Tanto tuonò che piovve: arriva il governo Draghi
Per molti è un bene: la pandemia continua a colpire duro, il piano vaccinale tarda a partire, non c’è un’idea su come spendere i 209 miliardi del Recovery Fund. Mario Draghi è l’uomo giusto al momento giusto: ma è davvero così?
Se ne parlava da almeno un anno, dell’arrivo di Mario Draghi alla guida del governo italiano. Una figura autorevole, benvoluta dall’Europa, capace di gestire economie in difficolta’: è stato il presidente della Bce che ha lanciato i “Quantitative Easing”, d’altronde. Che poi, di quella enorme immissione di liquidità che si riversò come un fiume in piena sui mercati europei, nelle tasche dei cittadini arrivò giusto qualche gocciolina. Ma comunque tanto è bastato a fare di Draghi l’uomo dell’ “Helicopter Money”, dei soldi lanciati dall’elicottero ai consumatori affamati. Ma la realtà non è questa, anche se in questi giorni è quasi una eresia sostenerlo. Stiamo assistendo ad una esultanza quasi bipartisan (anzi, forse incredibilmente “tripartisan”, visto che anche il Movimento 5 Stelle sembra che vada ad alimentare la maggioranza a sostegno di Draghi) che non trova giustificazione alcuna se non nella disperazione, nell’incapacità e nell’ignoranza.
Disperazione della gente: commercianti, precari e lavoratori autonomi in primis, che davanti a loro vedono il baratro di una crisi del lavoro di dimensioni mai viste. Incapacità della classe politica e dirigente italiana, incapace di gestire la situazione al punto da rendere necessario il pilota automatico imposto dall’Unione Europea ed attivato nello specifico da Matteo Renzi, con l’avallo finale del presidente della repubblica Mattarella. C’è poi l’ignoranza, intesa proprio come il “non sapere”: ignorare, appunto, quello che Mario Draghi rappresenta, in senso assolutamente neutro. E’ l’ex presidente della Banca Centrale Europea: basterebbe questo per capire quanto sia lontana dalla realtà l’interpretazione dell’economista ed accademico romano come paladino delle politiche sociali e del welfare. Sicuramente qualcosa del programma di governo di Draghi sarà rivolto al sostegno delle classi sociali più deboli. Ma non è questo il senso di un esecutivo guidato da una figura con le sue caratteristiche.
Che poi sono molto simili a quelle di un altro economista ed accademico ben noto alla politica italiana: Mario Monti. Un parallelo che viene respinto con forza da tutta la politica: anche perchè il ricordo di quel governo, imposto di fatto dall’Unione Europea, è associato a politiche “lacrime e sangue” che ancora sono vivissime nel ricordo degli italiani. “Monti doveva tagliare, Draghi vuole spendere!” è il mantra che praticamente tutti ripetono, quasi come una poesia mandata a memoria. Monti, con lo spread Bund/Btp a livelli da default, doveva eseguire tagli lineari al welfare per far tornare i conti. Draghi deve ben spendere una somma di danaro che non si vedeva dai tempi del piano Marshall: la differenza appare enorme, a chi guarda di sfuggita. O a chi è in cattiva fede. Perchè il concetto politico/economico che è alla base dei due governi è lo stesso: e si può riassumere nella definizione di “pilota automatico”.
Quando c’è la necessità di garantire scelte di governo che siano in linea con il punto di vista politico ed economico di Bruxelles scatta il commissariamento (di fatto) delle istituzioni italiane. E’ successo con il governo Monti nel 2011, poi con i governi di centro-sinistra dal 2013 al 2018 (la coalizione “Italia Bene Comune” guidata da Pierluigi Bersani, prima alle elezioni per una manciata di voti, non aveva i numeri per governare: fu necessario l’accordo con un pezzo di centro-destra, lasciando fuori gli euroscettici), e sta avvenendo ora. Il Covid ha innescato una emergenza forse inattesa, che ha portato alla scelta di “far piovere denaro” sull’Europa. In particolare sull’Italia: siamo quelli che avranno di più. Ma i soldi dell’UE (che sono in gran parte prestiti) sono condizionati: dobbiamo fare le riforme. Transizione “green”, lavoro, pubblica amministrazione, digitale, giustizia… temi caldi della vita politica e sociale italiana, per le quali ci sono diverse soluzioni: alcune gradite a Bruxelles, altre meno.
Con Draghi a capo di un governo sostanzialmente tecnico, il “pilota automatico” sarà dunque di nuovo inserito. Non è detto che sia un male: magari alla fine dei conti i risultati saranno positivi dal punto di vista economico e sociale. Anche il governo Monti qualcosa di positivo fece, anche se non se ne serba memoria. L’importante è avere ben chiari in mente due assunti, che sono evidenti: la prima è che, con Monti come con Draghi, la politica del nostro paese è di fatto commissariata. La seconda – che deriva dalla prima – è che così facendo il concetto di rappresentanza politica del popolo finisce di nuovo in un cassetto. Ricordiamocelo, la prossima volta che andiamo a votare pensando di stare decidendo qualcosa.
Pubblicato il: 08/02/2021 da Alessio Ramaccioni