40 anni dalla legge 194. L’Aborto è un diritto acquisito?
di Valentino De Luca
40 anni.
Tanti sono passati da quel 22 maggio 1978 in cui è entrata in vigore la legge che rende possibile l’interruzione volontaria di gravidanza.
Da pochi giorni era stato rinvenuto in via Caetani il corpo di Aldo Moro ed il Parlamento aveva imposto, con l’approvazione della cosiddetta “Legge Basaglia”, la chiusura dei manicomi.
Era un’altra Italia, più giovane, partecipe della cosa comune, travagliata dalla stagione degli attentati eppure con un senso civico e di condivisione che arrivava sin dentro le stanze del potere e trasformava in leggi le istanze di progresso e democrazia che venivano dal basso.
Come ad esempio il diritto delle donne di scegliere del loro corpo, del loro destino, di poter volontariamente e senza alcun giudizio interrompere una gravidanza, senza dover ricorrere alla clandestinità, ai ferri lavati alla bene e meglio in qualche scantinato, sdraiate su di un tavolo ad aspettare che la mammana di turno abbia finito in fretta e di nascosto il proprio lavoro.
Da 40 anni le donne italiane sono libere di scegliere in totale autonomia e coscienza e tale volontà sembra accomunare diversi popoli in Europa, alla luce del recente risultato del referendum sull’aborto in Irlanda.
Eppure proprio in occasione di questa ricorrenza, vi è sono voci che si levano in senso contrario a questa legge.
Vi sono infatti province del Bel Paese in cui è praticamente impossibile ricorrere all’aborto perchè il numero dei medici obiettori sfiora il 100%.
Si è assistito all’ingresso dei comitati pro-life negli ospedali per fare opera di convincimento delle donne che si trovano lì per abortire, affinchè tengano il bambino.
Ma cosa è cambiato dunque in questi 40 anni, come si è evoluta (o involuta) la società italiana, da dove vengono i tentativi di svuotare la legge 194 del suo significato originario?
Ne parliamo con Elisabetta Canitano, ginecologa e presidente dell’associazione Vita di Donna.