Traccia corrente

ARTISTA A LA VISTA con NARRADOR CALLEJERO

RCA - Radio città aperta

ARTISTA A LA VISTA con NARRADOR CALLEJERO

The Piper at The Gates Of Dawn, l’album di debutto dei Pink Floyd compie 57 anni

The Piper at The Gates Of Dawn, l’album di debutto dei Pink Floyd compie 57 anni

Vi voglio raccontare una storia di un piccolo uomo

se ci riesco

Uno gnomo chiamato Grimble Grumble

e gli gnometti stanno nelle loro case

mangiando, dormendo e bevendo il loro vino“.

(The Gnome – The Piper At The Gates Of Dawn)

Dopo questo disco, la musica rock non fu più la stessa.

The Piper at the Gates of Dawn (letteralmente Il pifferaio alle porte dell’alba), l’album di debutto dei Pink Floyd di Syd Barrett, prodotto da Norman Smith, fu pubblicato nel Regno Unito il 5 agosto 1967, sia in missaggio monofonico che stereofonico, per la Columbia Graphophone Company/EMI: 11 tracce psichedeliche per la durata di quasi 42 minuti, tutte registrate presso gli Abbey Road Studios di Londra nel periodo che va da febbraio a luglio del 1967.

E mentre i Pink Floyd registravano chiusi nello Studio n. 3, dietro la porta dello Studio n.2 i Beatles registravano Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band.

Era il 1967, dunque, si era in piena epoca freakkettona e flower power, la Summer of Love di San Francisco era al suo apice, e il suo messaggio di pace e amore si era diffuso in tutto il modo a macchia d’olio.

L’LSD veniva consumato a bizzeffe per allargare le proprie coscienze e raggiungere nuove dimensioni, e i gruppi dell’epoca partorirono album che hanno fatto la storia della musica: basti pensare a quello omonimo dei Doors, a Surrealistic Pillow dei Jefferson Airplane, al mitico album della banana disegnata da Andy Warhol per i Velvet Underground and Nico, all’album omonimo dei Ten Years After di Alvin Lee, ad Are you Experienced di Jimi Hendrix, ad I Had Too Much to Dream (Last Night) degli Electric Prunes… troppi ce ne stanno… anche se i veri precursori della psichedelia sono e rimangono The 13th Floor Elevator, che un anno prima, nel 1966, pubblicarono The Psychedelic Sounds of the 13th Floor Elevators (se volete leggere qualche curiosità su quest’ultimo album, cliccate qui https://www.radiocittaperta.it/notizie/the-psychedelic-sounds-of-the-13th-floor-elevators/ )

The Piper At The Gates Of Dawn fu pubblicato anche negli Stati Uniti il 21 ottobre 1967 dalla Tower Records, una divisione della Capitol, ma presentava un minor numero di brani: infatti Astronomy Domine, Flaming e Bike vennero sostituite da un altro magnifico pezzo in chiave lisergica, See Emily Play.

Se desideraste possedere la versione più completa dell’album, dovreste cercare quella giapponese, che è identica a quella britannica, ma ha in più il singolo See Emily Play collocato a fine disco.

The Piper At The Gates Of Dawn è il lavoro dei Pink Floyd che preferisco, oltre ad essere l’unico album che vede la partecipazione del geniale Roger Keith “Syd” Barrett (anzi gran parte di esso è accreditato solamente a lui).

È un disco considerato un classico della musica psichedelica: presenta infatti testi bizzarri, fra temi spaziali, fantastici e fiabeschi (tutta roba che successivamente ritroveremo anche in A Saucerful of Secrets).

Crediti foto: Rogelio A. Galaviz C. Fonte: https://www.flickr.com/photos/galaxyfm/198389749 Licenza (CC BY-NC 2.0)

« – La sua band ha un nome molto originale. Ma chi le ha suggerito il nome Pink Floyd?
– Gli alieni! » (Syd Barrett) 

Barrett, cantante e chitarrista, fondò i Pink Floyd (dal nome degli amati bluesmen Pink Anderson e Floyd Council… o su input degli alieni, come egli stesso aveva affermato) a Londra nel 1965 con il bassista Roger Waters, il batterista Nick Mason e il tastierista Rick Wright.

Purtroppo (o forse no?), Barrett fece un uso smodato di acidi, ma è anche vero che grazie a quegli input lisergici potè partorire capolavori del calibro di “Interstellar Overdrive” e “Astronomy Domine“. Fatto sta che per quell’abuso Barrett dovette chiamarsi fuori dal gruppo, non solo per la sua costante instabilità psicologica, ma anche per la sua ormai divenuta inaffidabile presenza sul palco. Non a caso, nel 1968, il gruppo chiamò a rimpiazzarlo Dave Gilmour, continuando però a evocarlo per tutti i dischi degli anni settanta, quelli del poderoso successo commerciale (Shine on you crazy diamond!)

I concerti tenuti dai Pink Floyd, prima della pubblicazione The Piper At The Gates Of Dawn, consistevano principalmente in jam strumentali e cover di genere blues; ma un pò alla volta i componenti cominciarono ad introdurre brani composti principalmente da Syd Barrett.

Quanto alla copertina dell’album, si tratta di una fotografia dei Pink Floyd in stile caleidoscopico scattata da Vic Singh.

Crediti: lee.chihwei Fonte: https://www.flickr.com/photos/leechihwei/296202684 Licenza (CC BY-NC 2.0)

Sul retro copertina è raffigurata una silhouette del gruppo, disegnata da Barrett.

Crediti: vinylmeister Fonte: https://www.flickr.com/photos/digimeister/16121897207/ Licenza (CC BY-NC 2.0)

Il titolo dell’album riprende quello del settimo capitolo del romanzo per ragazzi “The Wind in the Willows”, Il vento tra i salici di Kenneth Grahame, uscito nel 1908, in cui i protagonisti Sig. Topo e Signora Talpa, che viaggiano alla scoperta dell’Inghilterra seguendo il corso del Tamigi, ad un certo punto, attratti dalla musica misteriosa suonata da un flauto, incontrano il dio dei boschi Pan.

220px-Frontispiece_to_The_Wind_in_the_Willows md31813609654

Oltre ad invitarvi ad ascoltare questo capolavoro di musica psichedelica dei sixties, segnalo quanto scritto da Vittorio Iacovella per Onda Rock a proposito di Astronomy Domine, e con i versi tradotti in italiano della stessa, track d’apertura del disco che non è altro che il resoconto di un viaggio stellare intrapreso da Barrett grazie all’LSD:

  • Il basso pulsante e continuo rappresenta la connessione radio con la terra, mentre la chitarra onnipresente, insieme a un canto maestoso e solenne, sembrano errare in un panorama cosmico oscuro e tenebroso. Il tappeto stellare tessuto dalle tastiere dà solidità al tutto. Completa il pezzo il drumming forsennato di Mason, che enfatizza le parti più drammatiche” (Vittorio Iacovella per Onda Rock).

Verde lime e verde nitido/La seconda scena

Le lotte tra l’azzurro che un tempo conoscevi.

Fluttuando giù, /il suono riecheggia intorno alle gelide acque sotterranee.

Giove e Saturno, Oberon, Miranda e Titania,

Nettuno,Titano, le stelle possono terrorizzare.

Segnali accecanti/Sfarfallano, sfarfallano, scattano…

Flam Pow Pow!!

la scalinata terrorizza Dan Dare*. Chi c’è lì?

Verde lime e verde nitido/il suono circonda intorno le acque ghiacciate

Verde lime e verde limpido/il suono circonda le gelide acque sotterranee

Astronomy Domine si apre con una sequenza in codice morse e una voce al megafono (registrata dal primo manager dei Pink Floyd, Peter Jenner) che recita nomi di pianeti, costellazioni e altri corpi celesti. La canzone è, dunque, un vero e proprio manifesto per il nascente genere “space rock”.


Crediti immagine in evidenza di lee.chihwei

Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic License.


 

Pubblicato il: 05/08/2024 da Skatèna