Intervista ai Keepalata: fuori “Siamo Qui”, il loro primo album
di Karol Lapadula
“Siamo Qui” è il primo album del collettivo Keepalata: pubblicato da Aldebaran Records, è disponile dal 28 settembre su tutte le piattaforme digitali.
Brigante, Cario M, DonGocò e Libberà, questi i nomi dei componenti della formazione calabrese, nonostante siano in attività da circa vent’anni con i rispettivi progetti solisti e varie attività come Keepalata, pubblicano per la prima volta un full lenght ufficiale di 13 tracce + una bonus track, quest’ultima disponibile solo per la release digitale.
“Ognuno si fa interlocutore per dare all’altro la possibilità di esprimersi -spiegano-, per chi altrimenti dovremmo esprimerci se non per altri che ci ascoltano? Questo album è anche un modo per cogliere il presente, in un tempo in cui sembrano avanzare la nostalgia per mondi persi e i timori per un futuro minaccioso. “Siamo qui” ci dice che tutto quello che abbiamo è prezioso, e oltre ciò che si è perso e le paure per il futuro c’è la possibilità di “essere” qui con ciò che siamo e abbiamo proprio ora”.
“Siamo qui” è stato registrato nel Keepalata Studio tra Roma e Cosenza e mixato da Libberà nel Calabro Musician and Illusionist Studio di Terranova Da Sibari (CS).
Per l’edizione vinilica sono previste 250 copie 180 gr, di cui 100 di colore arancio trasparente e le restanti 150 di colore nero.
Di seguito, il videoclip della titletrack (regia e animazione di M. Bod e Automator 3000).
Pochi giorni fa ho intervistato i Keepalata: ecco cosa mi hanno detto.
Cosa significa il moniker Keepalata?
Keepalata nasce un’esclamazione tutta calabrese “cchi palata” che frequentemente utilizzavamo per definire qualche cosa di potente, spesso della musica che ci soddisfaceva particolarmente. È un auspicio di fare sempre musica che faccia dire “cchi palata”. L’inglesismo “Keep” è un richiamo alle origini dell’hip hop e al “Keepitreal”.
Il vostro primo album “Siamo Qui”, uscito il 28 settembre su tutte le piattaforme digitali, contiene 13 tracce + una bonus track. Voi siete in 4, Brigante, Cario M, DonGocò e Libberà: qual è la traccia del disco a cui ciascuno di voi è più legato?
Siamo molto legati a tutto l’album perché ha avuto una lavorazione in sinergia e ci ha permesso di fare un salto come gruppo. DonGocò è molto legato a “Lost’n’looser” perché è stato il primo brano dell’album che abbiamo potuto scrivere in presenza dopo il lungo distanziamento del lockdown. Libberà a “Goblin” perché è un brano versatile, ha il potenziale di far muovere pure anziani disinteressati. Cario a “Orizzonti”, perché l’arrangiamento è partito da un riff di chitarra semplicissimo e si è poi sviluppato sequenza dopo sequenza, dando valore ai diversi contenuti del pezzo. Brigante è molto legato a “Mutamento” (il suo pezzo solista) in quanto brano molto intimo e che rappresenta per lui un punto fondamentale del suo percorso spirituale.
Ascoltando il vostro full lenght, colpisce la vostra scelta di aver mescolato suoni e generi: le rime, infatti, inseguono diversi territori musicali, dai synth agli archi suonati, dal sampling all’elettronica, mentre i beat sono arricchiti dall’intervento di diversi musicisti internazionali ospiti del progetto. So anche che ognuno di voi porta avanti dei progetti solisti: ecco, quanto c’è delle vostre esperienze artistiche personali in questo lavoro?
“Siamo qui” indica proprio questo punto specifico. Un momento di resoconto, siamo arrivati qui, ognuno nei suoi percorsi, e mettiamo in condivisione con gli altri della family quello che siamo. Per diversi motivi non possiamo condividere tutti i progetti ma siamo l’uno per l’altro importanti per rispecchiarsi e capire dove siamo in questo momento grazie a tutto quello che ognuno di noi fa anche altrove. Questo poi è rappresentato anche dagli ospiti del disco che sono tutti artisti incontrati nei nostri “altri” percorsi.
Ognuno di voi può dirmi con quale musica è cresciuto e quali sono stati i suoi artisti di riferimento?
Abbiamo un’audiation molto vario tra di noi, Dongocò fino a 18 anni ha ascoltato quasi solo Jovanotti, poi il buon rap italiano dei 90/00 e cantautorato (Gaber, Bertoli, Carosone, Mirco Menna, Pino Marino). Libberà è cresciuto con James Brown, Michael Jackson, Phil Collins, Public Enemy, Notorious b.i.g. e N.W.A. Cario è cresciuto con musica Hip-Hop Anni ‘90, la Golden Age dell’Hip-Hop americano ma anche italiano, gruppi come Gente Guasta, Uomini di Mare, Colle der Fomento. Ha poi approfondito le diverse sonorità soul, funky, jazz, artisti come Otis Redding, Ray Charles, Stevie Wonder, Marvin Gay. Brigante ha ascoltato black music e rap americano da quando era adolescente, dai WuTang Clan a Guru e Premier, ma anche lui è da sempre appassionato di cantautorato italiano, in particolar modo del teatro canzone di Giorgio Gaber.
Nel corso degli anni come gruppo avete maturato una ricca esperienza sia live che di studio, esibendovi in tutta Italia, avendo la possibilità di confrontarvi con altri artisti: con chi, tra questi ultimi, si è venuta a creare una maggiore sinergia?
Abbiamo avuto molte esperienze positive e stimolanti ma la massima sinergia l’abbiamo trovata tra di noi, e questo ci ha portato a decidere o forse è meglio dire a trovarci a lavorare insieme.
La pubblicazione dell’album è accompagnata dal videoclip della titletrack: in esso siete rappresentati da quattro pupazzi animati – realizzati da Elisa di Cristofaro e Riccardo Pellegrini – che attraverso un editing grafico si muovono tra i beat e le rime del pezzo: come mai questa scelta?
L’idea è nata grazie ad una coincidenza. Mentre pensavamo a come fare il video, DonGocò aveva appena collaborato con Elisa di Cristofaro, artista di teatro corporeo e puppets. Per “Siamo Qui” stavamo parlando di fare qualcosa di diverso dal solito, le sonorità ci ispiravano un’atmosfera surreale, ma contemporaneamente il testo ci riportava a qualcosa di molto concreto. Allora l’idea di lasciare spazio a delle rappresentazioni di noi ma che fossero fortemente reali (i puppet, infatti, sono frutto di un lavoro artigianale e manipolati realmente), calate in un mondo totalmente “altro” rappresentato dalle animazioni grafiche di M. Bod e Automator 3000.
Sempre con riguardo alla title-track “Siamo qui”, il ritornello dice: “Tu vuoi trovare il marcio in me/Io lo so che questo veleno ucciderà te/No no no no fanculo le tue questioni/Non mi fare paragoni schiavo delle tue canzoni/E se ti va di vedere sti lividi/Se vuoi ucciderci dai siamo qui…”: ce l’avete con qualcuno in particolare?
No, nessuno in particolare, viviamo in un sistema nel quale siamo molto vulnerabili. La strada più semplice per affermare se stessi può sembrare far fuori gli altri, e molti adottano questa modalità bellica per ricavarsi un posto. Quindi è una provocazione, un po’ come dire: “se vuoi farmi fuori sono qui, ma in fondo non sono io il tuo avversario, sono i tuoi limiti che devi sfidare. Gli altri sono solo delle rappresentazioni proiettate di parti di noi, e se distruggiamo gli altri distruggiamo parti di noi. Non è di per sé un problema, ma spesso meglio esserne consapevoli”.
Cosa ne pensate del rapporto tra le piattaforme social, come Facebook e Instagram, e la musica? Ritenete siano un ottimo mezzo per pubblicizzarla e per farsi conoscere come artisti?
Sicuramente è un mezzo per poter fare arrivare le cose a qualcuno, ma questo ha un rovescio di medaglia perché la quantità di prodotti che si promuovono è cresciuta a dismisura e per poter usufruire del vantaggio promozionale sui social ormai è necessario avere risorse economiche. Quindi siamo punto e a capo. Uroboro appunto!
Cosa ne pensate dei Talent Show? Vi prendereste parte?
Nessuno di noi ha mai avuto esperienze dirette, non ci è ancora mai interessato farlo. Finora non ci hanno mai ispirato ma chissà, magari in futuro, se la proposta è buona, come giudici.
Progetti musicali per il futuro?
Siamo in fase meditativa a livello creativo. Siamo nel pieno della promozione dell’album e per il nuovo aspettiamo che si aprano i portali.
Le foto presenti nell’articolo sono state gentilmente concesse da Nextpress.
Pubblicato il: 12/10/2021 da Skatèna