Twitter VS Trump: il precedente di cui avevamo bisogno? | L’ottavo giorno 13-01-2021
Dopo l’assalto di Capitol Hill da parte dei sostenitori del Presidente Trump, Twitter ha deciso di sospendere in maniera definitiva l’account personale del Tycoon da quasi 89 milioni di followers.
Questa decisione, seguita quasi immediatamente da Facebook sebbene in maniera temporanea, ha diviso l’opinione pubblica, tra chi sostiene la decisione presa dalla compagnia Big Tech e coloro i quali paventano azioni censorie da parte delle multinazionali Big Data.
Il nodo centrale della questione è l’enorme funzione di cassa di risonanza che i social media assumono nelle questioni più importanti della vita pubblica delle nostre democrazie: Trump li ha usati in questi ultimi mesi per tenere pronti i suoi “proud boys” all’azione (salvo poi timidamente dissociarsi in questi ultimi giorni) e, quando ciò è avvenuto, l’unica soluzione studiata dal mondo social è stata una cancellazione definitiva/temporanea di quel megafono virtuale sino a quel momento aperto.
Ma se un domani toccasse a ognuno di noi essere ideatore o semplice “ripetitore” di idee scomode, non allineate, borderline o semplici opinioni controcorrente?
Una Tech Company come Twitter o Facebook, sebbene sia un organo privato, ha davvero facoltà di silenziare un politico democraticamente eletto oppure un semplice cittadino?
Qual è il confine tra intervento lecito per tacitare parole d’odio e di incitamento alla violenza e un’azione ritenuta “censoria”?
Di tutti questi quesiti, divenuti ormai di fondamentale importanza per le democrazie occidentali e non solo, ne abbiamo parlato con Walter Quattrociocchi, Professore di Data Science all’Università La Sapienza di Roma, dove coordina il Center for Data Science and Complexity for Society.
SCALETTA
Frankie Hi-NRG – Potere alla Parola
Articolo 31 – Fotti la censura
Willie Peyote – La depressione è un periodo dell’anno
Moderat – A New Error
Niccolò Fabi – Offeso