AC/DC: i 42 anni di Back in Black
I’ve been looking at the sky
‘Cause it’s gettin’ me high
Forget the hearse ‘cause I never die
I got nine lives
Cat’s eyes
Abusin’ every one of them and running wild
Il 25 luglio 1980 gli AC/DC pubblicavano il loro settimo album in studio Back in Black, la cui copertina nera e l’attacco con i celebri rintocchi di una campana a morto prima del riff di Hells Bells, sono un chiaro riferimento alla morte del leggendario cantante Bon Scott che era avvenuta circa sei mesi prima, per la precisione la notte del 18 febbraio 1980, a causa – dicono – di un’intossicazione acuta da alcool.
Si trattò di un gigantesco successo commerciale a livello planetario: per Back in Black, infatti, furono piazzate milioni di copie in tutto il mondo, e la stessa industria discografica statunitense lo ha poi certificato come il quarto album più venduto di tutti i tempi.
La dipartita di un personaggio della caratura di Bon Scott, dunque, non poteva non giocare un ruolo rilevante nella genesi di questo lavoro, i cui brani affrontano tematiche quali eccessi e, appunto, morte. Quando egli scomparve, i suoi compagni di gruppo ne furono profondamente colpiti e distrutti, tanto da aver pensato, inizialmente, di chiuderla lì con le loro carriere, ma le loro seppur lodevoli intenzioni durarono finché non fu reclutato, su consiglio di Malcolm Young, il nuovo cantante Brian Johnson, il quale si rimboccò le maniche nell’erigere i testi dei nuovi pezzi, mentre i fratelli Young si occuparono della musica.
Fu così che tra l’aprile e il maggio del 1980 i quattro AC/DC si rinchiusero a provare e a registrare a Compass Point, a ovest di Nassau, sull’isola caraibica di New Providence, per poi pensare al mixaggio agli Electric Lady Studios di New York, dando luce a un disco superlativo che ha contribuito ad alimentare il mito e la potenza di uno dei gruppi rappresentanti la quintessenza del rock.
Fonte immagine in evidenza: https://www.flickr.com/photos/bantam10/6962980683
Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)