“Franco Basaglia, il dottore dei matti”. Intervista all’autore Oreste Pivetta
di Valentino De Luca
Secondo le disposizioni della legge 36 del 1904
«Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri e riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi».
Proprio a causa di quel “pubblico scandalo” (ma non solo, intendiamoci) per decenni in Italia vennero rinchiuse nei manicomi migliaia di persone, dagli oppositori politici del Fascismo alle prostitute, dagli spiriti liberi agli omosessuali.
Le cose iniziarono a cambiare sul finire degli anni ’60, grazie al giovane direttore del manicomio di Gorizia, Franco Basaglia, che eliminò ogni metodo di contenzione fisica, così come le terapie con elettroshock, fece aprire i cancelli dei reparti e introdusse varie attività ricreative per gli internati, che rividero il mondo dopo anni di clausura forzata.
Nel 1978, grazie al suo impegno ed alle sue battaglie, si arrivò alla legge che pose fine in maniera definitiva all’istituto manicomiale così com’era conosciuto in Italia: l’ospedale psichiatrico dove i malati venivano tenuti per giorni legati ad un letto, il manicomio dove vi era la totale spersonalizzazione del paziente, visto essenzialmente come un problema da isolare dal resto della società civile.
A 40 anni da quella svolta, assieme al giornalista Oreste Pivetta, autore del libro “Franco Basaglia, il dottore dei matti”, cerchiamo di capire cosa ispirò il medico veneto verso un nuovo modo di intendere la malattia mentale, a partire dalla centralità della figura del malato.
Pubblicato il: 29/05/2018 da Redazione Radio Città Aperta