Herbie Hancock, il gigante del jazz che ama l’elettronica
Tutti noi siamo istintivamente portati a imboccare la strada più sicura, a scegliere le soluzioni già sperimentate in vece di assumersi dei rischi, ma questa è l’antitesi del jazz, che per sua natura si fonda sul qui e ora. Jazz significa essere dentro il momento, in ogni momento. Significa fidarti della tua capacità di reagire al volo. Se ci riesci, non smetterai mai di esplorare e di imparare, nella musica come nella vita.
Il 12 aprile 1940 nasce a Chicago, nell’Illinois, il pianista e compositore Herbie Hancock.
Per celebrarlo, proverò a ripercorrere le fasi salienti della sua carriera artistico-musicale, ma si tenga presente che scegliere nella sua vastissima discografia é un’operazione tutt’altro che semplice.
Enfant prodige, Herbie comincia a studiare pianoforte a 7 anni e si rivela subito un portento; il 5 febbraio del 1952, a soli 12 anni, suona il primo movimento del Concerto per Pianoforte e Orchestra n. 26 in Re Maggiore K 537 di Mozart con la Chicago Symphony Orchestra.
Nel 1960 incontra Chris Anderson, celebre ed influente pianista jazz, che diviene il suo maestro di musica.
Dopo aver lasciato il college, Hancock inizia a collaborare con due grandi jazzisti, il sassofonista Coleman Hawkins e il trombettista Donald Byrd, e in contemporanea frequenta la Roosevelt University.
In quello stesso periodo, Byrd gli suggerisce di studiare composizione con Vittorio Giannini, celebre per aver composto musica da camera ed opere teatrali. Hancock accetta e in brevissimo tempo diviene un famoso pianista.
Il suo primo album, “Takin’off” (1962), ottiene successo anche grazie a Mongo Santamaria che suona nella cover di “Watermelon Man“.
Nel 1963 viene chiamato da Miles Davis per registrare l’album “Seven steps to Heaven” ed entra così a far parte dello storico quintetto insieme a Ron Carter, Tony Williams e Wayne Shorter.
Hancock continua nel frattempo a lavorare per la Blue Note Label, dando vita a capolavori come “Cantaloupe Island” e “Speak like a child“.
Nel 1968 realizza la colonna sonora di “Blow-Up” di Michelangelo Antonioni.
Successivamente, abbandona il gruppo di Miles Davis e registra il suo primo album funky, “Fat Albert Rotunda“, che diventa anche la colonna sonora dell’omonimo cartone animato.
Nel 1970 registra “Mwandishi“, cui segue, due anni più tardi, “Crossings“.
Negli anni Settanta, la sua tecnica pianistica e le sue capacità d’improvvisazione vengono esaltate dalle nuove sonorità elettroniche create dall’industria musicale. Hancock, da straordinario interprete ed innovatore del linguaggio del jazz, dà vita ad Head Hunters (in cui è presente il famoso brano “Chameleon“), uno dei dischi che hanno cambiato la nostra idea di jazz, avvicinando la musica afroamericana per eccellenza al funk e al rock, e che lo rende celebre in tutto il mondo.
La seconda metà degli anni Settanta è all’insegna di una ricca produzione: VSOP “Tempest at the Colosseum”, “Sunlight”, “Direct step”, “The piano”, “Live under the sky” e “Monster”.
Nel 1983 Hancock dà vita a “Future shock”, album che si orienta in modo deciso verso il funk computerizzato, anche grazie alla collaborazione dei Material di Bill Laswell.
All’interno si trova il singolo “Rockit“, che svetta nelle classifiche e vince il titolo di Best Concept Video agli Mtv Awards.
Nel 1985 pubblica, con Foday Musa Suso, “Village life“, in cui utilizza il sintetizzatore elettronico Yamaha DX-1.
Dopo “Perfect machine“, album del 1988 dalle sonorità disco, negli anni ’90 Hancock sperimenta ancora con gli album “A tribute to Miles” e “Dis is da drum“.
Negli anni duemila continua a produrre incessantemente: da “Future2future” a “Directions in music: live at Massey Hall“, da “Possibilities” a “The essential Herbie Hancock“.
Nel 2008 registra il brano “The good, the bad and the ugly” insieme a Quincy Jones, contenuto nel disco “We all love Ennio Morricone“.
È del 2008 “River: the Joni letters“, dedicato all’amica Joni Mitchell, che vince come miglior album ai Grammy Award del 2008 (è il secondo album nella storia del jazz ad aggiudicarsi il titolo).
Nel 2009 è tra gli artisti presenti al We Are One concert, celebrazione in onore del presidente americano Barack Obama, e suona con il pianista Lang Lang ai Classical Brit Awards.
Nel 2010 pubblica il suo ultimo album in studio, “The imagine project“.
Fonte immagine in evidenza: https://www.flickr.com/photos/un_photo/21437745250 Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
Pubblicato il: 11/04/2021 da Skatèna