L’occupazione del CNR ci ricorda che i ricercatori italiani sono prima di tutto dei lavoratori
di Valentino De Luca
ASCOLTA L’INTERVISTA ALLA DOTT.SSA GORINI, RICERCATRICE PRECARIA DEL CNR
Come ci immaginiamo un ricercatore?
Serio, in mezzo ai becco Bunsen o con qualche proiezione di calcolo al pc, mentre porta a termine il progetto che gli è stato affidato.
E’ venuto però il momento di uscire dai luoghi comuni e aggiornare la nostra fantasia alle difficoltà che migliaia di ricercatori e ricercatrici in tutta Italia affrontano ogni giorno per veder riconosciuti i propri diritti.
Ecco dunque che lo scorso 19 novembre alcuni ricercatori hanno occupato il CNR, il Centro Nazionale delle Ricerche, in piazzale Aldo Moro a Roma per porre l’attenzione su di una vicenda che sembra il classico pasticcio all’italiana.
I ricercatori, dopo anni di precariato e competenze acquisite sul campo, a seguito della Legge Madia del 2017 contavano di essere assunti regolarmente nella pubblica amministrazione.
Uscì un concorso, in centinaia lo superarono e venne stilata una graduatoria.
Da quel momento in poi però lo Stato cominciò ad assumerli col contagocce fino ad arrivare ai giorni nostri, alla fine del 2021, in cui la graduatoria sta per scadere ed i ricercatori vincitori del concorso rischiano di doverlo ripetere nella speranza di un posto a tempo indeterminato.
Per il podcast della trasmissione “L’Ottavo Giorno“, la trasmissione di approfondimento giornalistico, slow news e cultura di Radio Città Aperta, ho intervistato la Dott.ssa Francesca Gorini, ricercatrice precaria del CNR, che mi ha parlato di questa vicenda e delle iniziative messe in campo dai ricercatori coinvolti per vedere riconosciuto il proprio diritto ad un lavoro sicuro.
Pubblicato il: 30/11/2021 da Valentino De Luca