A tutta la comunità LGBTQIA+,
da mesi il Circolo Mario Mieli, insieme alle realtà del coordinamento Roma Pride, prova a costruire un Pride favoloso, aperto, irriverente, accessibile, come è nella sua natura, ma anche sicuro rispetto a un’emergenza che non è ancora finita.
Sin dall’inizio è stato fondamentale garantire lo svolgimento di una manifestazione aperta a tutt*.
C’è stata proposta e garantita una piazza, ma a numero chiuso e con accesso limitato, una soluzione chiaramente non percorribile per noi perché avrebbe minato l’essenza stessa del Pride che nasce per accogliere, non per escludere.
Nella costruzione della giornata del 26 giugno mai si è dimenticato che l’Italia vive ancora una situazione di emergenza sanitaria e pandemica. Il lavoro che stiamo svolgendo è lungo e complesso e deve tenere conto del grande entusiasmo che il Pride raccoglie ogni anno di più, ma anche che tutto deve essere svolto nel pieno rispetto delle regole e delle misure anti-Covid-19.
Nel 1994, anno della prima parata del Roma Pride, le persone che lo organizzarono volevano portare nelle strade di Roma la comunità, mostrarsi e mostrare chi siamo, occupare uno spazio pubblico in maniera pacifica, colorata e gioiosamente dissacrante.
Volevano uscire fuori dai luoghi dove si celebravano già i moti di Stonewall.
La parata era un grande coming out collettivo rivolto alla collettività e alla società conservatrice.
È impensabile pensare ad un Roma Pride che torni indietro e rinunci alla possibilità di includere tutte le anime della comunità, che nel corso degli anni sono cambiate, si sono autodeterminate, hanno assunto forme e identità nuove, ma anche a tutt* le/gli alleat* che sempre di più si sentono rappresentat* nella nostra battaglia di liberazione da una visione conservatrice e moralistica.
Per noi del coordinamento, per quello che vi abbiamo detto e per la natura stessa del Pride, è impossibile ipotizzare di lasciare fuori anche solo una persona dalla nostra grande festa.
Le istituzioni devono riconoscere, come fatto in passato, le nostre esigenze: vogliamo sfilare nelle strade di Roma pur rinunciando ai carri, agli abbracci e ai balli sfrenati sulle note della nostre colonne sonore, cose che torneranno più favolose che mai nella prossima edizione che già immaginiamo nella sua formula tradizionale. Queste rinunce, che sono per noi dolorose ma necessarie, le accettiamo pur di vedere i nostri corpi, i nostri volti, le nostre identità attraversare quelle strade che, anche se non ancora del tutto, abbiamo reso più sicure e inclusive.
Vorremmo chiudere dando un appuntamento sicuro e preciso, ma vi dobbiamo chiedere di avere ancora un po’ di pazienza sperando che venga ripagata con il risultato migliore possibile. Mai come quest’anno vogliamo riprenderci i nostri spazi, riempirli con i nostri corpi e con le nostre lotte.
In un momento in cui il ddl Zan è ancora fermo al Senato e la pandemia ha privato un’intera comunità di luoghi di confronto e di incontro noi vogliamo scendere in strada, rispettando tutte le regole e colorando Roma della nostra favolosità. Ma per farlo abbiamo bisogno del supporto delle istituzioni perché vogliamo e dobbiamo garantire una manifestazione sicura.
Claudio Mazzella, Portavoce del Roma Pride.