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FORNO ONE con FABRIZIO MR FORNO ONE

Nicole Mitchell, Ballake Sissoko - Bamako Chicago

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Una voce da Sairano: “Quando il gioco è truccato solo i folli seguono le regole”

Una voce da Sairano: “Quando il gioco è truccato solo i folli seguono le regole”

Riporto la testimonianza di Silvia Molè, attivista che ha presidiato il santuario Cuori Liberi a Sairano di Zinasco (PV) partecipando alla resistenza culminata il 20 settembre scorso nella terrificante repressione di stato e nell’uccisione di 9 maiali che il Rifugio aveva salvato da situazioni di sfruttamento e di cui si prendeva cura:

Insieme a un coeso numero di attivistə ho presidiato a Sairano (PV) – un mese addietro – notte e giorno il santuario Cuori Liberi, partecipando sia alla resistenza che un giorno ha impedito l’ingresso di realtà istituzionali per uccidere i maiali che abitavano nel rifugio (alcune persone si sono incatenate altre hanno eretto barricate ponendosi su  balle di fieno) sia alla resistenza culminata nella repressione di stato e nell’uccisione di Crosta, Crusca, Pumba, Dorothy, Mercoledí, Bartolomeo, Ursula, Carolina, Spino. Di questi eventi molto si è parlato a mezzo stampa e sui social,  in primo luogo attraverso le parole della Rete dei Santuari Liberi e di Cuori Liberi. 

All’eccidio è seguito un presidio davanti all’ATS di Pavia e il 7 ottobre un corteo a Milano di oltre diecimila persone che ha reso evidente il carattere intrinsecamente intersezionale e squisitamente politico dell’attuale movimento di liberazione: migliaia e migliaia di persone insieme, per le vie della città e in Piazza San Babila hanno intonato Bella Ciao, a dimostrazione che non può esistere liberazione umana senza liberazione animale e non può esistere liberazione animale senza liberazione umana.

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Sono in grandissima parte  le stesse persone con cui mi incontro alle manifestazioni antifasciste, anti-imperialiste, antirazziste, femministe e transfemministe, LGBTQI e sindacali. Che in misura sempre maggiore accolgono l’antispecismo tra le proprie istanze, come dimostrano le non poche ricondivisioni dei nostri eventi. Da posizioni di sinistra moderata attraverso quella radicale fino al movimento anarchico. Dai numerosi interventi in piazza si è evinto l’attacco frontale al sistema capitalista contemporaneo che servendosi dell’ideologia specista dominante (spacciata per pensiero neutro) conduce ogni giorno al mattatoio milioni di individui, dopo averli sfruttati per una breve, intera,  non-vita. Quel sistema che in nome del profitto ha condotto il pianeta forse sin d’ora al punto di non ritorno. Si è evinta la dura condanna di una classe politica al servizio del potere economico, la condanna delle forze dell’ordine come parimenti poste a difesa del meccanismo piramidale quale nucleo fondante di una democrazia, tale in  virtù esclusiva del proprio nome.

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Il sistema capitalista è fallito a livello globale e nessuno – men che meno i manganelli –  potrà mai impedirci di immaginare e soprattutto  progettare concretamente una società altra e mai vista, orizzontale anche dal punto di vista della cogestione dei mezzi di produzione. A dibattito non è tanto una personale conversione morale o dietetica (ricordando che è molto più vero che è l’offerta a determinare la domanda che non l’inverso) quanto la trasformazione di un costrutto (a mio personale avviso non riformabile e soltanto ribaltabile)  storicamente determinato nelle sue coordinate politiche ed economiche, laddove il pregiudizio è “soltanto” uno strumento ideologico a paravento, situazione per cui semplici appelli al buon cuore, all’empatia, alla conoscenza o a una generica giustizia sono totalmente inefficaci o addirittura controproducenti per la situazione di stallo che generano. La divulgazione, da sola, non basta. Steven Best (teorico antispecista anarchico e liberazionista) ricorda che secondo Malcom X “le tattiche basate esclusivamente sulla moralità possono riuscire solo quando si ha a che fare con gente che è morale o con sistemi morali”: il sistema che combattiamo non è nulla di tutto ciò.

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“Quando il gioco è truccato solo i folli seguono le regole”

“(…) La gente deve anche superare il complesso della sindrome di Stoccolma che la vincola ai suoi oppressori; che ordina obbedienza alle leggi, norme e regole stabilite per perpetuare il dominio dell’élite; che la chiama a scovare il bene interiore degli sfruttatori e contemporaneamente a svilire i liberazionisti in quanto criminali” (1)

Quali quindi le strategie migliori per liberare la società intera? Non esistono purtroppo ricette infallibili. Sicuramente potranno essere efficaci attacchi coordinati e ben organizzati nel medio e lungo termine su ogni fronte, da dentro e fuori il sistema: legali (divulgazione, arte, scienza, teoria, manifestazioni, diritto, politica …) e illegali in un binomio indissolubile. Senza dubbio illegale è stata la resistenza presso il rifugio Cuori Liberi.

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Come totalmente illegali e “criminali” sono state le azioni delle prime femministe e di femministe odierne, delle mondine, di movimenti antirazzisti e operai …

Quando è risultato chiaro che ci sarebbe stata una irruzione omicida nel rifugio e che la resistenza sarebbe stata necessaria, ho tremato di dolore, rabbia e paura. Sdraiata sulla nuda terra, sotto le stelle piangevo. Le speranze di fermare la repressione erano pressoché nulle ma il mio posto in quel momento era lì e in nessun altro luogo del mondo. Insieme ai compagni animali, al loro fianco, loro complice e alleata, e insieme alle mie compagne umane. Consapevole del fatto che protestare significa dire “io sono contraria”, resistere significa cercare di impedire materialmente un sopruso. Di fronte a una compagna condannata a morte si salta lo steccato. Che una compagna sia sana o malata, è del tutto irrilevante. Si sta insieme fino all’ultimo respiro. Davanti alla loro casetta. Finché ti trascinano via con violenza e Pumba resiste da solo. (2)

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Impossibile per me non pensare a Chico Mendes e alla pratica dell’empate (la resistenza fisica davanti ai mezzi chiamati al disboscamento):

“Non è per vincere tuttavia, spiegano Chico e gli altri, che si fa un empate: è per creare un impedimento, un problema, per fare di ogni taglio un caso politico, per coinvolgere la gente” (3)

Come Chico Mendes,  in questo senso, credo e partecipo alle azioni dirette – se politicizzate come lo è un empate –  quale tappa imprescindibile di ogni movimento di liberazione. Come tantə compagnə – famosə o “senza nome” – prima e dopo di lui.

Non solo rifarei tutte le cose che ho fatto in questi anni, ma spero si possa sempre alzare l’asticella. In questa lotta contano le emozioni, la passione, forti legami di stima, amicizia e affetto, un sano odio di classe: motori di ogni azione e concreto agire politico.

Mere astrazioni teoriche o approcci esclusivamente morali rappresentano una ingenua falsa dicotomia dalla quale uscire definitivamente.

“Con il pianeta in agonia, gli ecosistemi morenti, la sesta grande estinzione e un inarrestabile e crescente olocausto la ragionevolezza e la moderazione sono completamente irragionevoli e smodate, quanto le azioni estreme e radicali sono necessarie e appropriate.” (1)

Sono grata a Rossana, Sara, Giuliano e tantə altrə compagnə per il percorso intrapreso. A rivederci su qualche barricata.

Silvia Molè

 

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Belzebù Art

(1) Steven Best, “Liberazione Totale”, edizioni Ortica

(2) Riprese da me viste dopo lo sgombero

(3) Miriam Giovanzana, “Fermo come un albero, libero come un uomo”, Terre di mezzo editore

 


 

Pubblicato il: 21/10/2023 da Skatèna