Il censimento dei Rom farà male a tutti. Parla Stasolla dell’Ass. 21 luglio
di Valentino De Luca
Il 18 giugno scorso il neo ministro dell’Interno, Matteo Salvini, intervenendo a Tele Lombardia, ha dichiarato:
“Al Ministero mi sto facendo preparare un dossier sulla questione rom in Italia, perché dopo Maroni non si è fatto più nulla, ed è il caos…voglio fare una ricognizione per vedere chi, come, quanti…rifacendo quello che fu definito un censimento, facciamo un’anagrafe”.
Subito si è scatenato un vespaio di polemiche su quella che a tutti gli effetti sembra l’ennesima sparata da parte di un Ministro della Repubblica in perenne campagna elettorale. Anche perchè subito dopo ha aggiunto:
“I rom italiani purtroppo te li devi tenere a casa”
Ma in Italia è possibile fare un censimento su base etnica?
All’ovvio coro di proteste si è contrapposta però una generale approvazione di una parte (quanto consistente?) della popolazione, segno evidente di come vi sia un diffuso senso di fastidio e di sopportazione giunta al limite verso il popolo Rom.
Il problema nasce da un’identificazione quasi totale dei Rom con il “popolo dei campi”, spesso protagonista di episodi di micro criminalità, ignorando il fatto però che nei campi ci viva solamente una piccola parte di tutti i Rom presenti in Italia e che il concetto stesso di “Campo Rom” rappresenti un unicum italiano sconosciuto nel resto d’Europa.
Carlo Stasolla dell’Associazione 21 luglio per la difesa dei diritti umani con una specializzazione proprio sulle tematiche rom e sinti, parla in maniera molto chiara ai microfoni di Radio Città Aperta (e senza buonismi) spiegando per bene chi sono i Rom dei campi, come vivono e a chi fa comodo tenere parte del mondo rom segregato in queste moderne favelas senza possibilità di riscatto.
Pubblicato il: 25/06/2018 da Redazione Radio Città Aperta