Mimmo Lucano: quale messaggio dietro una sentenza così dura?
di Lorenzo Palmisciano
Tredici anni e due mesi. Tanto è costata a Mimmo Lucano qualche irregolarità nella gestione di un modello che pure aveva fatto parlare di sé in tutto il mondo. Una pena spropositata, se si fa qualche rapido paragone con altri casi. In Italia, per esempio, la condanna prevista per chi si macchia di uno dei più orrendi reati possibili, lo stupro, è compresa tra i 6 e i 12 anni. Nemmeno il peggiore degli stupratori, quindi, potrebbe essere punito come ieri il Tribunale di Locri ha deciso di punire Lucano.
Marcello Dell’Utri – già Senatore della Repubblica e fondatore di Forza Italia – per il suo concorso esterno in associazione mafiosa è stato condannato a 7 anni. Sette anni.
Luca Traini, che sugli immigrati, il 3 febbraio del 2018 decise di aprire il fuoco, è stato condannato a 12 anni. Facendo un rapido calcolo verrebbe da dire, con un po’ di cinismo, che se si vuole affrontare la questione dei migranti è meno rischiosa una strage che la costruzione di un modello di integrazione.
Quella che può sembrare una battuta, purtroppo, non è altro che una sintetica e amara descrizione dello stato – Stato? – di cose in cui viviamo.
Perché i tredici anni e due mesi cui è stato condannato ieri Mimmo Lucano sono, prima di tutto, un segnale. Un avvertimento rivolto a chi, nel 2021, pensi ancora che si possa provare a costruire un’alternativa concreta alla realtà amara che viviamo quotidianamente. A tutti coloro che sono convinti che davvero l’integrazione passi attraverso la possibilità, per chi arriva da un Paese straniero e magari ha visto la morte in faccia durante il proprio viaggio, di avere un lavoro decente, un tetto sopra la testa, un piatto caldo sul tavolo tutti i giorni e, addirittura, ambire a una vita “normale”.
Che parola di merda, normale. Soprattutto in un contesto in cui di normale non c’è niente. In un quadro generale in cui nella Calabria divorata dall’interno dalla ‘ndrangheta, Lucano viene condannato a 13 anni e 2 mesi. Scusate se lo ripeto in continuazione, è che si fa fatica a crederci.
Ciò che ci dice la sentenza di ieri è che quell’idea di normalità, quella di Mimmo Lucano, dev’essere spazzata via. Deve lasciare spazio a quella dominante, fatta di sfruttamento, caporalato, lager libici, naufragi e stragi nel Mediterraneo. Deve lasciare posto alla becera propaganda di chi sugli immigrati scarica ogni colpa per costruire la propria carriera politica. E a quella di chi, con la faccia meno dura e contrapponendosi solo apparentemente ai rivali politici, li condanna allo stesso modo a un’esistenza da dannati sulla terra. Una realtà diversa da questa non la vuole nessuno, in fondo.
E allora mi torna in mente ancora, per l’ennesima volta, Genova. Mi tornano in mente quei giorni del 2001 che sono stati uno degli snodi decisivi della Nostra storia. Quei giorni in cui, come si fa oggi con Lucano, si decise che si doveva mandare un segnale. Bastonare – in quel caso non soltanto in modo metaforico – chi immaginava un mondo diverso. Fargli capire, una volta e per sempre, che il suo ruolo dovesse essere quello dello sconfitto, umiliato, punito. Nelle vie di Genova si consumò un massacro senza pari, proseguito a Bolzaneto e nella scuola Diaz e completato nelle aule di tribunale. In quelle aule da cui, via via, i responsabili del massacro furono assolti o puniti in modo ridicolo. E in quelle in cui invece chi aveva avuto la sfortuna di essere portato via dopo aver preso parte agli scontri veniva processato e condannato con pene che sono arrivate fino a 12 anni per devastazione e saccheggio. Tanto valevano, in quei giorni del luglio 2001, le vetrine dei negozi e delle banche di Genova.
Ecco, è questo il punto di contatto tra Genova e Riace: il desiderio, forse la necessità, di punire per vendetta. Di far capire a chi ha alzato troppo la testa che certe cose, nella democratica Italia del ventunesimo secolo, non sono ammesse. Che la cosa migliore da fare, in fondo, è semplicemente restare al proprio posto e accettare che tutto continui a scorrere così, senza scossoni.
Pubblicato il: 02/10/2021 da Valentino De Luca