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Intervista a Degà: “Golden Hour”, la musica come terapia per tornare ad emozionarsi

Intervista a Degà: “Golden Hour”, la musica come terapia per tornare ad emozionarsi

di Karol Lapadula

Ho avuto il piacere di intervistare il cantautore Degà per presentarvi e farvi conoscere Golden hour, il suo primo EPda venerdì 15 giugno su tutte le piattaforme digitali.

 

1-      Come mai il titolo “Golden Hour”? Che cosa vuol significare?

“Golden Hour” è un titolo che esce fuori in maniera naturale per i suoi molteplici risvolti di significato, dall’atmosfera lounge e mistica del valore del tramonto nello sviluppo della giornata, a quella che in fotografia chiamano “l’ora d’oro”, quando la macchina fotografica sembra, con i suoi scatti, inseguire il sole fino a lasciar spazio alla notte. Il tramonto con la sua innata dote atmosferica di spingere a delle riflessioni è presente, senza costrutto, in ogni brano dell’EP, dal più semplice riferimento di “Dove Finisce il Giorno” ad altre sfaccettature che invitano l’ascoltatore a sedersi su una spiaggia e godersi lo spettacolo. Attraverso questo progetto musicale ho voluto soprattutto restituire alla musica il valore che ha avuto nella mia vita, riferendomi a quella che in chirurgia d’urgenza chiamano la “golden hour”, il periodo di tempo che va da pochi minuti a diverse ore dopo una lesione traumatica causata da un incidente, durante il quale vi è la più alta probabilità che un pronto trattamento medico possa evitare la morte. La musica come terapia, per tornare ad emozionarsi davanti ad un semplice tramonto in spiaggia.

2-      Quale il messaggio che vuoi dare a chi ascolta il tuo EP, e in generale la tua musica? 

Di solito non mi soffermo sul messaggio che voglio dare, nel senso che quando scrivo parto dal sentimento che ho dentro in quel momento, cercando poi di musicarlo e verbalizzarlo. Forse lanciare messaggi è più una cosa da Rockstar. Ma dovendo esaminare a posteriori quello che scrivo, direi che comunque giro intorno ai classici dogmi positivi: amore, speranza e fiducia nel prossimo.

 

3-      C’è un brano dell’album a cui sei particolarmente legato?

Il brano a cui sono più legato è sicuramente “Satellite Vietnamita”, per una serie di motivi. Il linguaggio usato nella canzone è del tutto sperimentale per me, di solito sono abituato a scrivere diversamente, mentre in “Satellite Vietnamita” non ho usato nessun filtro, sia per il lessico che per la musica, ho fatto quello che volevo senza seguire le mode del momento. Credo che l’essenza nell’essere indipendente sia questo.

4-      L’amore è un po’ il tema ricorrente dei tuoi pezzi. Per esempio, in “Cola di Rienzo”, un uomo d’affari, strizzando l’occhio alla nostalgia del passato, rivive alcuni momenti del suo percorso di vita romana prima di trasferirsi a Milano, ricordando soprattutto la sua storia d’amore; in  “Murakami” c’è un richiamo all’attualità e alle difficoltà di una storia d’amore in tempo di pandemia; in “Satellite vietnamita” il focus si sofferma su una storia d’amore attraverso un viaggio ultra planetario, che termina poi nella semplice immagine di una coppia che balla nuda in una camera vista mare dopo aver fatto l’amore… Ecco: spiegaci come intendi tu l’amore e il tuo rapporto con questo sentimento…

Credo che per un musicista il rapporto con l’amore debba essere viscerale, l’amore è la benzina che ti permette di creare musica e fare musica, puoi avere tutto quello che vuoi, una bella chitarra, un impianto della madonna e una voce da paura, ma se tutto ciò non è alimentato dall’amore, la tua musica non si muove, resta ferma lì nella tua stanzetta o nel tuo bellissimo studio.

5-      Secondo te quali artisti nella storia della musica hanno meglio descritto l’amore?

Tanti, davvero tanti. Ognuno con la sua personale prospettiva da cui descrivere al meglio il proprio punto di vista sull’argomento. Soffermandomi sugli artisti italiani, così su due piedi, mi viene in mente Jovanotti che descrive l’amore nella sua gioia più piena ed ilare, passando per Modugno che descrive l’amore come un’esplosione di felicità, Antonacci che racconta l’amore in modo molto intimista, Calcutta che spesso si sofferma sul disagio che l’amore può provocare. Potrei citarne tanti altri e stare qui fino a domani. Secondo me nessuno descrive l’amore meglio di un altro, semplicemente si sceglie un angolo diverso dal quale osservare le cose.

6-      Descriviti con tre aggettivi.

Sono una persona onesta, forse troppo, tanto da diventare disonesto con me stesso. Sono caparbio, purtroppo quando mi intestardisco per una cosa è finita! Mille fallimenti non riescono a farmi cambiare rotta! Sono pigrissimo, talmente pigro che mi scoccio pure di dirti quanto sono pigro.

7-      Cosa rappresenta per te la musica? Che ruolo ha nella tua vita? 

La musica per me rappresenta un rifugio sicuro, quel luogo che quando tutto va male, è sempre lì, e sai c’è sempre un posto anche per te, lì puoi sederti ed affrontare i momenti più difficili, come ho già spiegato nel titolo di “Golden Hour”. Nella mia vita la musica c’è sempre stata, fin da quando ero bambino, non ricordo un periodo in cui la musica non ha arieggiato intorno a me, anche se oggi è presente in modo diretto, credo che indirettamente nella mia vita ci sia sempre stata. Ho una forte passione per essa, una passione che mi ha portato anche a rinunciare tante cose e prendere tante scelte in funzione in sua funzione. Credo che staremo insieme in interno, Neanche dopo morto mi abbondonerà.

8-      Quali sono gli artisti/gruppi musicali che più ti hanno influenzato?

Nel mio percorso musicale ne sono passati tanti di artisti, e chi per un motivo, chi per un altro, mi hanno offerto qualcosa da cui prendere spunto. Ti posso citare i primi amori: Pino Daniele e Lucio Battisti, per passare poi, più in là con gli anni, a Domenico Modugno, che mi ha aperto un mondo cantautorale, letto sotto un’altra chiave, sia musicale che poetica; arrivando fino ad oggi, dove i miei ascolti quotidiani si soffermano molto su artisti tipo Gelen Hansard e Damien Race, irlandesi, di cui mi piace molto il modo intimo di approcciare alla canzone, con la chitarra acustica come strumento madre, che accompagna le liriche musicali.

9-   Cosa ne pensi dei talent show? Vi prenderesti parte?

Non nego che in passato ci ho provato tante volte. Non ho un buon ricordo al dire il vero. Ho visto dinamiche che non avrei mai voluto vedere, che se non fosse stato per il mio amore incondizionato per la musica, ad oggi avrei smesso. Sicuramente sono un trampolino di lancio importante per alcuni. Per decenni hanno condizionato l’intero mondo musicale italiano, ma fortunatamente ora non sono l’unico tramite, i social e lo streaming hanno avuto negli ultimi anni un ruolo importante per la nascita di tanti artisti, che se fosse stato per i talent ed i vari festival, oggi non avremmo avuto modo di ascoltare.

10-   Progetti musicali in cantiere? Eventi musicali nel prossimo futuro a cui prenderai parte?

Il punto di partenza per i progetti futuri sicuramente è presente negli ultimi brani che sono usciti. Ovviamente cercherò di sperimentare nuovi sound e ritmi diversi, rispettando sempre il DNA di Degà. Magari ci saranno canzoni in versione più acustica, canzoni con una vena più cantautoriale, e ballad che mi ricongiungono ai miei primi esordi. Per quanto riguarda è tutto ancora in divenire, nei prossimi mesi capirò tante cose, anche in funzione agli eventi, che fortunatamente pare stiano ricominciando dopo il blocco dovuto dalla pandemia. Comunque, qualsiasi cosa sarà comunicata sui miei canali social.


 

Tutte le immagini sono state gentilmente concesse da Nextpress.

Pubblicato il: 15/07/2021 da Skatèna