Intervista agli Studio Illegale: il nuovo album “Troppo tardi”, tra amori, sogni e speranze generazionali
Il 14 aprile scorso gli Studio Illegale hanno pubblicato su tutte le piattaforme digitali il loro nuovo album Troppo Tardi (La Grande Onda//Redgoldgreen).
Gli amori dei vent’anni, sogni e speranze generazionali. Questo e molto altro nel disco della band composta da Matteo Piermartini (voce), Giuseppe Maria Ceccarini (batteria), Andrea Romoli (basso), Daniele Gregori (chitarra), Saverio Beccaccioli (trombone e chitarra) e Niccolò Testa (tromba e tastiere).
Di seguito, la clip di Maledetta canzone, firmata dal regista Gabriele Rosciglione. Le strofe vedono la band rianimata tra palloncini e una citazione dei celebri cartelli di Subterranean Homesick Blues di Bob Dylan.
Ho avuto il piacere di intervistare i ragazzi: ecco cosa mi hanno raccontato.
- Studio Illegale, come nasce questo nome?
Il nome Studio Illegale nasce in una serata altamente brilla. Come succede la maggior parte delle volte, abbiamo iniziato ad accostare parole che non avessero un senso ad altre che, ovviamente, di senso ne avevano ancora meno. Abbiamo pensato fin da subito che sarebbe stato un bel nome per il nostro progetto.
- Qual è il genere musicale che vi rappresenta maggiormente al
momento?
Senza ombra di dubbio l’indie pop. Anche se è evidente la vena del cantautorato e delle melodie avvolgenti dei fiati.
- Quali sono i vostri artisti/cantanti/gruppi preferiti?
Stato Sociale, I cani e Pinguini Tattici Nucleari forse sono le band a cui ci ispiriamo di più. Ma ognuno ha le proprie influenze, dai grandi cantautori, alla musica punk americana, allo ska internazionale e pensate un po’ anche alla musica sinfonica orchestrale.
- Ognuno di voi nella band ricopre un ruolo ben preciso, dal cantante ai vari “musicisti”: potete raccontarmi, singolarmente, il vostro percorso di formazione artistico-musicale?
Matteo, Andrea e Daniele hanno iniziato il loro percorso musicale nella banda del paese avvicinandosi da prima agli strumenti a fiato ma poi percorrendo rispettivamente la strada del canto, del basso e della chitarra. Saverio e Niccolò, i nostri fiati sono entrambi laureati in conservatorio. Giuseppe, il batterista sta studiando direzione d’orchestra in conservatorio.
- Relativamente al vostro nuovo lavoro, “Troppo tardi”, uscito il 14 aprile scorso su tutte le piattaforme digitali, come mai avete deciso questo titolo? Dove avete registrato l’album? E chi si è occupato della produzione?
Il disco è un concept album basato su un grande interrogativo: è ormai troppo tardi o non sarà mai troppo tardi? Troppo tardi per tutto quello che succede nelle nostre vite incasinate. L’album ha visto la nascita a Roma con il produttore Emiliano Rubbi che ha dato vita per la prima volta ai nostri nuovi suoni che sono passati per le mani di Andrea Vincenzo Leuzzi degli Otto Ohm nei suoi studi abruzzesi. Si è chiuso poi nella nostra, amatissima, Tuscia con il nostro coetaneo Filippo Moreschini. Perché tutto torna. Prima o poi.
- Sin dal primo ascolto, dai vostri brani emerge un sound indie pop melodico e coinvolgente, che si riflette nei testi, romantici e profondi: quanto c’è di autobiografico nelle vostre canzoni?
C’è tutto. O meglio: ci siamo tutti nelle nostre canzoni. Ci sono le nostre storie, le nostre vite, i nostri amori, i nodi in gola, i lividi.
Li raccontiamo in maniera sincera, senza vergogna e senza la paura di di dover dimostrare sempre qualcosa a qualcuno.
- Ritenete che l’ambiente dove vivete e siete cresciuti abbia esercitato in qualche modo influenza sulla vostra musica? Se sì, in quali termini?
Ci teniamo a precisare che veniamo dalla provincia di Viterbo. E ci teniamo perché la città di Viterbo in sé non è musicalmente
densa e tantomeno crea opportunità per i giovani artisti se non qualche evento sporadico durante l’anno. È più la provincia che si
muove compatta, con festival, eventi, concerti. Assurdo vero? Lo pensiamo anche noi. La cosa bella della provincia è che ci fa rimanere sempre con i piedi per terra. Ti ricorda sempre chi sei e da dove vieni. Siamo onesti, come ci ha insegnato la provincia. Abbiamo seguito per molto tempo il percorso suggerito e ben radicato delle nostre zone, quello dello ska. Ad un certo punto però non ci stavamo più dentro, eravamo scomodi. Era arrivato il momento di cambiare.
- Cosa ne pensate di Facebook, Instagram, Tik Tok? Quale di queste piattaforme social usate di più? Credete siano dei buoni strumenti per promuovere gli artisti emergenti?
Instagram è il social che usiamo più di frequente, è quello con cui abbiamo maggior riscontro di pubblico e interazioni. Diciamo sempre che i social non sono fondamentali per gli artisti, perché alla fine è la musica a parlare però sono un buon mezzo per
comunicare. Facebook ormai dicono tutti che è il social del boomer ma noi facciamo resistenza: continuiamo ad usarlo. Tik Tok, purtroppo o per fortuna non lo abbiamo. Chissà, magari inizieremo ad usarlo anche se al momento non ci attira molto.