorme tensione, una rappresaglia più simbolica che reale dell’Iran con dei missili su una base Usa, e poi arrivò il Covid a spazzare via la questione. Anche lì, con quale legittimità internazionale gli Stati Uniti bombardarono un paese sovrano, non in stato di guerra, al cui interno non era nemmeno in corso una guerra civile (utile a giustificare, quando serve, l’intervento di peace keeping)?
La ragione del più forte
Nessuna legittimità, ovviamente. Se non quella che viene dal fatto di detenere più forza militare e di non avere nessuno che può opporsi all’esercizio di essa. Che nel caso degli Stati uniti sarebbe la Cina, che però ha altro a cui pensare. E comunque una guerra con gli Usa già la sta combattendo, sul piano commerciale. Ci sarebbe anche la Russia, forse: ma al momento l’unico interesse di Putin – in Medio Oriente – è quello di tenere in piedi il regime di Assad in Siria. E quindi, come avviene nel mondo dei bambini e degli adolescenti, finchè il più grosso sono io, faccio quel che voglio. E dico pure di avere ragione. Lo fanno gli Stati Uniti globalmente, lo fa Israele in Medio Oriente. E nessuno dice nulla.
Avvelenate i pozzi a Biden?
Un altro aspetto che fa comprendere ancora meglio l’assoluta unilateralità del pensiero di dominio che è tipico delle grandi democrazie occidentali è quello che potrebbe aver spinto Trump a dare l’ok – o a non porre veti – all’operazione israeliana. Vi ricordate Barack Obama ed il suo accordo sul nucleare con l’Iran? Biden era il vicepresidente di Obama: e sembrerebbe che tra le sue intenzioni ci sia quella di recuperare l’accordo con gli iraniani, che è stato demolito da Trump pezzo per pezzo. Era uno dei suoi impegni in campagna elettorale, in perfetta coerenza con le posizioni di assoluta vicinanza con Israele. Che atmosfera troverà Biden al momento di provare a riparlare con Teheran? Dopo che gli Stati Uniti – di Trump, ma sempre quelli sono – hanno ammazzato il generale Suleimani e dopo questa ultima operazione così aggressiva e sfacciata? Nonostante le sue dichiarazioni – tra il roboante ed il patetico – Trump sa di aver perso le elezioni. Non resta quindi che avvelenare i pozzi al suo avversario. E che importanza ha se nel frattempo si destabilizza il Medio Oriente!
Pubblicato il: 01/12/2020 da Alessio Ramaccioni