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Giovanni Lindo Ferretti: “Mi inquieta la tecnodipendenza. Quanto a me, non ho paura di ammalarmi o morire”

Giovanni Lindo Ferretti: “Mi inquieta la tecnodipendenza. Quanto a me, non ho paura di ammalarmi o morire”

a cura di Skatèna

Riporto l’intervista a Giovanni Lindo Ferretti uscita su Panorama del 22 aprile scorso.

Fuma ancora?
Certo. La mia mascherina è la coltre di fumo che c’è tra me e il mondo.
Quando, una ventina d’anni fa, il tabagista Giovanni Lindo Ferretti fu operato di tumore alla pleura i polmoni erano sani come quelli di un bambino. «Adesso come allora il mio problema è la mia salvezza». Parole da perfetto reazionario. «Non può farmi complimento migliore». Ecco Ferretti: pronto ai paradossi e a capovolgere problemi e soluzioni. Sessantasette anni, fondatore dei Cccp – Fedeli alla linea, primo gruppo punk italiano poi evoluto nei Csi (Consorzio suonatori indipendenti) e nei Pgr (Per grazia ricevuta). Uno che aveva la cresta rossa e girava in minigonna e stivali militari. Che è tornato a casa, al cristianesimo, vive a Cerreto Alpi, un borgo incastonato nell’Appennino emiliano che declina verso la Toscana. Settanta anime, bar alimentari circolo ricreativo, chiesa, cimitero, stalle. Un posto dove il tempo si è fermato. Come si vede in Ora, il video da poco pubblicato su YouTube.
La sua vita è cambiata da quando si è diffuso il morbo?
Non granché. Anzi, nella quotidianità non è successo proprio nulla. Sono cambiati i pensieri. Quando si arriva qui, di solito, si resta colpiti dal silenzio ma ora il silenzio si è fatto così acuto che ci ha rintronati.
Racconti.
Pensavamo anche noi che quello di prima fosse silenzio ma nella valle c’è una strada statale, il cielo era attraversato dagli aerei e ci spostavamo in macchina. Adesso siamo tutti fermi, camminiamo lenti e i pensieri rimbombano.
Il primo qual è?
Negli ultimi anni, per liberarmi da un eccesso di inviti, proposte, aspiravo agli arresti domiciliari. Troppa grazia: ci siamo finiti tutti, abbiamo consegnato la nostra libertà in cambio di una promessa medico scientifica di sicurezza. È il segno che abbiamo valutato male molte cose.
Tipo?
La libertà di spostamento. La riavremo in cambio della tracciabilità? Sarà un potere tecnico-scientifico con finalità etico-morali la soluzione dei nostri problemi?
È uno stato di emergenza.
Niente come l’emergenziale apre al possibile, al consuetudinario. Non ho soluzioni, pongo domande.
Non crede che ciò che sta succedendo possa portare svolte positive?
Non vedo come, mobilità e socialità sono comportamenti improvvisamente divenuti pericolosi. Parlando da qui: i borghi di montagna e le terre alte hanno un’economia ridotta a turismo. Mi permetto di ricordare che quassù non ci sono molte casse integrazioni.
Come tanti paesi, Cerreto Alpi è rimasto in un’altra epoca?
Non c’è dubbio. Però se continui a portare sempre i soliti pantaloni a campana, quando tornano di moda sei all’avanguardia.
Siete da sempre in lockdown. Tempo lento, pochi assembramenti…
Di fronte a tanto dolore è vergognoso dire che qui è una specie di paradiso terrestre. È che si intravede l’angelo che si sta posizionando sulla porta….
Vive con uno zio di 94 anni e ha un cugino di 86 in casa di riposo. Ha paura?
Sono il loro parente più prossimo. Per mio cugino lo ero perché è morto qualche giorno fa.

Mi dispiace…

Quanto a me, non ho paura di ammalarmi o morire. La vita è così: dentro la disgrazia c’è la grazia e la grazia contiene la disgrazia. Mi sono già trovato, in ospedale, insicuro del risveglio. Con la paura della morte è meglio cominciare a fare i conti da adolescenti. Certo, per far tesoro della disgrazia bisogna che da qualche parte ci sia la grazia.
Dopo saremo migliori?
Non vedo in forza di cosa. Ci sono buone possibilità del contrario.
Qualcuno ha fatto il confronto con l’11 settembre.
Il terrorismo internazionale ha prodotto una crisi estrema, ma lo conoscevamo. La storia dell’umanità è costellata da violenza e guerre. Il virus mina l’economia, la politica, la religiosità, il costume. L’immaginario. Credevamo di aver debellato il male ma risultiamo vulnerabili.
Lo spot di una casa automobilistica tedesca dice: «Il momento giusto per ogni cosa? È quando decidi di viverlo».
È proprio questo «deciderlo tu» che è crollato.
Lo sconcerto è che non ci sia il vaccino.
Possiamo credere che ci sarà, non che sconfitto un virus non ne arrivi un altro.
Il video intitolato Ora si pronuncia con la «o» stretta o larga?
Avverbio di tempo o voce del verbo orare? Decida lei.
Dice che siamo «connessi, tracciabili, asettici»: che cosa la inquieta?
Questa forma di tecnodipendenza. Per richiedere il sussidio di 600 euro bisogna connettersi. Per mandare i figli a scuola serve un computer, un allacciamento e una buona connessione. Persino per la messa serve un pc o uno schermo… rito o spettacolo?
La tecnologia non fornisce soluzioni?
È la soluzione il nostro problema.
La tecnologia è il problema?
Ne abbiamo una visione teologica. È il nuovo idolo. Ci affidiamo a lei come ci si affidava ai miracoli. Mi auguro funzioni come a volte funzionavano i miracoli. Però ammettiamo di essere nel campo della teologia.
Nel video dice «comunichiamo solitudini moleste e sovraesposte». Siamo soli davanti a uno schermo?
Lo inseguivamo da molto e finalmente il regno delle solitudini si è materializzato. Connessi, nelle proprie case, cittadini singoli, liberi in libero Stato nel libero mondo. Dovremmo essere contenti, no? Nell’ultimo secolo abbiamo cancellato famiglie, comunità, piccole patrie, corpi intermedi e i doveri che derivano dalla vita comune e reale, non virtuale. Ho ben presenti difetti e orrori della famiglia e della società tradizionale. Ma conosco altrettanto bene l’orrore e la solitudine esistenziale nella quale ci siamo infilati.
Nelle prime c’era una legge morale da seguire, nella seconda c’è il nichilismo?
È stata cancellata la dimensione naturale e cosmica dell’uomo. Il quale s’illude di essere ciò che decide, come diceva quello spot. Uno che non decide nemmeno di venire al mondo, di esserci.
Questa pandemia porterà un po’ di umiltà?
Non vedo perché questo morbo debba essere così benefico. Non c’era bisogno del virus, abbiamo appena avuto terremoti distruttivi, muoiono comunque persone care, la malattia e il dolore c’erano anche prima del coronavirus.
Tornando al video la si sente dire: «Tutti da Fabio Fazio la domenica sera». Che cosa non le piace?
Il Papa che cita Fazio l’ho trovato imbarazzante. Si reggono cose tremende poi un’inezia ti distrugge.
Le chiese chiuse le sopporta?
Si riaprono le librerie perché allietano l’anima, ma le chiese ben chiuse che l’inquietano.
A Cerreto Alpi c’era pericolo di assembramenti?
Si agisce per ideologia, senza una visione materiale della quotidianità. Qui non è cambiato nulla col virus. Le novità sono la chiesa e il cimitero chiusi. Il problema non doveva nemmeno porsi. A messa la domenica siamo una decina. Nel cimitero, all’aperto, due o tre volte l’anno vedo un’altra persona a 50 metri.
Contesta l’acquiescenza delle gerarchie ecclesiastiche?
L’acquiescenza preventiva, chiusa prima la chiesa del bar.
L’acquiescenza delle gerarchie e l’invadenza dello Stato?
Lo Stato contro il diritto naturale. In Veneto hanno dato il permesso di mangiare in giardino, capisce? Si possono portare fuori i cani, ma non con tutte le precauzioni i bambini?
La sua conclusione è il benedettino ora et labora?
Senza orare né laborare? Non mi si dica che la preghiera è libera nell’anima, quello è nell’ordine dei sentimenti e nessuno può impedirlo. La preghiera è soprattutto liturgia e se impedisci di lavorare impedisci il pane quotidiano. La metà del genere umano si guadagna il pane in modi non sindacalizzabili e gestibili dall’alto. Illegale? In queste montagne non ci sono cassa integrazione e sussidi statali.
Si sente fuori dal mondo?
Al contrario, sono al centro del mondo. Nel posto in cui sono stato desiderato e amato, nella casa della mia famiglia, tra la mia chiesa e il mio cimitero, al cospetto della creazione.
C’è un gesto o un’immagine che le è rimasto in mente di questo periodo?
Due immagini. La prima me l’ha mostrata la filmaker che lavora con me. È una foto dalla Mongolia: un drappello medico militare dell’esercito cinese a cavallo, tanto utile a contenere che ad allargare il contagio. La Cina è l’impero di mezzo, e muove. L’altra immagine è la prima liturgia in piazza San Pietro deserta, il Papa senza curia, Urbi et orbi. Bellezza e timore. Prescindo da valutazioni positive o negative, la Cina e la Santa sede sono i soli due soggetti politico sociali presenti in questa situazione. Tutto il resto è silente, litigioso e insignificante, o non pervenuto.
A cosa sta lavorando?
Il 29 febbraio ho consegnato a Mondadori un nuovo libro, dieci anni di riflessioni, chiuso il conto con il tempo di prima. Sto lavorando ad un nuovo video canzone: Ora II.
Come sarà la nuova normalità?
Quando finirà questa sospensione non sarà possibile tornare a prima, è un tempo sconosciuto.

 

Panorama, 22 aprile 2020 

Pubblicato il: 24/04/2020 da Skatèna