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Moog e la rivoluzione del suono sintetico

Moog e la rivoluzione del suono sintetico

Non ho mai avuto preoccupazioni circa il fatto che i sintetizzatori avrebbero dovuto sostituire i musicisti. Prima di tutto devi essere un musicista per fare musica con un sintetizzatore.

Robert Arthur Moog (New York, 23 maggio 1934 – Asheville, 21 agosto 2005) è stato un ingegnere, inventore e imprenditore, fondatore dell’omonima azienda, fra le prime a produrre sintetizzatori elettronici a tastiera. 

Pioniere ed innovatore nel mondo della musica elettronica, nonchè inventore dei primi sintetizzatori musicali, “Bob” Moog si diplomò nel 1952 alla Bronx High School of Science di New York e cinque anni più tardi conseguì una laurea in fisica presso il Queens College, sempre a New York, dimostrando una particolare predisposizione per le materie scientifiche, elettronica compresa.

Alla Columbia University conseguì una seconda laurea in ingegneria elettronica e successivamente un dottorato di ricerca in fisica tecnica presso la Cornell University.

Insomma, un bel genietto…

Moog fondò due società specializzate nella produzione di strumenti musicali elettronici.

La prima, la R.A. Moog Co, vide la luce nel 1953 e produceva un kit per la realizzazione del Theremin a transistor, tra i primi strumenti musicali elettronici mai realizzati, che tra l’altro si può suonare senza toccarlo, quindi senza riferimenti visibili alla posizione relativa delle mani.

“All’epoca” –ricorda Moog nel bel documentario di Hans Fjellestad a lui dedicato – “qualsiasi suono che non fosse prodotto da strumenti di legno, di ottone o a corda era considerato a dir poco sospetto, spesso addirittura pericoloso. La gente era molto diffidente sul fatto che gli strumenti elettronici potessero produrre timbriche musicali”.

A ben vedere, nel Theremin c’è in embrione la filosofia del futuro sintetizzatore: due oscillatori collegati a due antenne che formano un campo elettrostatico, con il quale il corpo umano può interagire a piacimento ottenendo una risposta varia in termini di volume e altezza sonora.

  • Lavorare con l’elettricità per creare nuovi suoni… è questo l’obiettivo che Moog si prefigge, anche se ancora non sa questi nuovi suoni a cosa e a chi potranno servire. Sa solo che si dovrà confrontare allo stesso modo con un pubblico curioso ma anche diffidente. 

Qualche anno dopo, un altro pioniere della musica elettronica, Raymond Scott, chiese a Moog di produrgli alcuni circuiti elettronici personalizzati. Tra i due nacque un buon rapporto, che contribuì allo sviluppo e alla creazione di nuovi sistemi per fare sostanzialmente musica con componenti elettronici.

Negli anni Sessanta, la società passò dai theremin alla produzione di sintetizzatori analogici modulari, che furono chiamati Moog Modular dal nome del loro inventore.

A differenza di altri sintetizzatori già in circolazione, quello ideato da Moog aveva una tastiera di pianoforte nella parte più bassa dell’interfaccia di esecuzione, mentre nella parte superiore era dotato di un telaio su cui erano montati diversi moduli. Ognuno di questi assolveva a una funzione diversa e serviva per generare o modificare i segnali. Modificando i valori dei singoli moduli si creavano suoni e distorsioni sonore diversi.

Sicuramente un elemento cruciale per l’affermazione dei sintetizzatori Moog in ambito musicale fu la decisione di adottare una sorta di controller, ovvero una comune tastiera come mezzo per pilotare i suoni creati attraverso il settaggio e il collegamento dei vari moduli sonori.

  • Era uno strumento rivoluzionario perché consentiva di riprodurre una gamma quasi infinita di suoni e fu progressivamente impiegato da numerosi musicisti per sperimentare nuove composizioni.

L’invenzione del sintetizzatore Moog nel 1964 rivoluzionò quasi ogni genere musicale, offrendo agli artisti nuove possibilità con cui esprimere la propria creatività facendo collidere musica, scienza e immaginazione.

Nel 1965 il gruppo Lothar and the Hand People fu tra i primi ad adottare il nuovo sistema.

L’ingresso nella musica “commerciale” del sintetizzatore Moog avviene nel 1968, anno di pubblicazione dell’album Switched on Bach di Walter Carlos.

In realtà, il primo disco ad avvalersi del Moog fu The Zodiac: Cosmic Sounds, strana combinazione di parti orchestrali, letture di poesie ed effetti sonori, pubblicato dalla Elektra nel 1967 con il Moog suonato da Paul Beaver, artista fondamentale per la diffusione del nuovo strumento, anche grazie al successo del duo elettronico Beaver & Krause. Poi ci furono i Moonkes con Pisces, Aquarius, Capricorn & Jones Ltd, i Byrds con The Notorius Byrd Brothers, i Doors con Strange Days (tutti e tre con Beaver), i Beatles con Abbey Road (Bernie Krause nel 1968 vendette a George Martin il Moog che fu poi usato nel disco); ma il primo grande incontro tra il sintetizzatore Moog, il mercato discografico e il pubblico avvenne grazie al disco di Carlos, capace non solo di vendere più di un milione di copie, ma di dimostrare che l’equazione “sintetizzatore = musica” era possibile. Fu grazie a Switched on Bach che altri musicisti come Keith Emerson, Patrick Gleeson, Tomita e Steve Wonder iniziarono a interessarsi all’uso del sintetizzatore.

Keith Emerson fu il primo a proporre il Moog come uno strumento musicale utilizzabile anche in chiave live, malgrado si trattasse di una cosa grande 5 metri quadrati e pesante 250 Kg: fu proprio con lui che il Moog fece il suo ingresso nella musica pop, grazie al celebre assolo finale di Lucky Man,presente nel primo omonimo album di ELP del 1970.

In Italia, dove – si sa – le innovazioni arrivano ed attecchiscono sempre con ritardo, Moog divenne molto popolare nel 1975 grazie al successo da classifica Amore grande amore libero di Federico Monti Arduini (con lo pseudonimo “Il guardiano del faro”).

Ma il primo solo di Minimoog risuonò in Italia grazie alla PFM, che lo utilizzò nel 45 giri Impressioni di Settembre (ottobre 1971). Da quel momento in poi, e praticamente in contemporanea, troviamo il sintetizzatore anche sui dischi de Le Orme, dei New Trolls, del Banco, degli Area.

Nei primi anni Settanta Moog decise di cambiare il nome della propria società in Moog Music.

Uno dei suoi più importanti successi commerciali fu il Minimoog: un sintentizzatore analogico monofonico portatile venduto a un prezzo relativamente basso (1.195 dollari di allora), non molto ingombrante e più facile da usare rispetto ad altri sistemi da programmare: tastiera a 44 tasti, 3 oscillatori, sei forme d’onda selezionabili, due comandi a ruota per modificare il pitch e la modulazione dei suoni.

Con il Minimoog molti nuovi musicisti, confortati dalle dimensioni più contenute della strumentazione, si avvicinarono al mondo della sintesi.

“Finché non arrivò Bob Moog, i tastieristi erano nascosti nelle retrovie del palco. Bob ci ha regalato uno strumento che potesse realmente farci emergere a livello sonoro, con cui potevamo spaventare a morte i chitarristi”. (Rick Wakeman)

I Settanta furono anche anni travagliati per la società, che subì diversi cambiamenti di proprietà fino a essere acquisita dal produttore di strumenti musicali Norlin. Insoddisfatto dal modo in cui era gestita, nel 1977 Moog abbandonò la propria azienda e si mise a produrre i propri strumenti musicali elettronici in in una nuova società, la Big Briar. Moog Music chiuse nel 1993, ma a Moog non fu concesso di associare il proprio cognome ai suoi nuovi prodotti. Big Briar ottenne il permesso solo nel 2002 dopo una lunga battaglia legale con chi aveva acquisito i diritti per l’utilizzo del marchio Moog Music.

Nell’aprile del 2005 a Moog fu diagnosticato un tumore maligno che colpisce le cellule del sistema nervoso e quattro mesi dopo morì ad Asheville, nel North Carolina. In suo ricordo fu costituita la Bob Moog Foundation, una organizzazione che si occupa di ricordare il ruolo che ebbe Moog nella produzione degli strumenti musicali elettronici e nella realizzazione della musica elettronica. Nonostante il grande sviluppo della musica suonata con strumenti digitali in questi anni, i sintetizzatori Moog sono ancora particolarmente richiesti da compositori e band musicali. Il loro impiego ha consentito di introdurre e perfezionare nuovi stili musicali, creando suoni sostanzialmente impossibili da realizzare in altro modo.

Articolo a cura di Skatèna

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Fonte immagine in evidenza:

https://commons.m.wikimedia.org/wiki/File:Dr._Moog_on_the_wall_art_-_Asheville,_North_Carolina_(2013-11-08_03.15.15_by_denise_carbonell).jpg


 

Pubblicato il: 23/05/2021 da Skatèna