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ARTISTA A LA VISTA (REPLICA) con NARRADOR CALLEJERO

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Eagles: “Hotel California è una canzone sull’oscura vulnerabilità del sogno americano”

Eagles: “Hotel California è una canzone sull’oscura vulnerabilità del sogno americano”

You can check out any time you like

But you can never leave…

A maggio 1977 Hotel California degli Eagles era al n° 1 della classifica americana.

Gli Eagles, fondati a Los Angeles nel 1971 da Glenn Frey, Don Henley, Bernie Leadon e Randy Meissner, sono considerati tra i gruppi rock più influenti degli anni Settanta e della musica contemporanea.

Dal loro album di maggior successo (uno dei più venduti della storia!), Hotel California del 1976, è stato estratto l’omonimo singolo il quale non solo restò in cima alla Billboard Hot 100 per una settimana nel maggio del 1977, ma vinse anche il Grammy Award come singolo dell’anno nel 1978.

La copertina di Hotel California:  vi è la fotografia del Beverly Hills Hotel di Los Angeles, meglio conosciuto come Pink Palace, situato al 9641 di Sunset Boulevard. Il vero Hotel California, invece, si trova a Todos Santos, Baja California Sur, dove leggenda vuole vi avesse soggiornato Don Henley quando scrisse la canzone.

Foto presente nella parte interna della copertina di Hotel California: non si tratta della hall del Beverly Hills Hotel, ma del salone interno del Lido Apartments, a Hollywood. In primo piano ci sono gli Eagles. Dalle finestre si scorgono diverse figure dal volto non perfettamente identificabile. Vi è poi una poco riconoscibile figura che si affaccia dall’arco centrale: all’epoca alcuni satanisti vi riconobbero il volto di Anton Szandor LaVey, fondatore della Chiesa di Satana di San Francisco (si narra che gli Eagles frequentassero il suo entourage).

Ricordo che ero seduto in soggiorno, nella villa che avevo noleggiato a Malibù per stare da solo a strimpellare sull’Oceano. Era una giornata spettacolare di luglio e avevo lasciato le porte aperte. Avevo addosso un costume da bagno ed ero seduto sul divano ancora gocciolante, fermo a pensare che il mondo era un posto fantastico in cui stare. Stavo giocherellando con una chitarra acustica a dodici corde; gli accordi di Hotel California vennero fuori in maniera spontanea. (Don Felder: intervista rilasciata a Guitar Word nel 2013)

Nel testo, l‘Hotel California è una struttura di gran lusso dove puoi lasciare libera la stanza quando vuoi ma non potrai andartene mai («You can check out any time you like but you can never leave»). Don Henley la definì «la nostra interpretazione della bella vita a Los Angeles» e, in un’intervista del 2007, aggiunse «è essenzialmente una canzone sull’oscura vulnerabilità del sogno americano, che è qualcosa che conosciamo bene». Gli Eagles, che un po’ come tutti i gruppi rock di quel periodo, a quei tempi ci davano dentro con alcol e droghe, una volta ebbero a dichiarare anche che si trattava di una metafora della loro dipendenza da quelle sostanze.

Nel 2015 Don Felder, in un’intervista rilasciata al Washington Post,  rivelò che a ispirare la canzone fu una misteriosa ragazza italiana soprannominata The Cat.

Hotel California è dunque un posto meraviglioso, ma al contempo misterioso e dannato, dal quale te ne potevi andare quando volevi, ma ne rimanervi sempre prigioniero. E’ come una donna bellissima che ti ammalia e ti cattura, rappresenta la passione per la propria arte, e nel caso degli Eagles, per la musica: una dolce trappola che ti tiene prigioniero quando arriva il successo, essendo il paradiso della libertà creativa ma anche l’inferno di chi deve creare per forza sottostando alle leggi del mercato, perché pressato da qualcun altro.

Hotel California racchiude in sé il concetto tragico della paura – sentimento che appartiene ad ogni artista di successo – di fallire e deludere le aspettative del proprio pubblico, specialmente quando si arriva a far musica per gli altri e per l’industria musicale, più che per se stessi.

Te ne puoi andare quando vuoi, ma se lo fai rinunci a tutto”.

  • Ecco allora che l’Hotel California è la paura del fallimento, lo stress estenuante delle aspettative e la tragedia di ogni artista che fa successo: arrivare a comporre non più per se stesso ma per il marketing. Questo è un paradiso, fatto di eccessi, denaro e belle donne, ma è al contempo una dannazione infernale fatta di compromessi artistici e pressioni, volte a produrre ad ogni costo per il solo scopo di qualcun altro nel vendere semplicemente un prodotto. (Il Punto di fuga)

Sapevo che era un pezzo particolare, ma non sapevo se sarebbe stato adatto per gli Eagles. Era una specie di reggae, quasi un pezzo di chitarra astratta rispetto a quello che girava in radio allora. (Don Felder: intervista rilasciata a Gibson nel 2010).

Basta davvero poco per ritornare ad esser nulla, per perdere tutto ciò che si è conquistato, compresi notorietà e pubblico, che sono come delle droghe che creano dipendenza: e si sa che l’industria musicale non fa sconti, produttori e case discografiche sono sempre pronti a trovare un rimpiazzo.

Eravamo sotto la lente del microscopio. Erano tutti in attesa del nostro prossimo disco per emanare una sentenza. Don [Henley] e io sapevamo che avrebbe dovuto essere davvero convincente. (Glen Frey, intervista a Rolling Stone, dicembre 2016).

I precedenti lavori degli Eagles, da One of these nights del 1975, contenente tre singoli da top 10, ed il loro Greatest Hits, erano stati un successo, e al gruppo, oramai sotto i riflettori del mondo intero, si prospettarono due vie: o darsi agli eccessi, o sfornare un altro capolavoro. E fu così che Henley, Felder e Frey sfornarono Hotel California, album che li consacrò a star mondiali del country pop.


Fonte immagine in evidenza: https://www.flickr.com/photos/digimeister/27791937903

Autore: vinylmeister

Pubblicato il: 18/01/2022 da Skatèna