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Fabrizio De André: “Volta la carta” e il ripudio della guerra

Fabrizio De André: “Volta la carta” e il ripudio della guerra

C’è una donna che semina il grano

Volta la carta si vede il villano

Il villano che zappa la terra

Volta la carta viene la guerra

Per la guerra non c’è più soldati

A piedi scalzi son tutti scappati

 

di Skatèna

L’11 gennaio 1999 ci lasciava Fabrizio De André, uno dei più grandi cantautori italiani di tutti i tempi, soprannominato Faber dal suo caro amico Paolo Villaggio: era nato a Genova il 18 febbraio 1940. 

Gli rendo omaggio proponendovi l’ascolto di Volta la carta, canzone scritta da lui assieme a Massimo Bubola ed inclusa nell’album Rimini, che nel video di cui sotto potete gustare in versione live:

 

Volta la carta fu riarrangiata nel 1979 dalla PFM nei celebri concerti pubblicati poi nel disco Fabrizio De André in concerto – Arrangiamenti PFM.

De Andrè e Bubola, per il testo, trassero ispirazione e frasi da alcune ballate e filastrocche popolari, ribadendo il loro fermo pensiero contro la guerra, che si risolve solo con l’abbandono del campo di battaglia da parte dei soldati, scappati dall’inferno che li aspetta:

volta la carta viene la guerra
per la guerra non c’è più soldati
a piedi scalzi son tutti scappati

Ecco la versione in lingua genovese:

vorta la carta e se vedde a morte
A morte a scure a gente
vorta la carta e se vedde ciu niente

Riporto un estratto dell’analisi di Volta la carta proposta da Mauro Corso sul suo blog maurocorso.it:

In “Volta la carta” sono presenti una serie di elementi che mi piacerebbe prendere singolarmente. Non mi avventuro in considerazioni sulla composizione musicale, ma è evidente che l’andamento è popolare e leggermente campagnolo. Il riferimento a Madama Dorè è una spia della provenienza popolare di temi e atmosfere. Veniamo adesso agli elementi.

Le carte. Volta la carta a prima vista sembra quasi un espediente per associare immagini apparentemente prive di legame logico. Vengono in mente i giochi di divinazione basati sulle carte da gioco. Non vedrei bene qui i tarocchi, quanto più un gioco rimediato da carte da gioco napoletane. I giochi di divinazione in realtà sono sempre dei giochi di narrazione e sono tanto più efficaci quanto più il divinatore è in grado di costruire una storia. La storia di Volta la carta non è particolarmente difficile: Angiolina ha una serie di delusioni d’amore, affronta periodi difficili ma alla fine corona il proprio sogno di sposarsi. Eppure, negli intervalli tra una carta e un’altra c’è la sensibilità di chi ascolta, la sua capacità di inserire la propria creatività. Regola d’oro dello scrittore: mai sottovalutare la creatività di chi legge.

Angiolina: è la protagonista della storia. Non ha connotati ben precisi e al massimo possiamo assegnarle una sorta di ingenuità che viene temprata dalle vicende della vita. Tra “Angiolina cammina con le sue scarpette blu” e “Angiolina seduta in cucina che piange e che mangia insalata di more” c’è una vita intera, ci sono dolori piccoli e grandi, c’è una guerra di mezzo (anche se i “soldati … sono tutti scappati”). Proprio per queste caratteristiche è un personaggio a cui è facile affezionarsi

La magia. In questa canzone c’è una forte componente magica e non solo per l’aspetto divinatorio del gioco di carte. Angiolina cerca di risolvere le sue delusioni col pensiero magico, cioè una forma di intervento rituale che possa riparare e ritessere la trama del suo destino. “Angiolina alle sei di mattina si intreccia i capelli di foglie d’ortica. Ha una collana di ossi di pesca, la gira tre volte in mezzo alle dita“. E’ una scena molto vivace in cui ogni elemento viene menzionato in maniera molto precisa. Il pensiero magico non ammette errori e tutto deve essere realizzato con la massima precisione, all’ora giusta e con gli ingredienti adatti.

Il racconto. La magia più grande De Andrè la tiene però per la fine. Il potere più grande è nell’imparare a raccontare la propria storia. Sapere descrivere a parole i fatti della propria vita vuol dire riappropriarsene, arrivare a una forma di comprensione di se stessi e della propria esistenza che una volta era esclusivo dominio dei santi e delle menti illuminate. Angiolina che “chiama i ricordi col loro nome” è una persona che non subisce più il passato come una pressione insopportabile, ma che è in grado di dare un senso alla propria esistenza passata, ed è per questo che “finisce in gloria” (anche se potrebbe esserci un pizzico d’ironia sull’uso di questa frase).

In conclusione. Anche se ho detto che volta la carta non si riferisce ai Tarocchi, ho voluto mettere come immagine il primo arcano maggiore (escludendo l’arcano maggiore 0, il folle), e cioè il mago. Il mago è una carta molto particolare, perché comprende tutti i simboli degli arcani minori e cioè coppe, bastoni, denari e spade. Avere tutti gli arcani minori vuol dire avere il controllo completo della realtà: coppe = acqua; bastoni = fuoco; denari = terra; spade = aria. Il mago è un grande oratore, un affabulatore, ma anche un creatore. Forse potremmo dire, uno scrittore, in fondo chi scrive ha sotto il proprio comando tutte le parole e a suo modo è uno stregone più o meno apprendista. Quello che non viene detto è che ciascuno di noi può essere un mago, come Angiolina che “chiama i ricordi col loro nome” e riesce con la scrittura a risolvere le proprie memorie traumatiche e ad andare avanti con la propria vita, a voltare la carta o, se si vuole, a voltare pagina.

 

Pubblicato il: 11/01/2020 da Skatèna